Gli anni Settanta del secolo scorso videro l’affermarsi netto e deciso, specialmente nei paesi anglosassoni, Stati Uniti in particolare, di un nuovo modo di giocare alla guerra sul tavolo: il boardgame dimensionale. Nato come derivazione dei sistemi esistenti da decenni per giocare con i soldatini anche una volta raggiunta la maggior età (in fondo, il senso dei wargame tridimensionali è proprio quello di regolarizzare e rendere più “adulto” un modo di giocare alla guerra che i maschi adulti di buona parte del mondo occidentale hanno da sempre espresso nella fanciullezza, salvo venire poi travolti dai videogames fin dalla più tenera età, e quindi sublimare in modo più diretto e personale quella sorte di spirito di aggressione innata che caratterizza il lato animale del genere umano - e che viene altresì scaricato nello sport in tutte le sue incarnazioni), il wargame bidimensionale, o simulazione storica, trova il suo boom esplosivo proprio a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta, quando il Vietnam era ancora presente quotidianamente nelle televisioni di ogni americano, quando la Guerra Fredda lasciava intravedere a ogni piè sospinto il pericolo di trasformarsi nel terzo conflitto mondiale, quando molti dei giovani del tempo avevano avuto o tuttora avevano un padre che aveva combattuto in Corea o anche nella Seconda Guerra Mondiale, e c’era quindi la possibilità di immedesimarsi nelle loro “avventure” riproducendo una particolare battaglia o campagna militare su carta.

          

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