Gaspare Aversi, boss della malavita, viene ucciso in un agguato ordito da Don Vito, un boss rivale. Ne frattempo Rico, figlio di Aversi, scontati due anni di carcere, fa ritorno in famiglia dove la madre lo incita a vendicare il padre. Alleatosi con Cirano, amico di vecchia data del padre passato ora al servizio di Don Vito, Ricosi impossessa di cinquecento milioni e di un carico di diamanti frutto di un traffico tra Don Vito e il Marsigliese. Sfuggito al tradimento di Cirano che vorrebbe la refurtiva solo per sé e alla vendetta del Marsigliese, Rico non può impedire lo sterminio della sua famiglia ordinato da don Vito. Decide allora di affrontarlo…

Annunciato pomposamente sul programma come “…un revenge-movie duro e cupo, violentissimo, che non risparmia colpi bassi a nessuno […] tra i film italiani più amati da Tarantino, che lo saccheggia a più riprese nel corso della sua opera…”, Un tipo con una faccia strana ti cerca per ucciderti (titolo formidabile, questo è certo…) del regista sceneggiatore di origini argentine Tulio Demicheli, procede imperterrito, duro e puro come pochi altri, sulla strada dello scult targato anni ’70. I perché di tale definizione (scult secondo la definizione di Marcello Garofalo che ne è il creatore è “un oggetto-cinema fuori catalogo che disorienta, inebria e avvilisce insieme e che diventa, suo malgrado, una cosa paradossale”, vedi Segnocinema nr. 90) non mancano, ad iniziare dal protagonista Rico (un legnosissimo Christopher Mitchum, ebbene sì, secondogenito del grande Robert…), biondo ossigenato (cosa rara in un noir…) e dall’occhio talmente acquoso da far tenerezza (Bambi perdutosi in un noir). Siccome quando il gioco inizia a farsi duro i duri iniziano a giocare, non c’è niente di meglio che vedere Rico che inizia a giocare. Quando tocca rubare i soldi e i diamanti destinati a Don Vito la cosa è semplice: Barbara Bouchet improvvisa uno spogliarello notturno in mezzo alla strada e mentre i due scagnozzi di Don Vito arrapatissimi scendono dalla macchina, Rico se li mette a “cavacecio” e giù nel fiume che corre parallelo alla strada. Qua si va allo show down a bordo di una 127 color salmone, bardati con jeans, dolcevita e giubbetto di stoffa. Si va con una pistola una (che le pistole costano care…) e due caricatori due (che le pallottole costano care…). Non se la passa meglio don Vito (Arthur Kennedy, la sua sì una faccia da cinema…), pure allo show down, pure lui una pistola sola (e soltanto due guardie del corpo…). Aggiungeteci una pellicola rigorosamente da restaurare, il fuoco che va e viene, il primo minuto senza sonoro, una sala che nonostante l’aurea di cinèfilia che la circonda (il nome ve lo risparmio…) riesce a far accendere le luci per due volte durante la proiezione. La platea, non sapendo se ridere o piangere, rimane prima attonita e poi inizia a ridere quando Rico, solo contro quattro, fa sfoggio di un karate anni ’70 (unica mossa il colpo col taglio della mano…). Si prosegue ridendo con Rico, sempre con la faccia da Bambi che si ritrova, prende a schiaffoni la sua ex Rosa (Malisa Longo, bellissima…) passata al nemico durante la sua carcerazione: la mano fa un rincorsa tale che prima di arrivare alla guancia della poveretta si fa in tempo a contare tutte le persone presenti in sala (circa quaranta…). Quando arriva la scena più scult di tutte, il riso diventa sghignazzo. La scena è quella dove Don Vito sorprende la bella Rosa a letto con la guardia del corpo. Un millennio speso a riflettere sul Bene e sul Male, sul peccato e sui peccatori, risolto nel breve volgere di tre inquadrature e altrettanti stacchi:

1) primo piano della faccia di Don Vito - sguardo truce. Stacco

2) primo piano dei due amanti - sguardo smarrito. Stacco.

3) totale della vasca ribollente d’acido dove i due poveri ma belli saranno sciolti per essere trasformati in saponette (vasca che abbiamo imparato a conoscere in precedenza…).

Trattasi, a ben vedere, di una sintesi concettuale niente male e che transita direttamente dal “peccato” (della carne…) alla “punizione” (diventare saponette, quindi strumenti di pulizia dello sporco precedente?…) senza lentezze di sorta, senza tentennamenti, senza sprechi di pellicola. Che dire di fronte ad una pellicola così? Solo una parola: Augh…