Disponibile nelle librerie italiane dal primo marzo, grazie alla casa editrice Nord, il romanzo La stanza dei morti (libri/4521) di Frank Thilliez è stato in Francia un vero e proprio caso letterario. L'autore è un giovane informatico, che concilia il lavoro e la famiglia con la scrittura. Grazie alla sua trasferta in Italia ci è stata data la possibilità di conoscerlo un po' meglio e così, dopo la lettura del romanzo, è possibile confrontarci con l'autore per sottoporgli qualsiasi curiosità.

Premetto che non la conoscevo prima che la casa editrice Nord mi sottoponesse il suo libro, perciò questa intervista sarà proprio un'avventura tra impressioni e pensieri suscitati dalla lettura e la ringrazio tanto per la sua disponibilità.

Grazie a lei!

Partiamo dalla sua esperienza personale. So che lei svolge la professione di informatico, un lavoro che sembra non avere nulla a che fare con la scrittura. Come concilia le due attività e cosa l’ha spinta a scrivere e a tentare la pubblicazione?

Senza dubbio, ci vuole molto tempo e impegno per conciliare due attività. Di giorno lavoro come ingegnere informatico e mi dedico alla scrittura appena ho un momento libero, come alla sera. Ma a richiedere tempo non è tanto la scrittura, quanto piuttosto la ricerca di una buona idea da cui partire. Il vantaggio è che questa attività non richiede un momento particolare: posso pensarci mentre guido o alla sera prima di addormentarmi. A richiedere del tempo è anche la fase della documentazione, mentre il tempo della scrittura è abbastanza veloce.

E c'è un motivo particolare per cui ha scelto di dedicarsi al genere thriller?

Quando ho iniziato a scrivere, non avevo in mente un genere letterario preciso. Ma già da bambino adoravo i film thriller e horror, che mi facevano una paura tremenda, ma che guardavo lo stesso. Inoltre, le miei prime letture sono state i libri di Stephen King, i film preferiti L'esorcista, Il silenzio degli innocenti, Seven. Perciò, quando ho iniziato a sviluppare nella testa delle storie tutte mie, sono state inevitabilmente ispirate a quel genere.

Il suo romanzo è stato in Francia un vero e proprio caso editoriale. E' stato definito "la risposta europea al Silenzio degli Innocenti", inoltre lei è stato dichiarato dal Courrier Cadres "il figlio naturale di Fred Vargas e di Jean Christophe Grangè”. Cosa pensa di queste definizioni?

Sono due grandi scrittori con stili molto differenti. Sono stato molto fiero di essere paragonato a questi due autori che leggevo da sempre e mai mi sarei aspettato che un giorno il mio nome sarebbe apparso accanto al loro. Il discorso del "figlio naturale" l'ha fatto la radio francese RTL durante una trasmissione che andava in onda in un orario di grande audience, quando la gente si mette in macchina per andare al lavoro. Quando sono arrivato in ufficio, molti colleghi l'avevano sentita e hanno iniziato a congratularsi!

Lei come ama definire il suo romanzo?

Il mio romanzo, essendo costituito da due storie che si intrecciano, non è soltanto un thriller. Lo è per la storia del rapimento, ma poi c'è anche una storia sociale che rientra nella categoria cosiddetta "noir", in cui fin dal principio il lettore sa chi è il colpevole di un'azione e segue che cosa succede in seguito (mentre nel thriller si ha un delitto ma non si conosce il colpevole). Poi volevo creare molta suspense, per questo ho scritto capitoli brevi, in modo che il lettore abbia sempre voglia di sapere che cosa succede dopo.

Entrando un po' di più nel merito della vicenda, La stanza dei morti racconta una vicenda piuttosto dura, a tratti macabra e densa di pessimismo. Attraverso i personaggi ci si avventura in una discesa alla scoperta dell'animo umano, o meglio degli aspetti più reconditi dello stesso. Sembra che in un certo senso lei pensi che in ognuno ci sia una parte oscura, malvagia, forse latente, che può venire fuori quando nella vita ci si imbatte in certe circostanze particolari. E' così?

Trovo che la psicologia dei personaggi sia molto interessante, soprattutto in relazione alla linea di confine che separa quello che c'è dentro di noi, cioè una certa quantità di bene e una piccola quantità di male. Esiste gente che supera questa linea e passa immediatamente all'azione e sono i killer; altri tengono tutto dentro e passano alla follia; e poi ci sono quelli, la maggioranza, per fortuna, che riescono a gestire in modo equilibrato queste nostre due realtà interiori.

Infatti tra i personaggi io non ne ho riconosciuto uno totalmente positivo: non la protagonista Lucie Hennebelle, attratta da riti macabri; non il povero Sylvain Coutteure, travolto da un destino malvagio. Forse solo Pierre Norman incarna in parte i panni del "poliziotto buono".

Sì, perché mi interessa sempre scrivere una storia che faccia paura e, per raggiungere questo scopo, mi servo di ogni mezzo, compresi i personaggi.

La protagonista del suo romanzo è stata paragonata da alcuni critici a Clarice Sterling, la protagonista dei bestseller di Thomas Harris. Secondo lei hanno caratteristiche comuni e in qualche modo lei ne è stato influenzato creandola?

Come ho già detto, certamente la mia scrittura è stata influenzata da film che ho visto. Riguardo a questo parallelismo, entrambe le protagoniste sono affascinate dai serial killer, ma Clarice non possiede la profonda zona d'ombra che invece ha Lucie.

Io personalmente fatico a provare simpatia per le protagoniste donne e Lucie non fa eccezione. Soprattutto non mi piace in lei il velo di mistero in cui si avvolge costantemente e che nemmeno alla fine cade del tutto. Al di là dei miei giudizi personali, però, mi piacerebbe sapere perché ha deciso di scegliere una protagonista donna.

Volevo un protagonista che si rivelasse, in primo luogo, un essere umano: volevo mostrare la sua storia privata, tutt'altro che facile, proprio come accade spesso nella vita, e ho pensato alle due gemelline che le creano un sacco di problemi; e anche la sfera professionale non è delle più semplici, visto che lavora in un settore prettamente maschile e parte dalla gerarchia più bassa. Ma anche sul versante dei malvagi ci sono delle donne: volevo infatti mostrare come il male colpisca anche loro, e non solo gli uomini, e che anche loro possono avere veli di mistero. Lucie, infatti, ha alle spalle una storia che non viene spiegata in questo romanzo, ma che riprenderò in quello che sto per terminare.

Lei ha dichiarato che scrivere questo romanzo è stato un modo per rendere omaggio alla sua terra. In che termini? Quali sono le caratteristiche del Nord della Francia che secondo lei emergono dalla lettura?

Intanto desideravo dimostrare che si possono scrivere thriller ambientati a casa propria e non sempre necessariamente negli Stati Uniti. E poi amo molto la mia regione, la cui ambientazione si presta bene come scenario per storie di questo tipo: è colpita da problemi sociali come la disoccupazione e le sue miniere ne connotano il paesaggio.

Come lei certo saprà, oggi c'è una grande proposta di romanzi da parte delle case editrici e spesso il lettore ha solo l'imbarazzo della scelta tra gli innumerevoli volumi. Perché il lettore dovrebbe scegliere di leggere proprio La stanza dei morti?

Per il puro piacere di avere paura. Per il piacere della suspense. E per scoprire come due storie, che all'inizio sono lontane, riescono a intrecciarsi e a terminare in un'unica storia.

So che sono stati venduti i diritti cinematografici del romanzo, può darci qualche piccola anticipazione sul progetto? E quali sono le sue aspettative in merito? Che attrice vedrebbe bene nel ruolo di Lucie?

Più che un progetto, ormai è una realtà! Il 15 febbraio sono iniziate le riprese e i lavori si protrarranno per dieci settimane. Ho letto la sceneggiatura, che è fedele alla trama del libro. Davvero una bella sorpresa, perché il film tenta di riprodurre fedelmente l'atmosfera del libro e le scene sono state girate apposta nel Nord della Francia. La protagonista è una giovane attrice francese: si chiama Melanie Laurent, ha 24 anni, è un'attrice in rapida ascesa; di recente si è aggiudicata il premio Cesar come migliore interprete femminile. La vedo molto bene nella parte di Lucie, per il dinamismo che esprime e il suo modo di recitare. È un cast che mi piace molto.

Mi piacerebbe, sul finire di questa intervista, affrontare con lei il tema dell’editoria. Grazie alla casa editrice Nord lei è arrivato con la sua opera anche in Italia. Ci sono differenze sostanziali tra il sistema editoriale francese e quello italiano?

Mi spiace, ma non conosco il mercato editoriale italiano.

E come giudica fino a ora la sua esperienza con l'Editrice Nord?

L'Editrice Nord è stata la prima casa editrice a volere tradurre il mio libro, cosa che per me è importantissima perché so quanto sia delicato per un editore pubblicare uno scrittore straniero e sconosciuto. Questo è per me motivo di fierezza e di orgoglio.

Conosce e legge qualche autore italiano? Se sì quale?

No, non ne conosco.

Per concludere una domanda di rito: quali sono i progetti per il futuro? Dobbiamo aspettarci il sequel di La stanza dei morti?

Sì, esiste un seguito che sto terminando e che uscirà in Francia nel settembre 2007. Ritroveremo Lucie, di cui non conosciamo ancora molte cose; su di lei, soprattutto, concentrerò questo prossimo romanzo.

Forse non è il caso di svelare nulla di più e, ringraziando ancora Franck per la sua disponibilità,restiamo in attesa di leggere il prossimo romanzo anche in Italia.