Dove sei quando scrivi? Sia fisicamente che mentalmente

Dipende se parliamo di romanzi o sceneggiature. Fisicamente, se parliamo di romanzi, da solo, quasi sempre nel mio studio affacciato sulla campagna a nord di Bologna. Nel caso di sceneggiature, invece, sia per il cinema che per la tv, spesso mi trovo con altri colleghi, o complici, se così vogliamo dire, in camere, salotti, studi, giardini, writers rooms o dépendance… Ovunque, insomma, ci si possa riunire per ideare un colpo… pardòn, una storia. Mentalmente, qualunque momento è buono per rimuginare su una buona storia: a spasso col cane, mentre cucini la cena o stendi i panni, sotto la doccia. Anzi, diciamo che spesso questi momenti, e altri simili, sono molto più fecondi di quando ti ostini a trovare il seguito di una storia che non ne vuole sapere di sbrogliarsi.

Come scegli le tue vittime, e i tuoi assassini?

Di solito sono loro a scegliere me… Mi individuano, mi puntano e non mollano. Sono caparbi e ostinati! Me li ritrovo ovunque: nello sguardo intravisto nello specchio di un locale mentre sono a cena con amici; nel viso di un passante che incrocio per strada; nelle occhiate fugaci di una donna sull’autobus; nei gesti falsamente indifferenti di un tale che guarda caso va nella stessa direzione, qualche passo indietro, sul marciapiede dall’altra parte della strada. Dopo un po' devo cedere: l'unico modo per liberarmi di quella persecuzione è scrivere la loro storia.

Qual é il tuo modus operandi?

Scrivere ogni giorno, almeno un po’, se possibile alla stessa ora. Metodo e disciplina, questo ho imparato. E attenersi al piano, sempre! Però poi sono pigro, e non sempre riesco a rispettare le regole. In questo caso, bisogna accettare un margine di improvvisazione: svegliarsi nel cuore della notte con un’idea che preme in testa e pretende di essere buttata giù subito, pena la minaccia di scomparire per sempre; mollare gli amici durante un aperitivo per chiudersi in bagno a scribacchiare qualche riga su un taccuino; tirare fuori lo stesso taccuino e prendere appunti mentre il semaforo è rosso, aspettandosi gli insulti e le invettive di quelli che vengono dietro.

Chi sono i tuoi complici?

Altri balordi che condividono la mia stessa passione per le storie. Mezzi svitati come me, che fin da bambini hanno sprecato il loro tempo sui libri o sui film, meglio se con dentro morti ammazzati e innocenti in pericolo.

Che rapporti hai con i tuoi lettori e le tue lettrici? Avanti, parla!

Quando scrivo, penso più che altro a un lettore ideale, che mi assomiglia molto in quanto a gusti. Come ha detto qualcuno, scrivo quel romanzo che vorrei leggere e non trovo da nessuna parte. Poi, quando il romanzo viene pubblicato, ci sono le presentazioni, che non amo. Dover parlare, senza dire troppo, di una storia che quelli di fronte a te non hanno ancora letto, cercando di convincerli a tirare fuori i quattrini per comprarsi il tuo libro… Frustrante! Apprezzo molto di più gli incontri con i gruppi di lettura, anche se a volte saltano fuori critiche inaspettate, o segnalazioni di errori che fino a quel momento nessuno, neppure il tuo editor, aveva individuato. È sempre stimolante discutere di una storia che hai scritto con persone che l’hanno letta da cima a fondo. Scopri prospettive inaspettate che offrono al tuo romanzo una nuova vita, diversa da quella che avevi immaginato per lui, e quindi di fatto lo fanno vivere ancora, e ancora, e ancora…

Che messaggio vuoi dare con le tue opere?

Rispondo citando la frase attribuita al produttore cinematografico Samuel Goldwyn: “Se volete inviare un messaggio, usate la Western Union!” (da noi si potrebbe dire: "andate alle Poste e Telegrafi”)