Quando la classe non è acqua…

La prima cosa che mi ha colpito è stato il ragnetto. Sì, proprio un ragnetto nero che se ne stava tranquillo in cima alla copertina del libro di un verde tenue e leggero. Ho fatto un gesto con la mano per scacciarlo ma se ne è rimasto fermo al suo posto. Si trattava di un disegno. Posto sopra al nome del padre della fantascienza, quell’Isaac Asimov, di cui non si sa ancora per certo quanti libri abbia scritto. Tra cui questo Dodici casi per i vedovi neri, minimum fax 2007, una raccolta di racconti buttati giù negli anni settanta.

“Thomas Trumbull, Mario Gonzalo, Emmanuel Rubin, Roger Halsted, James Drake, Geoffrey Avalon: sono i nomi cui corrispondono gli stimati membri del club dei Vedovi Neri.

Sei gentiluomini, forse un po’ troppo litigiosi, che ogni mese si riuniscono in un ristorante per mangiare cibi raffinati, bere del buon brandy e conversare amabilmente. Hanno con sé Henry, il fidato cameriere che democraticamente hanno eletto a membro onorario del club, e a ogni riunione invitano un ospite, che meno democraticamente tormentano, in sei contro uno, con il loro “interrogatorio”, “Come giustifica la sua esistenza?”, chiedono i Vedovi Neri al malcapitato di turno. Si sviluppa così un vivace contraddittorio, fatto di arguzie e provocazioni, riflessioni filosofiche ed erudizione storica, che non tarda a colorarsi delle tinte del mistero quando l’ospite, rivelando un dettaglio della sua vita, innesca involontariamente un piccolo o grande enigma alla cui soluzione si dedicheranno i sei…i sette Vedovi Neri”.

Ogni personaggio svolge un proprio lavoro e ha una sua caratteristica che lo distingue dagli altri: Rubin è uno scrittore di gialli alto un metro e sessantacinque, porta occhiali con due lenti spesse ed ha una barbetta rada che sembra vivere per conto suo; Halsted insegna matematica, è timido, interviene spesso in modo esitante ed è attirato dalle torte; Drake fa il chimico, fuma come una ciminiera, ha la voce bassa e roca; Avalon è avvocato, alto un metro e ottantotto, il criticone dalle sopracciglia scure (anch’esse sembrano avere una vita propria come la barbetta di Rubin) che fuma la pipa; Gonzalo dipinge, sembra un “d’Artagnan tirato a lucido” con “la lunga chioma”, gli occhi grandi e un po’ sporgenti e disegna la caricatura degli ospiti, mentre Trumbull lavora per il governo come esperto di codici cifrati, arriva sempre in ritardo, è aggressivo con tutti. Per renderli vivi e veri ad Asimov basta un accenno, una lieve pennellata, un aggettivo o un verbo al posto giusto. Non c’è bisogno di tanti ghirigori come succede agli scrittori modesti.

Chi risolve i problemi dopo lunghe e spesso divertenti discussioni è però Henry, il cameriere dal “viso liscio malgrado i suoi sessant’anni”. Gli argomenti che vengono affrontati sono di varia natura e vanno da quelli più modesti e frivoli ad altri più corposi che riguardano la scienza, il cosmo, i problemi dell’editoria, del fumo ecc…

Nelle note in fondo a ogni racconto l’autore spiega l’occasione in cui è nato e rivela aneddoti e curiosità della sua vita (ha letto tre volte Il signore degli anelli di Tolkien, non sopporta il fumo, suo idolo Agatha Christie ecc…) con il solito stile lieve, elegante, garbatamente ironico e talvolta anche autoironico, rara avis negli scrittori di qualunque tipo e caratura. In La terra tramontata, per esempio, Rubin riferendosi proprio al suo amico Asimov, dichiara “Ha corrotto non so chi nella redazione delle Britannica per farsi inserire nella quindicesima edizione, e ormai si porta appresso l’intera serie ovunque vada”.

Questo è il secondo libro dei Vedovi Neri. Il primo si intitola Racconti dei Vedovi Neri. Non me lo lascerò scappare.