1°)

Nei piccoli agglomerati, un tempo era costumanza che buona parte degli abitanti avesse un soprannome.

Anche nei medi; e niente valeva, sotto il profilo di questa tradizione, che vantassero quarti di nobiltà storica. Come Sesto Fiorentino: famoso per essere il primo Comune d'Italia ad eleggere Sindaco un socialista (Bietoletti: cibo per i fermi d'Italia, che camminano sempre: nomen, omen)

(Ora, siamo rincivilizziti - e omologati - e certe cose non si fanno più. Anche se, a Sesto Fiorentino, resiste ancora come Fort Alamo, e combatte con noi, il "Bar Sarzòlo"; dal soprannome del fondatore, Valerio Betti. Terra di Resistenti, e sovversivi: hanno dedicato una strada a Cafiero!).

Ferrero (dal nome dell'anarchico Ferrer, messo a morte in Spagna. Ma i benpensanti dissero - e  dicono -: "giustiziato"; incapaci di ravvisare la differenza fra legge e giustizia) Giachetti era nomato "Bel Tempo". "La noche para dormir; il giorno para riposar: Porché l'hombre no es de fierro": era l'insegna che portava; lasciando che gli altri si dessero da fare (combattessero in prima linea). Spagnolo discutibile, ma efficace. Ficcante.

Si dava, al bel tempo (lavori saltuari; per la sopravvivenza allo stato puro). Lo spartiva, possibilmente, col gentil sesso. Quando lo era. Gentile: solo una su due, finiva per  cedere; e unicamente perché Ferrero aveva tutto il tempo del mondo per dedicarsi  al corteggiamento dell"eletta" di turno; che si arrendeva all'assedio causa fame, inedia, consunzione. Travolta da una valanga di chiacchiere.

Sara era stata, gentile.

Le prime punta(na)te, a raffica: (Ev)viva(ldi) il trionfo dell'armonia e dell'invenzione.

Le donne vedono lontano. "Ogni passione è spenta": prima o poi. Vivere uno a fianco dell'altra; non una di fronte all'altro: confronto, colloquio; dialogo se possibile. Che bestia di rapporto è, con uno col quale non hai niente in comune?

Gli uomini (coglioni; maschilisti) vivono il senso della perdita. Non più rivederla. Immaginarla con un altro. Che tromba quello che è mio; senso della (impropria) proprietà; del possesso.

« Ti chiedo un ultimo incontro. » ricattatorio; ma il distacco, la sottrazione; di una proprietà; legittima (!), in quanto legittimata dal fatto di averla "avuta". Bel Tempo continuò: « senza di te, la mia vita non ha senso. »

Sentimento che provava. Difficilmente, le donne si suicidano per amore. Lasciano che lo facciano gli uomini. Hanno coscienza del loro valore. O, semplicemente, sanno di poter scegliere. L'uomo che le sceglierà.

« Devo pensarci. » rispose Sara, sapendo di averlo già fatto. Un modo per prendere  tempo. Commiserazione (moderata) verso l'essere cui, un giorno, era andata incontro a braccia (e non solo quelle; ma cacciò l'espressione, l'immagine stessa; volgare) aperte. Glielo doveva. Vaselina. « Se non intendo uscire con te questa sera, appenderò al terrazzo la nostra indimenticabile bandiera rossa. Alla faccia dei democratici, ancora con la falce e il martello. Passa davanti a casa mia, alle otto in punto. »

Naturalmente, c'era. Bel Tempo si sentì morire.

Come lei, nessuna mai; bruttino in quanto fa rima baciata. Ma era quello che provò: e contro un sentimento, niente può un uso della lingua italiana da considerarsi pessimo.

Fatale: rosso di Sara, Bel Tempo si spara.

2°)

Nei piccoli agglomerati, i rapporti adulterini vanno gestiti con estrema attenzione. Incontri furtivi; scambio di piccoli segnali criptici: troppo facile essendo nemmeno di venire scoperti in fragrante flagranza, quanto di trovarsi intercettati nel corso di corteggiamenti, scambio di gesti, occhiate maldestre che finiscono in un estuario di pettegolezzi, ipotesi travestite da fatti; minuscoli, contraddittori indizi trasformati in prove certe.

Specialmente in società agro-pastorali: tempi distesi; casalinghe non disperate dall'occhio acuto e la lingua sciolta. E qui mi fermo, altrimenti sembra che racconti "La pianella perduta fra la neve": e non ci sarebbe niente di male (salvo che si configura un plagio: ma nessuno lo scoprirebbe: sono anni, che quella deliziosa commedia con musica di anonimo settecentesco è caduta nel dimenticatoio): se non fosse che la mia mamma legge tutto quello che scrivo; e se sbatto giù la trama della "Pianella" non solo se ne accorge subito, ma si mette a piangere sopraffatta dalla commozione per i lontani ricordi che la commedia le suscita. Dopo di che, me la canta e recita tutta. Perché magari non si ricorda quale film abbiamo visto in televisione ieri sera, ma "La Pianella", "Il gatto in cantina" e "L'acqua cheta" se li rammenta alla perfezione (i secondi due testi, anch'io, grazie. Da "Quando la bella mia mi ha salutato/piangendo m'ha donato il tricolore." del "Gatto", al pezzo sull'Università Popolare della seconda, sempre tagliato: troppo socialista! Ciavete proprio paura, dì' ggatto rosso che v'attrahersa la strada!).

Società che frequentavano le "ottave"; comunità nelle quali usava far le serenate alle fanciulle: dichiarando così non solo le intenzioni, ma l'onestà delle medesime (strimpellare sotto le finestre di quella che si considera unicamente una potenziale ganza è rivelazione inequivocabile e coram populo che si hanno solo disdicevoli propositi ginnico sportivi: roba che, la domenica alla messa, il priore ti crocifigge). Non infrequente, sentir cantare per strada. Solitamente, barriti su brani d'opera lirica: frequentatissimi "Che gelida manina" (una notte d'inverno, a un viaggiatore, da una finestra uno "gni bociò": "ttu' ssentissi com'ho ' piedi"!) e "Celeste Aida". Per i libertini: "Questa o quella / per me pari sono": riprovata dal ricordato priore. La veglia finale de "La Pianella" (toh, chi si rivede!) devono averla concepita sulla base di quelle usanze.

« Stasera Pasquale dovrebbe far tardi dai vicini. La loro vacca sta per sgravare. Metto a letto il bambino.e ci si può vedere per qualche ora. » sussurrò Nannetta.

«Come fo per sapere che la via è libera? » chiese Nardino.

« Se Pasquale sorte, pianto una canna lunga nel vaso dei gerani, sulla terrazza. Passa verso le nove. »

Nannetta (cantando):

"Ll'è stat'i' vvento

che ha butto giù la canna

bambino fa' la nanna

che i' bbabbo vò' ddormì'"

Nardino (dalla strada, cantando):

"..e i'hò bell'e' ccapito

quello che ttu' vò' dire

i' becco vò' ddormire

e io ritornerò".

Altro che "Enigma" dei nazi-tedeschi! E ci hanno ricavato perfino un film (sul queste storie glocal, li dovrebbero fare)! Roba che nemmeno all'MI5 se la figurano. Quelli della CIA? Dopo la figuraccia (ma quanto, non voluta?) in Iraq, meglio tacere.

3°)

Nei piccoli agglomerati nascono o crescono pazzoidi (Predappio), matti del villaggio che la società dello spettacolo rende popolari (Vergaio), geni (Caprese; Vinci).

Ingegnaccci: misto d'intelligenza, fantasie scatenate, furbastreria.

Come Mario Bini. Nato a Grassina, da antica famiglia di lavandai. Questo aveva consentito al padre di servire la patria nell'appena costituito V° Lavandai di Grassina; onore negato allo zio di Mario, lavandaio ma residente al Ponte a Ema. L'uomo era tuttavia riuscito ad arruolarsi in corpo altrettanto prestigioso, esibendo che era amico di Gino Bartali: quello dei Palombari Ciclisti.

Fin da piccolo, Mario era vissuto di pane e cinematografo.

Fatale che superata l'adolescenza, divenisse fondatore di cineclub. Sfondatore di cineforum: emanazione clericale, frequentata da cristiani che anzitutto erano tali; poi, se c'entrava (ma solo a questa condizione), democratici. Li frequentava per il gusto della discussione all'ultimo sangue (condizione minima. Massima: volavano sedie). C'era gente che, quando lo vedeva entrare, sloggiava. Erano garantite almeno quattro ore di dibattito. Ai coglioni, doveva dimostrare che tali erano: si arrendessero all'evidenza.

Altrettanto fatale che.

Un giorno d'inverno, alla fine del 1967, piombò nell'ufficio della mia modesta fabbrichetta.

« Ho in mente un soggetto strepitoso per un film. Lo dirigo io. Attori presi dalla strada. Lo finanzi tu. Costa quattro lire. »

« Tu sei scemo. »

Neanche avessi parlato al muro.

« Hai notato che le case discografiche sfornano cantanti nuovi come panini? Trovano un matto che sappia appena canticchiare; un cantautore che abbia due idee. Gli fanno incidere un 45 giri.costi e rischi limitati. Se piace, si va avanti con altri prodotti; altrimenti, fuori lui e avanti un altro. Creano un mondo di spostati; di frustrati. Il mio protagonista ha avuto fasi alterne: qualche successo, alcuni flop. È fidanzato con una cantante matta come un cavallo. Vanno insieme a San Remo; lui presenta una canzone sua; lei la ripete. Li cacciano alla prima serata. Dopo un paio d'ore dall'esibizione, lui viene trovato morto; vicina al cadavere, un'arma. Suicidio per delusione, oppure la scema si è incazzata per la delusione, gli ha dato del fallito e gli ha sparato? E qui s'innesca il mistero, l'indagine, la scoperta dello squallore che si annida dietro il rutilante mondo dello spettacolo. »

« Sai la novità. » sbadigliai. « Codesta è più che un'allusione a. »

« Ci puoi scommettere. Niente appaga il pubblico più di una storia che già conosce. È consolatorio. Ed anche il titolo del film, sarà accattivante; proprio perché ne ricorda un altro. »

« Cioè? »

« Ti rammenti "Una pistola per Ringo"? Noi titoleremo "Una pistola per Tenco". »

Alberto Eva nasce a Firenze nel 1940. Anno che, in una autobiografia di qualche anno fa, così definisce: "... bisestile: preannuncia sciagure. Infatti: l'Italia si imbarca nella solita sciagurata guerra". Tralasciamo per mancanza di spazio il resto: dieci righe di puro umorismo e di umanissima satira. Aggiungiamo solamente che Eva (cognome "primigenio"!) è dal 1978 uno dei protagonisti della rinascita del giallo italiano: anno, il 1978, in cui vinse il Gran Giallo Città di Cattolica col romanzo Ve lo assicuro io (pubblicato nel 1980 nel Giallo Mondadori). Seguono Per così poco..., 2000; La sentenza, 2002; e Citofonare Daniela o Cecilia, 2003, scritto insieme a Linda di Martino. Numerosi racconti pubblicati in raccolte collettive, alcuni premiati.