Nei film horror e nei migliori thriller, di congelatori che si aprono svelando brutte sorprese, ce ne sono tanti. Noi di Real Crime siamo abituati a raccontarvi di casi veri, ed in questa indagine i poliziotti della Squadra Mobile di Bologna hanno davvero aperto un congelatore e con loro sorpresa dentro c'era il cadavere di una donna.

Bologna, Viale Aldini, una delle strade che compongono la circonvallazione della città. Strada di grande comunicazione, ma anche di zona residenziale. I poliziotti della Squadra Mobile di Bologna sono dietro il portone dell'abitazione di Silvia Caramazza. Bussano insistentemente, non ricevono risposta. Hanno una disposizione ben precisa del Sostituto Procuratore, prendono un piede di porco, strumento che di solito serve ai ladri, e forzano la porta, entrano.

L'appartamento è in ordine. Non c'è niente da segnalare, all'interno non c'è anima viva. I poliziotti entrano in tutte le stanze, osservano, controllano. Ad un certo punto rimangono sconcertati. Dentro una stanza, ai piedi di un letto, c'è un congelatore a pozzetto. Si guardano perplessi, di solito i congelatori si tengono in cucina o nelle cantine. Hanno tutti un sospetto, ma non hanno il coraggio di dirselo. Sperano di sbagliarsi, di aver valutato in maniera eccessiva. Si guardano in faccia. Le parole in questi casi sono inutili, valgono i fatti. Uno di loro apre il congelatore, dentro c'è un sacco nero, di quelli che si usano per raccogliere i rifiuti. Constatato che l'elettrodomestico è funzionante, una folata di gelo raggiunge l'epidermide dei loro visi. Si guardano ancora una volta in faccia, sperano sempre di sbagliarsi, di essere stati messi fuori strada per aver visto troppi film horror. Uno di loro indossa dei guanti in lattice, sono abituati a portarli dietro. Scopre il sacco e scorge ciò che non avrebbe mai voluto vedere: dei piedi. Arretra e mostra ciò che ha visto ai colleghi. Il dubbio più efferato prende sempre di più concretezza. Il poliziotto con i guanti si avvicina ed allarga il sacco, un altro accende una torcia elettrica, fa luce. Adesso è certezza, avvolto nel sacco nero c'è il corpo di una donna congelato, in posizione fetale. Il corpo è quello della proprietaria di casa Silvia Caramazza, 39 anni. Appartiene ad una buona famiglia bolognese, i suo genitori sono entrambi morti.

A questo punto del racconto la domanda sorge spontanea: perché, il 27 giugno, i poliziotti della Squadra Mobile di Bologna sono entrati in quell'appartamento?

Non ci sono di mezzo né veggenti né medium, questo è Real Crime è tutto molto più concreto. Sicuramente meno spettacolare di come di solito è nelle serie televisive. Queste sono indagini vere, crude, ed a volte la verità è come un pugno che ti arriva diretto allo stomaco, magari mentre non te lo aspetti.

Per dare una risposta a questo interrogativo dobbiamo andare indietro col tempo di qualche giorno, ed esattamente al 19 giugno. Una amica della vittima si presenta in Questura. E' visibilmente affranta e preoccupata. I poliziotti la fanno accomodare dentro il loro ufficio, chiudono la porta e la ascoltano attentamente. La donna va subito al sodo, parla della sua amica che non sente più a telefono, ma con cui continua a messaggiare. Specifica che i messaggi non sono quelli che di solito Silvia scriveva. Lo stile è diverso. Li mostra ai poliziotti e fa notare la differenza degli ultimi rispetto a quelli precedenti, e poi ribadisce che non le risponde più al telefono, cosa davvero insolita.

I poliziotti, che sono abituati alle intercettazioni telefoniche, sanno bene che gli sms di una persona hanno delle caratteristiche uniche. La lunghezza dei messaggi, i termini usati, i tipi di abbreviazione. Immediatamente prendono in seria considerazione le parole di quella che presto diventerà una testimone in un caso di omicidio. Cominciano a formulare delle domande ed ottengono delle risposte molto chiare. L'ultima volta che Silvia Caramazza è stata vista risale al 7 giugno, è stata ospitata per alcuni giorni a Pavia da alcuni amici. La donna convive con un ragazzo sardo di 34 anni Giulio Caria. Gli agenti di polizia vengono in possesso del numero di telefono del convivente. Per togliersi i dubbi lo compongono. Caria al telefono è rassicurante, riferisce che la sua ragazza è con lui e si trovano a Catania in vacanza. I poliziotti con una scusa di una convocazione urgente chiedono all'uomo che desiderano parlare personalmente con la ragazza. Del resto è presente l'amica e potrebbe confermare se la voce sentita è quella di Silvia Caramazza. Caria risponde: “Siamo a Catania, però ora non ve la posso passare”. Gli investigatori si insospettiscono e chiedono l'indirizzo dove sono alloggiati a Catania. L'uomo riferisce un indirizzo e i poliziotti lo annotano. Chiudono la conversazione e telefonano ai loro colleghi della Squadra Mobile di Catania, spiegano la situazione, e chiedono di verificare se a quell'indirizzo ci sono i due conviventi. Passano poche ore e puntuale arriva la risposta dalla polizia di Catania, a quell'indirizzo non hanno trovato nessuno.

Come avviene in questi casi si redige una denuncia, si apre un fascicolo e si comincia ad indagare. Il 25 giugno Giulio Caria si trova davanti i poliziotti della Squadra Mobile di Bologna. Gli vengono chieste delle informazioni sulla sua convivente. Caria risponde in modo evasivo. Racconta che sino al 16 giugno erano assieme e che dopo quella data la sua ragazza, senza dargli un giustificato motivo, aveva deciso di recarsi Grecia, in una località a lui sconosciuta, per una vacanza. I poliziotti cominciano a sospettare sempre di più sull'atteggiamento e sulle risposte verbalizzate del Caria. I precedenti dell’interrogato non fanno sperare nulla di buono, ha già un precedente per stalking, anche se non nei confronti della donna ritrovata congelata. Gli inquirenti, purtroppo, non avendo un motivo valido per trattenerlo lo devono rilasciare, ma stilano un dettagliato rapporto, e chiedono al Sostituto Procuratore titolare delle indagini di entrare dentro l'appartamento di Silvia Caramazza e di forzare la porta, per acquisire ulteriori elementi sulla scomparsa della donna.

Visto che nessuno si suicida ibernandosi e da alcuni traumi alla testa rilevati, era chiaro che da un caso di scomparsa si fosse passati ad uno di omicidio. Il maggiore indiziato per quella tragica morte non poteva che essere Giulio Caria. A questo punto gli ufficiali di Polizia Giudiziaria, in accordo con il magistrato della procura di Bologna, decisero di fermare l'uomo con l'accusa di omicidio della convivente.

L'ipotesi degli investigatori è che l'omicidio sia avvenuto dentro la casa. L'arma del delitto, probabilmente un corpo contundente con cui la donna è stata colpita alla fronte, ed il cellulare della ragazza non sono stati ritrovati. I poliziotti credono che il congelatore sia stato portato all’interno dell'abitazione per ritardare la scoperta del cadavere.

Il congelatore ha contenuto il corpo della vittima per diciotto giorni. Caria lo ha acquistato ad un mercatino dell’usato da due tunisini, padre e figlio. I due congiunti sono convocati negli uffici della Squadra Mobile. Sentiti in merito dichiarano che l’acquisto del congelatore era avvenuto l'8 giugno, quando ancora la donna era viva. Inoltre, su disposizione del Caria hanno trasportato il vecchio freezer Philips il 10 giugno presso l’abitazione di Silvia Caramazza e che il committente li avrebbe pregati di non fare rumore, perché a suo dire, la fidanzata stava dormendo. La fattura di 150 euro però il Caria la fa intestare ad un conoscente. Gli inquirenti si fanno l’idea che probabilmente già da allora l’indiziato volesse fare allontanare da sé i sospetti.

Le ricerche di Giulio Caria da parte della Squadra Mobile di Bologna danno esito negativo. Il carpentiere sardo sembra essere sparito nel nulla ed assieme a lui la macchina in uso alla vittima ed intestata al padre.

E’ proprio la Yaris di colore grigio, ritrovata dai carabinieri del Comando provinciale di Sassari, a Berchidda, che dà una svolta per il rintraccio ed il fermo. Una caccia all’uomo nelle campagne adiacenti dà i frutti sperati. Dopo poche ore il sospettato veniva scovato nascosto nella vegetazione a poche centinaia di metri dall'auto.

I poliziotti a conclusione della cattura dell’uomo, si chiedono: “Cosa può aver portato quell’uomo ad uccidere la donna che amava ed infilarla dentro un freezer?”

Forse voleva il controllo totale della compagna, voleva che lei fosse a sua completa disposizione, che facesse tutto ciò che egli desiderasse e l’unico modo per attuare questo desiderio di prevaricazione assoluta era congelare il suo amore. A volte quando cala il gelo nei sentimenti tra un uomo ed una donna è meglio cominciare a prendere le giuste distanze, soprattutto quando un uomo acquista un congelatore usato e lo porta in casa della donna amata.