Neve.

Neve di una settimana, gelata e bigia. Pochi centimetri sui marciapiedi e piccoli cumuli a ridosso dei muri, sui bordi delle strade e nei parcheggi.

Sono giornate intristite dall’assenza del sole, ma oggi è un giorno speciale.

È la vigilia di Natale.

Forse per questo a Nadine il freddo sembra non dare fastidio mentre cammina tra le luci variopinte stringendo la mano della mamma. Il suono di una zampogna giunge alle sue orecchie, come un soffio, facendosi strada attraverso la selva di gambe, gonne, pantaloni e cappotti, brulicante all’altezza dei suoi occhi.

Volge lo sguardo in alto. I volti, i gesti delle persone, il brusio festante, diffondono una nube di magia in cui la folla galleggia ignara, per un giorno, di un prima e di un poi. Nadine e la mamma entrano ed escono dai negozi. Regali, vestiti, dolci. La borsa della mamma si apre e si chiude, pacchi riempiono sporte sempre più ingombranti. Le conversazioni con commesse e conoscenti sono cascate di suoni che scendono indistinti fino a Nadine confondendosi, nella sua mente, tra i colori dei palloncini, le acrobazie dei saltimbanchi e il profumo dello zucchero filato. Nel mulinello multiforme spicca d’improvviso un richiamo irresistibile. Una moltitudine di piccole teste coperte da cuffie, berretti e cappelli di ogni colore si stende, come un prato pulsante, davanti a Nadine. Sono tutte rivolte alla miniatura di un teatrino dove recitano i burattini. Le loro rigide movenze sono un irresistibile richiamo cui Nadine piega le corse della mamma. Il bosco di cupo marrone in cui s’addentra Cappuccetto Rosso cattura ogni attenzione e Nadine, assieme agli altri bambini dilata gli occhi, sussulta all’apparizione nera del lupo, lancia grida di avvertimento e poi di protesta quando la belva assalta la povera nonna. Grida di allarme cercano, inutilmente, di allertare la bambina accolta dalla falsa nonna che la divora. Infine l’applauso entusiasta saluta l’intervento del cacciatore e la resurrezione di Cappuccetto Rosso e della nonna.

Lasciano i burattini. Ancora qualche negozio. Le sporte ingombrano la mamma e le sue mani non bastano a controllare, assieme a manici e tracolle, la piccola mano di Nadine che sfugge alla presa. Una rapida occhiata la rassicura: la bambina ha saldamente afferrato l’angolo di una sporta e non molla la presa. Nadine calpesta il selciato di gelo, volge lo sguardo al teatrino dei burattini dove ricomincia lo spettacolo. Le sfugge la presa sulla sporta. Non ci fa caso. La favola replica il suo richiamo. Sosta qualche secondo di nuovo presa dal pericolo incombente nell’infida foresta. Allunga di nuovo la mano per riafferrare l’angolo della sporta, ma le dita si chiudono a vuoto. La sporta non c’è più, è scomparsa assieme alla mamma.

Niente paura, è solo questione di allungare il passo, raggiungerla e continuare a galleggiare nella nube magica del Natale. Ma chissà dov’è la mamma? Nadine avverte sotto le scarpe le croste del gelo che prima non aveva notato, il freddo penetra dentro i vestiti e la sta intirizzendo. Le lacrime non tardano a sgorgare e i suoni intorno a lei diventano ostili rumori, sfondo alla sua incomprensione.

Ma ecco un volto amico. Il volto più amico che si possa immaginare in questa giornata speciale, si occupa di lei. Babbo Natale le sta sorridendo. Si china, le sfiora i capelli con la lunga barba e con voce dolce chiede ragione delle sue lacrime.

Le allunga una grossa mano in un morbido guanto bianco che sbuca da una manica rossa. È fortunata, penserà lui ad accompagnarla dalla mamma.

Nadine lascia che la grande mano bianca avvolga la sua.

Non saprà mai che Babbo Natale non esiste, ma solo che è molto cattivo.