- Di là, presto!

La seguì di corsa attraverso un cortile interno, poi aiutandosi con le braccia saltarono su un muro di cinta basso e solido. Al di là, solo alberi. Mentre si lasciavano cadere dall’altra parte uno sparo fracassò la serratura della porta. Un vaso sulla sommità del muro esplose in mille frantumi mentre il Doc e la ragazza si inoltravano di corsa nella boscaglia. Sulla sinistra si allungava una fila di lapidi consunte dal tempo. Erano nel perimetro dell’ossario. Jana si fermò accovacciata dietro ad una tomba di famiglia molto grande.

- Chi è quella gente? - chiese con una sfumatura alterata nella voce.

- Gente che vuole farci la pelle, credo.

- Grazie, questo lo avevo capito! - esclamò a denti stretti.

- Ora non c’è tempo. Fai come ti dico: passa di là e vai in strada dall’ingresso principale. Queste sono le chiavi della mia Audi. È parcheggiata davanti al bar. Fai attenzione. Quando non passa nessuno monta in auto e aspettami davanti al santuario. Se vedi movimenti sospetti scappa. Ti ritroverò. Vai!

La ragazza annuì deglutendo. Il Dottore si sporse di lato e colse un movimento fra i cespugli. Il duro sbucò dalla boscaglia e si riparò dietro una lapide.

- Sono di qua, idiota - disse il Doc a mezza voce.

Due colpi al torace e l’uomo si accasciò contro il marmo gelido della tomba striandola di sangue. Il Dottore corse nella sua direzione, lo sollevò di peso e lo trascinò fra gli alberi. Due stronzi in meno.

Jana sfilò a testa bassa fra i pochi turisti all’ingresso, imboccò l’uscita e notò subito un SUV nero vicino alla curva. Distolse subito lo sguardo e proseguì fino al bar. Un’auto della polizia e un’ambulanza ingombravano l’area antistante. Capì che sarebbe stato pericoloso farsi vedere, anche perché da ragazzina aveva già avuto problemi per reati di poco conto. Giri sbagliati, pochi soldi in casa, mai storie di droga però. L’unico problema serio l’aveva avuto al suo primo ed unico anno di università. Durante un colloquio privato, un professore le aveva proposto un ottimo voto mentre estraeva il pene già eretto. Tornata di colpo la ragazzina turbolenta di qualche anno prima, Jana l’aveva tempestato di pugni e calci. Espulsa e denunciata. Una meraviglia.

Subito dopo aver chiamato il Doc, Claudio aveva provato a contattare i due agenti che si trovavano in Repubblica Ceca in quel momento. Carlo non si trovava molto distante e si era subito attivato, sperando di arrivare all’ossario di Sedlec in tempo. Aveva infranto ogni limite di velocità e, appena arrivato sul posto, aveva individuato l’Audi parcheggiata vicino al bar. Sembrava esserci parecchio caos: agenti di polizia, un’ambulanza, un esercito di curiosi sbucati da chissà dove. Notò una ragazza, ferma a pochi metri dall’auto. Si guardò intorno, poi si mosse rapidamente fino ad arrivare all’Audi del Dottore.

Jana sentì il freddo del metallo contro la cervicale e una voce sussurrarle aspra e velenosa all’orecchio.

- Ferma. Se hai le chiavi di questa auto o sei una ladra o peggio. Chi sei?

Sangue congelato nelle vene. La ragazza si bloccò e rispose con voce bassa e tremante. Si sentiva proiettata a molti anni prima, quando venne beccata la prima volta.

- Sono Jana, il Doc mi ha dato le chiavi dicendomi di prendere l’auto e spostarmi vicino all’entrata dell’ossario. Non racconto bugie, lo giuro.

Carlo esitò un secondo. La ragazza sembra sincera e spaventata. Non troppo spaventata, per la verità.

- Ti credo. Entra in auto, metti in moto e fai come ti ha detto. Io salgo dietro.

Accovacciato, Carlo si sporse notando subito il SUV nero.

- Carlo è nell’ossario?

- Siamo passati dal retro dopo la sparatoria nel bar e ci siamo separati nel cimitero...

- Ok, ok. Stai lontana dal SUV, parcheggia là.

- Ok... Tengo il motore acceso?

- Sì, tieni il motore acceso. Quando ci vedrai uscire passa dal lato del passeggero.