Notturno bus, di Davide Marengo, con tutta la buona volontà di questo mondo può essere definito come un film in bilico, pericolosamente in bilico, tra il “carino” e l’accattivante. Lui, Franz (Valerio Mastrandrea) autista malinconico, perde sistematicamente al gioco (ma seduto al tavolo con le carte in mano non lo vediamo mai, quindi tocca fidarsi delle battute…) e perciò deve un sacco di soldi a tale Titti (Mario Rivera) che a dispetto del nome sembra Mike Tyson al quadrato. Lei, Leila (Giovanna Mezzogiorno), ladruncola. Una sera, mentre alleggerisce il solito pollo brutto quanto la fame al quale non gli pare vero di avere tra le braccia una squinzia del genere, finisce col rubargli (ma senza saperlo…) un prezioso microchip che fa gola a molti (servizi segreti in primis…). Si ritrova così sul collo il fiato di quelli che prima inseguivano il pollo brutto. Prima scappa da sola dai due che la inseguono, lo psicopatico Garofano (Francesco Pannofino), e il freddo ma ultra-sadico Diolaiuti (Roberto Citran), ma una volta incrociato sul bus Franz, a scappare diventano in due. Notturno bus è un noir, vabbè, e non ci piove. Non è virtuoso come farebbe un Soderbergh qualsiasi, non è cattivo come farebbe un emulo di Tarantino, e sa chiudere la storia in modo amaro (è così che va il mondo…) anche se non completamente inatteso. Però pur trovandosi la strada da solo e segnalandosi come lodevole tentativo, quella che percorre sembra una stradina: un po’ di sangue qua, una battuta (amara e disincantata) di Mastrandrea là, un poliziotto buono, un altro no, un cugino pasticcere, un negozio di stoffe, un inseguimento notturno sui bus, qualche colpo di pistola, ma alla fine emozioni zero (da rivedere allora Mio cognato e Lacapagira, dei Piva…). Viva comunque Francesco Pannofino (la voce italiana di Clooney), una faccia da villain che se lo vede Hollyywood lo mette sotto contratto da qui all’eternità…