– Buongiorno signor Antonio.

Antonio abbozzò un ghigno, una specie di sorriso collaudato per le clienti.

– Buongiorno signora.

– Anche oggi solo signor Antonio? Suo figlio non ci sta?

– No, arriva più tardi! Non si sente molto bene – esclamò risoluto. Non volle far nascere strani sospetti nella testa di quella pettegola. Chissà che cosa era capace di inventarsi quella chiattona su suo figlio per poi dirlo in giro. Così cambiò discorso: – Guardi qua quanta roba abbiamo oggi – disse aprendo le braccia robuste – carne fresca tagliata stamattina, guardi che bellezza!

 Vedo vedo, è sempre ben fornito lei.  La vedova Terzulli abbassò gli occhi sulla vetrina, esplorando il bancone alla ricerca dei tagli migliori. Iniziò dai grossi tranci di lombata in fondo, scendendo giù fino a una striscia gommosa schiacciata contro il vetro. Umide papille incollate alla lastra come ventose, a pochi centimetri dal suo seno traboccante.

 Lingua lunga di manzo tagliata fresca  neanche fosse la sua,  la vuole signora?  le chiese Antonio.

 Oh no!  esclamò la vedova infastidita  Sono venuta perché domani a pranzo ho mio figlio Peppino con la moglie. Vorrei farci un buon arrosto, gli piace molto. Sa com’è, devo fare bella figura con mia nuora!

 Sì signora, l’aiuto io  annuì Antonio, che cucinava da cani e mangiava la carne quasi sempre cruda.  Prenda questo bel gamboncello,  le disse mentre sfilò la targhetta col prezzo al chilo e sbatté il blocco di carne sul bancone in bella mostra  è buonissimo! La buonanima di mia moglie lo cucinava con le cipolle, un filo d’olio e qualche odore. Ogni domenica si alzava presto e, dopo la messa cantata, lo sapete com’era devota, si chiudeva in cucina e perdeva ore a preparare il ragù… c’addore, per tutto il palazzo si sentiva il profumo… povera femmina!

 Eh, povera donna!  concordò la Terzulli  Però signor Antonio io vorrei qualcosa di un po’ più leggero. Mi dia quella spalla là.

Antonio ricacciò il gamboncello in esposizione con un po’ di amarezza in cuore e lo infilzò con la targhetta. Prese la spalla che le aveva indicato la vedova:  E’ un buon pezzo anche questo, magro e tenero.

Lo lasciò cadere con esuberanza sulla bilancia. Guardò il peso, poi il prezzo indicato e decise di aggiungere quaranta centesimi:  Dodici euro e settanta signora.

La vedova Terzulli tirò fuori il borsellino e pagò senza controllare niente, come sempre. Antonio impacchettò il pezzo di carne, accartocciandogli attorno un foglio di carta oleosa. Diede subito il grosso pacchetto alla signora che però non lo prese:  Me lo può mettere dentro una borsina, grazie.

Ormai seccato dalla sua presenza invadente Antonio a fatica bloccò sul nascere un’imprecazione:  Ma certo!

Prese un sacchetto di plastica da sotto il bancone e v’infilò dentro il pezzo di carne.

La vedova Terzulli contenta e soddisfatta si avviò alla porta e mentre usciva dalla bottega lui entrò.

La sua esile silhouette si fece avanti e si fermò di fronte al bancone.

Francesco restò lì in silenzio, a occhi bassi.

– E’ questa l’ora di arrivare disgraziato? – Subito Antonio inveì contro di lui con la foga del toro davanti al mantello rosso – Te ne sparisci senza dirmi niente e ti presenti al lavoro a mezzogiorno?

Francesco alzò timorosamente gli occhi e rispose quasi sottovoce: – Mi dispiace.

– Ti dispiace? – ripeté sardonico Antonio – E’ tutto quello che sai dire? Mi hai fatto stare in pensiero tutta la notte, da solo a casa. Perché?

Francesco pensava a una giustificazione credibile, qualcosa da dire a suo padre per calmarlo e rassicurarlo. Ma non sapeva cosa inventare.

– Che fai non parli? – Antonio furioso continuò ad assalirlo – E i soldi che hai preso? Dalla cassa mancano duecento euro, pensavi che non me ne accorgessi? Me li hai rubati da sotto al naso!

Da quell’accusa ingiusta Francesco si difese subito: – No, non li ho rubati, – s’affrettò a rispondere frugandosi in tasca – li ho presi in prestito, ma te li ridò tutti.

Tirò fuori cinquanta euro – Ora c’ho solo questi, riprenditeli – e gli lanciò la banconota con sprezzo.

Il sottile pezzo di carta volò oltre il bancone e si fermò in aria a pochi centimetri dal pancione di Antonio, bloccato dalla tensione che gli aleggiava intorno. Quindi precipitò su una morbida fetta di lonza.