Il lavoro di uno scrittore richiede studio, ricerca e instancabile motivazione, tutto questo lavoro si moltiplica se si vuole scrivere un romanzo storico.

E' quanto ha fatto Patrizia Debicke per raccontare una storia ambientata nel 1597 e che ha per protagonista l'importante famiglia dei Medici.

Il Granduca di Toscana, Ferdinando I, con il suo governo sta risollevando il commercio, l'industria e l'agricoltura del granducato. Non solo, Ferdinando fondò banche in tutta Europa, il cui controllo rese ricco lui e la sua famiglia.

Potere e denaro, ideale binomio per crearsi dei nemici. Infatti c'è un piano per rapire i figli di Ferdinando e appropriarsi del famoso denaro dei Medici. Sarà il suo fratellastro, don Giovanni, che tra battaglie navali e intrighi, riuscirà a recuperare i blasonati fanciulli e a salvare il cospicuo oro dei Medici.

Descrizioni storiche accurate e situazioni mozzafiato, sono gli ingredienti di questo thriller storico, che porta il lettore a divorarne le pagine.

Patrizia Debicke van der Noot, nata in Italia, ma naturalizzata lussemburghese, scrive i suoi libri in italiano, mantenendo sempre un respiro europeo.

Quale lavoro di documentazione hai fatto per scrivere questa storia?

Archivi, libri, biblioteche, vecchie carte. Venezia, Livorno, Firenze… Tosse, asma, naso che cola (sono allergica alla polvere) e tanto, tanto navigare su internet.

Per fortuna molti riferimenti a personaggi storici ormai sono reperibili in linea e gli inglesi, che sono dei veri "maestri" nel riportare luoghi, citazioni e così via, rendono il compito più facile ai poveri tapini ricercatori.

Purtroppo la mia ignoranza del tedesco, mi preclude tante fonti che ritengo valide e importanti.

Il mio è stato un lavoro lungo (un anno e mezzo), ho sbattuto il muso su diversi ostacoli, qualche volta pareva infinito, ma non lo rimpiango. A conti fatti, si è rivelato accurato o almeno spero.

Perché hai scelto di parlare proprio del Granducato di Toscana, c'entrano le tue origini toscane?

Veramente volevo scrivere un libro su Alessandro Farnese Governatore delle Fiandre e duca di Parma. Poi a Gravelines, sotto la tenda del Farnese, ho trovato Don Giovanni de Medici che disegnava delle fortificazioni in vista di una battaglia e allora…

Mi sono ricordata le mie origini fiorentine e ho deciso che bisognava tentare di far conoscere, se potevo, ancora meglio questa grande, celebre famiglia.

I Medici, semplici agricoltori del Mugello, in pochi secoli scesero a valle, riuscirono a inurbarsi, piano piano, con perseveranza, a inserirsi nel tessuto cittadino, a farsi strada, a diventare dei banchieri famosi, degli uomini sempre più potenti fino a raggiungere il papato, la signoria. Portarono Firenze quasi a dominare l’Europa, s'imparentarono con i regnanti di diversi stati, ponendo addirittura due figlie loro sul trono di Francia.

E mi è piaciuto ricordare la loro straordinaria apertura mentale internazionale con la creazione del porto franco di Livorno. Livorno, la città aperta, che accoglieva indifferentemente cittadini di ogni rango, nazionalità, razza e religione e che consentiva a chiunque di lavorare, risiedere stabilmente, prosperare.

Cosa ti ha affascinato della figura di Don Giovanni de' Medici?

Don Giovanni era l'ultimo figlio maschio del granduca Cosimo I, e quindi un principe di casa Medici, ma un cadetto che ha subìto e dovuto scontare di essere un bastardo legittimato.

Ma si era fatto strada lo stesso. Si era imposto, guadagnandosi la stima dei fratelli maggiori, usando forza, acume, duttilità, volontà. Doveva la sua alta posizione gerarchica nello stato non solo al rango, al nome, ma alla sua sete di sapere, alla sua intelligenza, alla sua cultura.

Poliglotta come il fratello maggiore, il granduca Francesco I, era un architetto militare e civile, quasi geniale. Progettò e portò a termine opere eccelse, tra queste il Forte Belvedere, le Tombe medicee, che solo oggi a distanza di secoli gli vengono finalmente riconosciute, attribuite. Fu un innamorato dell'arte, del bello, della musica. Poi, ciliegina sulla torta, non disdegnava certo il fascino muliebre.

La sue doti di diplomatico fine e spregiudicato allo stesso tempo, furono sapientemente sfruttate.

Lo considero un personaggio eccezionale che ebbe intuizioni in avanguardia sui suoi tempi.

Forse era imprigionato da vincoli affettivi nei confronti della famiglia, legati alla sua posizione a corte che, a mio giudizio, non gli consentirono di aspirare alla massime cariche, relegandolo nelle condizione un po' riduttiva di eminenza grigia del fratello granduca.

Anche per questo, oltre a momenti di allegra spensieratezza ho voluto regalargli, nelle pagine del mio romanzo, un sottile velo di malinconia.

Avrei voluto il meglio per lui. Una convivenza di quasi un anno me lo ha reso un vero amico.

E' un personaggio che tornerà in un prossimo tuo romanzo?

In un anno e mezzo di lavoro ho raccolto materiale a sufficienza per scrivere un secondo romanzo.

Ne L'Oro dei Medici Don Giovanni ha trent'anni. Mi sto cimentando con lo stesso personaggio di nove anni più giovane. E' più ingenuo, un ragazzo molto simpatico, che mostra già le sue doti.

E quindi, se il mio Oro dei Medici piacerà ai lettori, lo spero proprio…

Seguiamo allora Patrizia, che il 24 maggio presenterà L'oro dei Medici a Roma da Melbookstore, con un'introduzione dello storico Lucio Villari e letture di Oreste Lionello.