Certo l’Europa doveva essere un gran bel posto, a cavallo della Grande Guerra, per i geni del crimine! Niente a che vedere con la rozza America, che nello stesso periodo riusciva al massimo ad albergare qualche epigono di Jessie James, o dei fratelli Dalton: briganti squisitamente locali, svaligiatori buoni al più per dar lavoro a qualche agente della Pinkerton, nonostante i titanici sforzi di Hollywood per trasformarli in eroi nazional-popolari. C’era stata è vero la Mano Nera, pittoresca organizzazione di immigrati nostrani. Ma anche lì siamo al livello di taglieggiatori di pizzerie, una specie di banda della Magliana in versione newyorkese di cui non si accorge nessuno fuori dai confini di Little Italy.

L’Europa è invece il cuore del mondo, ancora. Un luogo dove si può pensare in grande, dove il delitto non è tanto un mezzo per sbarcare il lunario quanto un possente nutrimento dello spirito. Ha aperto i giochi in piena Belle époque un certo prof. Moriarty, il Napoleone del crimine. Siamo però ancora nell’infanzia del Grande Disegno: Moriarty è un demonio in redingote, cela le sue doti sotto modi discreti, rifugge dai riflettori della ribalta. Solo il paranoico e cocainomane Holmes si ostina a riconoscerne la traccia velenosa tra i trafiletti della cronaca nera del Times. È in realtà un fanciullone, attratto come un bon sauvage dalle perline lucenti più che dal Potere. E se tenta il colpo sul tesoro della Torre, non è per impadronirsi dell’Impero (per il quale, scommetto, prova anzi il massimo rispetto), ma per poter giocare nel chiuso della sua residenza tuffandosi tra diamanti e altre gemme d’Oriente, come un Paperone vittoriano.

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