Carlo le rivolse un sorriso complice riflesso nello specchietto scendendo dalla parte opposta da cui era salito e si infilò direttamente in una grossa siepe graffiandosi le mani e il volto. Nessuno sembrava averlo notato. In pochi passi superò gli arbusti e si inerpicò sul basso muro di cinta. Rimane appeso per qualche istante scrutando il cortile dell’ossario. C’erano pochissimi turisti, e l’armadio a tre ante che stazionava vicino all’ingresso non era certo uno di loro. Saltò dall’altra parte atterrando su un tappeto di foglie umide e si nascose a ridosso della prima lapide sulla destra, poi un grido acutissimo proveniente dal santuario squarciò il silenzio. L’energumeno scattò verso l’ingresso e senza pensarci due volte Carlo stese il braccio facendo fuoco. Il cranio dell’uomo si aprì come un fiore vermiglio e un getto di materia cerebrale mista a sangue e frammenti ossei imbrattò una tomba dai nomi cancellati. Un nuovo ospite per l’ossario.

Passando sul retro del santuario, il Dottore notò che a pochi centimetri dal suolo si aprivano ad intervalli regolari dei passaggi sbarrati da grate. Gettò uno sguardo verso l’interno scoprendo che davano sull’interno dell’ossario. Natasha era stata chiara: il Codice era stato nascosto dentro la piramide di ossa situata nell’angolo nord. Il Doc cercò un riferimento per orientarsi dall’esterno rispetto alla sala sotterranea, quindi si fermò di fronte ad una delle grate. Puntò i piedi contro il muro e facendo forza riuscì a staccarla, quindi s’infilò a fatica attraverso un passaggio angusto e ingombro di ragni e insetti. Tastando coi piedi avvertì il contatto con qualcosa di solido, quindi si lasciò cadere in avanti e scivolò all’interno. Era atterrato dietro al cumulo di ossa: una struttura a cupola, impressionante e macabra, composta di ossa lunghe, crani e teste di femore. Una sorta di piccola galleria larga alcune decine di centimetri attraversava il mucchio di ossa da parte a parte. In fondo notò un riflesso metallico. Guardò meglio e capì che si trattava di una valigetta. Il Codice. Allungò una mano per afferrarla, ma subito si bloccò.

- Eccolo, il figlio di puttana. Dovevi morire oggi e invece ti trovo qua a rompermi i coglioni - sibilò Fatone spuntando dalla parte opposta.

L’uomo teneva il Dottore sotto tiro, un sorriso beffardo stampato sul viso molle e flaccido. Ognuno dei suoi vizi emergeva chiaramente sui lineamenti approssimativi e sgradevoli.

- Detto da te è quasi un complimento.

- Poche storie - disse in tono perentorio il mafioso - qua ci sono alcuni turisti. Non vorrai mettere di mezzo degli innocenti. Vai verso la scala senza fiatare.

- Certo…

Il Doc si spostò di lato e notò un altro sgherro che si teneva nascosto dietro al cumulo di ossa. Allungò una gamba per passare in un punto più stretto e improvvisamente scalciò all’indietro col tallone. Compresso fra il piede e il lato della piramide, il collo del sicario produsse un agghiacciante rumore di ossa rotte. In preda all’ira Fatone sparò mancando il bersaglio e il proiettile rimbalzò sulla superficie metallica di un candelabro mandando in frantumi una decorazione fatta di crani e tibie. Una signora di mezza età urlò investita dai frammenti e i pochi presenti fuggirono urlando. Altri due uomini attendevano vicino alla scala principale. Nella confusione spararono ad altezza uomo e con un balzo il Dottore trovò riparo fra le sculture di ossa che esplodevano sotto i colpi dei killer. Rispose al fuoco per provare a coprirsi mentre cercava una via di fuga, ma accadde qualcosa di imprevedibile: uno dei due sicari di Fatone cadde colpito alle spalle, l’altro si riparò rotolando dietro ad un paramento ma entrando nel campo visivo del Doc che mirò al bersaglio grosso senza sbagliare. Il sangue dei killer si mischiò ai frammenti di ossa secolari, una poltiglia disgustosa che si allargava scura sul pavimento della cripta. Rimasto in piedi e fuori dal campo di fuoco, Fatone si voltò cercando una via di uscita dietro la piramide di ossa. Natasha era ormai cibo peri vermi e il mafioso rimaneva l’unica fonte da spremere. Con le buone o le cattive, era uguale… Il Doc si mosse velocemente e lanciandosi in avanti arpionò le caviglie di Fatone mandandolo lungo e disteso come un tonno. Cadde male, trascinato a terra in modo scomposto dal peso della propria massa, e urtò contro il muro. Un rivolo di sangue macchiò le ossa ingrigite allargandosi in una pozza.