A quell’ora, quando la brezza era favorevole, la città si riempiva degli effluvi provenienti dal mare. Il profumo delle carni ben disposte sui barbecue roventi – ogni bagno ne predisponeva lo spazio – era per lui un segnale a più voci: gli stagionali chiudevano gli ombrelloni e riponevano i lettini accatastandoli nel loro sito; gli ultimi bagnanti radunavano teli e borse e si avviavano alle loro dimore estive o ritornavano in città. Solo le famiglie o le comitive ben organizzate e ancora animate da convivialità si fermavano. Ed era tutto un accendere di fuochi con la diavolina – piacere da natura selvaggia, ma non senza i benefit della modernità – uno spiattellamento di costatine di maiale e salsicce e di pomodori rossi e succosi, mentre i bambini si attardavano nei giochi a ridosso delle dune e le mogli conversavano lasciando ai mariti lo scettro della cucina en plein air: sola consolazione ai nefasti della civilizzazione infrasettimanale.

O, forse, quella di C, era soltanto una suggestione olfattiva, il riaffiorare di una memoria ridondante, una routine di cui lui spesso era stato il protagonista. Non era stato al mare quel giorno, ma niente gli toglieva dalla testa che quella era la scena a cui avrebbe assistito. Negli stabilimenti frequentati da lui e da quelli come lui, s’intende: quelli convenzionati con l’Arma o disponibili ad ospitare orde di pensionati e di placide famiglie. Una clientela che si conosceva a memoria, per niente rissosa e incline alla molestia da spiaggia; bagni in cui tutto era sotto controllo, un’enclave in cui isolarsi finalmente da tutto ciò che non era congeniale alle proprie aspettative. Una situazione felicemente mortifera, pensò. Specie da quando era rimasto solo.

Dunque, quel giorno non ne aveva avuto voglia. Anche perché, da un po’ di tempo, nelle discussioni serali a ridosso della grigliata, dei cui effluvi poco fa si scriveva, si andava a finire sempre sullo stesso tema. A che punto sono le indagini? Quando lo prenderete? E se fosse più di uno? E via dicendo, fino a inopinate e infuocate petizioni sulla risolutiva introduzione della pena di morte. C’era chi si stupiva di come una tale congerie di delitti potesse replicarsi in una comunità dove bene o male tutti si conoscevano. I serial- killer, dicevano altri, pascolano nelle grandi metropoli anonime; deve essere certamente uno di fuori. Sì – puntualizzava sarcastico uno della compagnia – un serial killer in trasferta, come quelli della Uno bianca. Forse un turista? La gente che viaggia lascia a casa i suoi pensieri, ma difficilmente le sue perversioni. C ricordò questo passaggio della discussione e sorrise. Un controllo dei flussi turistici, alla ricerca di un profilo che avesse potuto giustificare quei delitti avrebbe richiesto anni. E poi con le risorse di cui disponeva! Roba da telefilm americano. Brancolava, come si direbbe, nel buio. Ma era un buio cosmico, fatto di indifferenza e di solitudine, di assenza di punti di riferimento e di scaricabarili. Occupatene tu - gli dissero al lavoro - in attesa che arrivino dei rinforzi, qualche luminare provvisto di acume investigativo con esperienze di delitti seriali. Ammesso che questi lo siano. In giro vedo tanta di quella gente senza la testa a posto… E poi siamo a corto di uomini e la stagione richiede che si presidino le vacanze di turisti e concittadini. Facciamo passare questa emergenza, poi ne riparliamo.

Quella sera C era intenzionato a buttarsi nella mischia. Al diavolo la nullificante conventicola attorno al barbecue. L’occasione era propizia. Guidato da un presentimento – considerava questa risorsa presenza stabile tra le sue personali regole d’ingaggio – e vestito di tutto punto, si immerse nella folla festante tra flutti di alcool a go-go e speranze diffuse di notturna copulazione. Tralasciò per una volta di tener fede alla sua deontologia, chiudendo un occhio di fronte agli eccessi delle moltitudini festaiole. Era convinto che la sorte lo avrebbe aiutato.