«L'elemento Jaime Kantarovič, nome in codice Cantareira, ha più volte ripetuto che la riunione aveva l'obiettivo di discutere di letteratura e di bere chimarrão. Nell'appartamento è stato effettivamente ritrovato il recipiente per il chimarrão ancora tiepido e vari libri, il che ovviamente non invalida l'ipotesi di una riunione sovversiva. L'elemento Jaime Kantarovič, nome in codice Cantareira, è stato perquisito. Nelle tasche aveva: 1) poche banconote e monete; 2) un fazzoletto sporco e lacero; 3) un mozzicone di lapis; 4) due pasticche di aspirina; 5) un foglio, accuratamente piegato, con le seguenti parole dattilografate in tedesco: Leoparden in Tempel Leoparden brechen in den Tempel ein und saufen die Opferkrüge leer; das wiederholt sich immer wieder; schließlich kann man es vorausberechnen, und es wird ein Teil der Zeremonie.

Sotto il testo, la firma di un certo Franz Kafka. La carta, ingiallita, sembra assai vecchia. Crediamo, tuttavia, che sia un trucco e che si tratti, in realtà, di un messaggio, probabilmente in codice; siamo in attesa della traduzione in portoghese, sollecitata con carattere di urgenza, per una migliore valutazione. Sulla base della suddetta traduzione, continueremo le indagini su Jaime Kantarovič, nome in codice Cantareira, nella prospettiva di connessioni sovversive internazionali.»

Kafka domina, in questo curioso romanzo del brasiliano Moacyr Scliar. E non solo perché lo scrittore de La metamorfosi viene riecheggiato fin nel titolo. No, I leopardi di Kafka è un sapiente miscuglio di storie, stili e generi, in cui un testo dello scrittore (il breve frammento riportato sopra) diventa motore narrativo per una storia che si sviluppa sull'arco di diversi decenni, attraversata costantemente dagli echi di burocrazia cieca e sorda, dal caso alienante e dall'insensatezza dell'esistenza umana.

Il protagonista, Benjamin Kantarovič è un giovane ebreo russo che nel 1916, un anno prima della rivoluzione d’ottobre, parte dal suo villaggio per compiere una missione sovversiva a Praga, su ordine Trotski. L'ingenuo - ma assai motivato - ragazzo di campagna perde però il foglio con le istruzioni e intrappola se stesso in una surreale commedia degli equivoci, che lo porta fino a casa di Kafka. Lo scrittore gli consegnerà il breve frammento, che il ragazzo riterrà un codice da decifrare... Molti anni dopo lo stesso messaggio ricomparirà in Brasile, dove una feroce e paranoica dittatura militare lo considererà un indizio di rivoluzione, mettendo un ormai attempato Benjamin in guai ancora più grossi.

Un romanzo che ha tutto: spy story d'antan e semiotica del testo (in modo non del tutto dissimile alla sovrinterpretazione che mette in moto le vicende de Il pendolo di Focault di Eco), commedia degli equivoci e riflessione storico-politica, storia d'amore adolescenziale e ricerca delle radici giudaiche. Un libro a più strati, un racconto che riesce a far ridere, riflettere e commuovere nello stesso momento.