Venezia, Mestre, un popoloso conglomerato urbano, che si è espanso disordinatamente dopo la seconda guerra mondiale. Lì vive quasi due terzi della popolazione del comune di Venezia. Da quelle parti non ci sono gondole o piazze, né calli, né tantomeno canali. Quella è terra ferma. Ed anche completamente pianeggiante.

Una volante della locale questura sfreccia tra i viali con il bitonale acceso. La gente si chiede cosa sia mai successo. Fuori per strada c'è un freddo cane, sta nevicando. I poliziotti addetti al controllo del territorio sanno bene che in quel periodo, a ridosso delle feste natalizie, aumentano i rischi per la consumazione di rapine. Il Questore ha rafforzato il servizio antirapina, in quei giorni aumenta di diverse unità la presenza di autopattuglie.

L'operatore della sala operativa del turno pomeridiano ha aperto nel database interno al suo ufficio "un intervento". Inserisce la data 20/12/2012, poi aggiunge l'ora e il nome della sigla radio della volante inviata. "voce maschile, su linea 113, chiedeva l'intervento di aiuto. Riferiva di aver trovato una donna morta riversa dentro l'abitazione. In Viale Amerigo Vespucci. Inviata la volante."

L'autista della volante scala la marcia, il motore della Alfa 159 sale di giri, romba, le auto si spostano e danno strada. Il suono della bitonale ritorna a causa dall'eco e si mescola a quello che esce dalle trombe. Il capopattuglia viene sballottato ed è costretto ad afferrarsi alla maniglia della portiera.

Il numero civico segnalato corrisponde ad una palazzina a quattro elevazioni. I due poliziotti scendono dalla vettura, il freddo li avvolge. Sul marciapiedi una coltre bianca di neve. Gli anfibi dei poliziotti lasciano le loro impronte, ma già in direzione del portone d'ingresso condominiale del palazzo di impronte evidenti ci sono quelle di qualcuno che è entrato. Questo non sfugge ai due poliziotti.

Seguendo le istruzioni che hanno ricevuto salgono al secondo piano e cercano l’appartamento della signora Lida Pamio. I due poliziotti salgono la prima rampa di scale e poi la seconda. Al pianerottolo del secondo piano trovano la porta di uno dei due appartamenti aperta. All'ingresso un uomo. In faccia è stravolto. Non riesce neanche a parlare. Ha solo la forza di indicare la cucina dell'appartamento dove una donna è distesa esamine.

I due poliziotti non credono ai loro occhi. La donna giace supina. Circondata da una pozza di sangue, ha due lame di coltelli ancora conficcate nel corpo. La faccia tumefatta, il collo avvolto da un filo elettrico. Contano una decina di tagli. Al capo pattuglia non resta che prendere la sua radio portatile e comunicare: "centrale in merito all'intervento in via Vespucci, ti comunico che abbiamo rinvenuto il cadavere di una donna, sicuramente accoltellata, manda la polizia scientifica ed avvisa la squadra mobile." A seguire scariche elettriche del ponte ripetitore che si sgancia.

I poliziotti si sono fatti subito l'idea che quella palazzina, tutta per intero era la loro scena del crimine. Fanno una breve ricognizione nelle stanze dell'appartamento e si rendono conto che alcune di queste sono state messe a soqquadro, sembrerebbe una rapina. Dopo di che, come da protocollo, chiudono la porta dell'appartamento, si mettono all'ingresso del palazzo e si accertano che nessuno possa più inquinare la scena del delitto ed attendono gli specialisti della polizia scientifica.

Nel frattempo la sala operativa invia altro personale. Sul posto si precipita anche una pattuglia della squadra mobile della sezione omicidi. La donna viene identificata per Lida Pamio, di 87 anni. Nessun precedente penale, dagli accertamenti risulta una tranquilla pensionata. Con l'arrivo della polizia scientifica si danno inizio alle attività di sopralluogo tecnico. In quel momento è decisiva la foto fatta sull'uscio della porta condominiale, dove si evidenzia che le impronte sono tutte in entrata al palazzo e non in uscita. Gli agenti danno un'occhiata in giro, cercano delle telecamere che possano aver ripreso le fasi anteriori o quelle postume al delitto. Scriveranno “accertamento con esito negativo”.

Con la polizia scientifica arriva anche il medico legale che stabilisce con buona approssimazione l'ora della morte. La donna è stata uccisa nel primo pomeriggio e dentro casa sua. Sulla porta non risultano segni di effrazione. Alcuni punti della vicenda cominciano a delinearsi agli occhi degli investigatori: chi ha ucciso l'anziana o è entrato all'interno dell'abitazione con le chiavi o la vittima ha aperto la porta al suo assassino o assassini, pertanto l'omicida o gli omicidi sono entrati o con un inganno o perché la vittima li conosceva. Ma in tutto questo c'è una riflessione importante, dopo l'omicidio, nessuno è uscito dal palazzo.

A quel punto con il personale della polizia scientifica l’ispezione all’interno dell’appartamento si fa molto più attenta ed approfondita. Si cristallizza la scena con dei rilievi fotografici e video. Le tracce di sangue rinvenute e la posizione del cadavere vengono fotografate con appositi numeri e lettere. Sul pavimento, nelle pozze di sangue vengono rinvenute una medaglietta, raffigurante la Madonna ed una fede. Anche questi oggetti vengono fotografati ed evidenziati con due lettere. Viene anche fotografato il cadavere secondo i protocolli del sopralluogo tecnico. Dopo aver ritratto il cadavere per intero si fotografa la parte alta e poi quella bassa e poi si passa alla testa. I poliziotti della scientifica evidenziano che un pezzo di carta, tipo Scottex, è stato inserito dentro la bocca. Forse l’assassino voleva evitare che la donna urlasse e mettesse in allarme i vicini?

L’attività è lunga e metodica. Deve esserlo, quello che viene fatto e trovato adesso, sarà decisivo per il futuro della indagine. Gli operatori sono stanchi, stanno lavorando da diverse ore, hanno già cosparso di polvere grigio argentea tutte le superfici lisce e levigate. Hanno scattato centinaia di foto, descritto la posizione del cadavere, i vestiti indossati, gli oggetti ritrovati sul cadavere, descritto le ferite. Vengono anche rinvenuti due coltelli sempre accanto alla vittima, sono intrisi di sangue. I due coltelli assieme a quelli ancora infilzati nel corpo del cadavere sono da considerare le quattro armi del delitto, e fanno parte di un set da coltelli da sei ritrovati, all’interno della cucina e di cui era in possesso l’anziana signora.

Anche il magistrato di turno è giunto sul posto, si rapporta con gli agenti ed i funzionari della Squadra Mobile, si informa sulla identità della vittima, raccoglie informazioni. Si accerta che la scientifica abbia effettuato tutti gi accertamenti necessari sul corpo, e dopo aver consultato il medico legale, dispone la rimozione del cadavere. Gli ambienti dell’appartamento, ad ogni modo, restano sotto sequestro, i poliziotti della scientifica ritorneranno l’indomani per continuare le ricerche di altre importanti tracce e con dei prodotti e luci particolari. Torneranno con il Luminol, un composto chimico, utilizzato dalla Polizia Scientifica per rilevare il sangue, anche laddove la stessa sostanza ematica sia stata lavata con acqua e detersivo.

Anche gli agenti della squadra mobile hanno iniziato a dare una occhiata all’appartamento, nonostante avessero notato due stanze messe a soqquadro, trovando seicento euro nel portafogli della donna ed il libretto postale. Fiutano la messa in scena. Non si tratta di una rapina finita male. Se qualcuno era entrato in casa per i soldi, quelle banconote le avrebbe facilmente trovate e portate via. Gli oggetti in oro della anziana donna sono tutti presenti, afferma il nipote, ma manca la collanina che la zia portava sempre addosso e che manteneva al collo, la fede del marito, ormai morto, e l’immagine della madonna. Gli stessi monili rinvenuti nei pressi del cadavere.

In commissariato a Mestre cominciano gli interrogatori. Il primo non poteva che essere il nipote dell’anziana donna. Colui che di fatto ha scoperto l’omicidio per primo ed ha dato l’allarme agli inquirenti. I poliziotti sanno che quella sarà una notte di lungo lavoro, di attese, di novità e smentite. Si procede per gradi, adesso la parola passa ai testimoni. Le tastiere degli uffici investigativi cominceranno il loro ticchettio rapido, bisogna ricostruire con le testimonianze gli interessi della vittima e soprattutto le sue ultime ore. E’ necessario cogliere le contraddizioni. Contemporaneamente vengono sentiti e redatti verbali di tutti i residenti della palazzina.

A termine delle innumerevoli pagine stampate, delle tante domande, delle altrettante risposte, si comincia a delineare un quadro e si fanno i primi riscontri. Lida Pamio era un donna che tutti i condomini ricordano come autonoma, autosufficiente, buona. a Natale o in alcune ricorrenze particolari era prodiga di regali. Una donna, la 87enne, riservata, con problemi all'udito. Tanto che a volte apriva la porta prima di capire chi fosse a suonare.

I poliziotti cominciano a raccogliere anche delle testimonianze in merito alla vicina dirimpettaia della anziana donna. Si chiama Monica Busetto, 51 anni, assistente degli anziani all'ospedale Civile di Venezia e vive da sola. La donna secondo quanto si apprende è una maniaca della pulizia. E’ solita lasciare dei cartelli scritti lungo la scala, sui quali dispone quali devono essere i comportamenti a cui i condomini devono attenersi. Ha già avuto diverse controversie con la vittima. Le questioni sono le più svariate ed in un condominio, si sa, non mancano mai. Spesso covano per anni, e le prime chiacchiere animate le due donne le avevano avute tanti anni addietro, quando la signora Lida Pamio, fungeva da capo condominio. Qualcuno aggiunge che a volte litigavano perché la vittima essendo sorda alzava la voce. Ultimamente le liti scaturivano da un vaso con una pianta, posta sul pianerottolo che le due donne dividevano. La Busetto si lamentava che la dirimpettaia non raccoglieva le foglie che cadevano.

Ed ecco il primo riscontro. I poliziotti della mobile riprendono il fascicolo dei rilievi fotografici. Lo sfogliano, è una specie di album fotografico, dove ogni foto è numerata e vi è una didascalia per descrivere ciò che la foto rappresenta. All’ingresso della abitazione dell’appartamento, eccolo in bella evidenza, il vaso con le foglie secche a terra.

A verbale la Monica Busetto ammette che ci sono state delle liti nel passato, ma da qui ad uccidere una persona ce ne vuole. Ma l’infermiera diventa subito la principale sospettata. I poliziotti entrano nella sua abitazione, cominciano a sequestrare un paio di ciabatte. Potrebbero essere quelle indossate dalla Busetto, mentre uccideva la Lida Pamio, e così si sarebbero macchiate o intrise del suo sangue. Sequestrano stracci e panni che possono essere stati utilizzati per pulire di sangue l’abitazione dopo l’omicidio. Necessita una prova principe che lega l’indagata alla vittima. I laboratori della polizia scientifica sono colmi di reperti biologici, ce ne sono a centinaia da analizzare, e spesso non si tratta di evidenze di poco conto: si passa dai casi di furto e rapina a quelli di omicidio, violenza sessuale. Ogni organo investigativo, ed ogni Procura ha fretta di concludere la propria indagine. Non ci sono priorità, ma soli tempi di attesa, a volte lunghi di mesi.

L’avvocato afferma a discolpa della sua assistita: “la signora Monica Busetto è molto esile per aver fatto quell’omicidio così efferato.” La verità e che non ci sono prove scaccianti ma solo una serie di indizi contro la Busetto, uno di questi è la ferocia, il raptus che può averla colta. Infatti, dopo l’autopsia è chiaro che le coltellate sono state 40 e alcune hanno trapassato il corpo della vittima da parte a parte. Chiunque avrebbe potuto uccidere la povera signora Lida Pamio, con qualche coltellata ben assestata. Invece, la vittima è stata sfigurata con calci e pugni, poi l’assassino o gli assassini hanno cercato di strozzarla con un cavo elettrico, ed infine le numerose e fatali coltellate.

Tra gli oggetti sequestrati all’interno della abitazione della Busetto dagli agenti, c’è una collana. I poliziotti la mostrano al nipote e gli chiedono se quella fosse la stessa utilizzata dalla zia per conservare, appesi al collo, la medaglietta e la fede. L’uomo la osserva attentamente, e poi stabilisce con certezza che è quella, ed afferma che è pure rotta.

I poliziotti non perdono tempo, vanno dal magistrato titolare dell'inchiesta e chiedono di farsi autorizzare, affinché si possano confrontare eventuali cellule del tessuto epiteliali presenti nella collanina con il DNA della vittima. Dalla data dell’omicidio è trascorso circa un anno, la tesi dei poliziotti e della Procura era quella giusta, la collanina sequestrata nell'abitazione della presunta omicida è la stessa di quella indossata dalla vittima, il DNA estratto dalle cellule epiteliali della collana è lo stesso della povera signora Lida Pamio.

L’ultima battuta di questa brutta storia è il mandato di cattura spiccato nei confronti della Monica Busetto, dal Giudice per le Indagini preliminari ed eseguito dagli inquirenti della Squadra Mobile. Come al solito, eseguito alle prime ore della mattinata.

Per coloro che pensano che i crimini più efferati siano molto distanti dalla loro sfera personale questo caso è la dimostrazione di come si sbagliano. Spesso si pensa agli assassini come rudi e spietati uomini. Ne abbiamo già pronto il prototipo nella nostra mente: alto, robusto, muscoloso, pieno di tatuaggi, magari con la testa rasata ed i baffi alla turca. Gli abbiamo fatto indossare un paio di jeans logori, una tshirt nera ed un gilet di pelle. Vivono in lontane storie di miseria e fuori dalla nostra quotidiana realtà. Somigliano molto all’uomo nero dei nostri racconti infantili. Niente di più sbagliato. La realtà criminale non ha regole né tantomeno preconcetti, nessun archetipo. Il male è nascosto dovunque in qualsiasi persona anche nella signora esile e dall’aspetto innocuo.

Una volta su Playboy vi era una rubrica dedicata alla bellissima donna della porta accanto, la sconosciuta di straordinaria bellezza da scoprire e fotografare sulla pagine della rivista patinata, e su cui raccontare in un articolo le caratteristiche e le abitudini. In questa storia i poliziotti della Squadra Mobile di Venezia hanno trovato anche loro la donna della porta accanto, ed anche loro l’hanno fatta fotografare, ma dai loro colleghi della polizia scientifica. Tra le caratteristiche hanno annotato una completa mancanza di pietà.