Lo specchio del male è il romanzo che ha tenuto a battesimo, un paio di mesi fa, Tre60, il neonato marchio editoriale del gruppo GEMS. È un thriller psicologico, drammatico sicuramente, ma anche sfrontato e ironico. E decisamente “scorretto”, senza peli sulla lingua e volgare nel linguaggio, a tratti persino al limite della forzatura.

Ne è autore Davide Simon Mazzoli. Lo abbiamo intervistato.

        

Benvenuto Davide su ThrillerMagazine.

Grazie, Fabio.

             

Iniziamo raccontando qualcosa di te. Ancora giovane d’età (hai da poco superata la boa dei trent’anni) ma con tante esperienze diversificate al tuo attivo. Quali sono gli aspetti della tua vita che trovi più significativi rispetto al tuo essere (anche) scrittore?

Dato il mio amore incondizionato per l’arte, direi tutto ciò che mi permette di esprimere la mia creatività.

            

“Lo specchio del male” ruota principalmente al suo protagonista, nonché io narrante: Orazio De Curtis. Chi è Orazio? E cosa si trova ad affrontare?

Orazio De Curtis incarna la parte più buia della nostra società; è l’anima nera che vive dentro di noi e che spesso ci sussurra pensieri che non abbiamo il coraggio di ammettere neppure a noi stessi. Orazio è l’antieroe per eccellenza: un uomo che si trova a fare i conti con la propria coscienza e le proprie paure. Un uomo che nel mezzo della sua piatta quotidianità viene trascinato in un incubo da cronaca nera, senza via d’uscita.

               

Se Orazio è il protagonista assoluto, è anche attraverso l’interazione con tutte le figure che popolano prima il suo quotidiano, e poi il suo incubo, che il romanzo cresce e si sviluppa: la moglie, la donna delle pulizie, il medico, l’amica della moglie, il suo agente letterario con la giovane figlia (peraltro Lolita in calore), ecc...

Intorno a Orazio De Curtis ruota una manciata di personaggi dalle caratteristiche molto realistiche. Non ho cercato di creare stereotipi sociali o simboli di un qualcosa di più profondo. No. Con loro ho voluto rimanere con i piedi ben piantati nella realtà, dando vita a persone banalmente vere, in modo tale da poter gestire la trama come se fosse uno spaccato della realtà.

Ed è forse proprio questo aspetto che spaventa. Lo so, sono un inguaribile ottimista, sicuro che per molti lettori questo romanzo sarà un tormento, che li trascinerà in un incubo sul quale rifletteranno anche dopo aver concluso il libro. Mi considero un ottimista perché dietro questa mia ipotesi si cela una speranza sociale: nessuno dovrebbe rimanere passivo a tutto l’odio espresso tra le pagine che ho scritto.

             

Orazio è nato per raccontare questo romanzo, oppure viceversa?

Orazio è nato nella mia testa a prescindere dal romanzo e tutto il resto. Orazio è un personaggio dalle caratteristiche piuttosto particolari che, sembra assurdo da dire, hanno sconvolto me per primo. Le azioni e i pensieri di Orazio sono raccapriccianti e malvagi e obbligano il lettore a prendere posizione. Una posizione che spesso spaventa e che è difficile da digerire.

              

A proposito della genesi de “Lo specchio del male”, hai più volte sottolineato che lo hai scritto in modo molto istintivo, sentito, senza darti un vero obiettivo di mercato a cui uniformarti e rispetto al quale adattare il testo. È corretto?

Sì. Per via della mia professione di autore di concetti per theme park e format TV, nella mia vita sono abituato a scrivere su commissione, obbligato a seguire le logiche di mercato e le necessità dei miei clienti; un lavoro pieno di soddisfazioni ma, come potrete capire, anche con tanti limiti.

Con Lo specchio del male mi sono voluto lasciare andare dando libero sfogo alla mia espressività. Con questo romanzo mi sono comportato come un dadaista: non mi importava di rientrare in un genere specifico o in un particolare taglio di mercato. L’ho scritto seguendo il mio istinto e credendo nelle mie intuizioni.

Poi, una volta terminato, ho provato a inviarlo ad alcune case editrici e il riscontro è stato immediatamente positivo. Nella rosa di proposte, ho deciso di scegliere Tre60 perché il loro progetto editoriale rispecchiava pienamente ciò che desideravo: il coraggio.

             

Ci vuoi descrivere lo stile di scrittura che hai adottato per questo romanzo, che tra l’altro si avvale di un creativo e particolare supporto grafico, per il quale va apprezzata anche la scelta editoriale di Tre60 di uscire dai format usuali.

Ho cercato di trasmettere quello che provava Orazio, traducendo le sue sensazioni in parole che andassero ben oltre ciò che di solito è un romanzo. Ho voluto dare voce agli spazi bianchi, ai suoni che circondavano il personaggio e al terrore che spesso provava. Quando invece, nella mia testa, le percezioni lasciavano posto a immagini, ho scelto di inserire tra le pagine ciò che vedevo: quindi gocce di pioggia, pugni in faccia e macchie di sangue.

Tre60, come ho già detto, è una casa editrice molto coraggiosa che ha subito creduto nel progetto. Ricordo ancora le parole di Paolo Caruso che mi hanno fatto capire di aver finalmente trovato l’editore che stavo cercando: «Davide, noi pubblicheremo Lo specchio del male così com’è, senza censure e senza nessun tipo di modifica alla tua impostazione».

Oggi, a distanza di due mesi, sono felice e sempre più convinto di aver fatto la scelta migliore.

              

Come per molti autori contemporanei, direi che anche su di te il cinema ha avuto una notevole influenza...

Il cinema e letteratura sono i figli di una stessa madre. Nella mia vita mi occupo anche di regia e, di conseguenza, nella mia testa queste due arti si fondono e si completano a vicenda. Le storie che racconto, le vedo e le descrivo così come le immagino; con i suoni, con le colonne sonore, con le luci e la grana della pellicola.

In realtà non credo di essere uno scrittore, ma un regista con la passione per la scrittura.

            

Se ti dico, per quel che mi riguarda, il titolo non ha la stessa forza del contenuto, ti faccio arrabbiare?

Ah ah ah! No, tranquillo, ma permettimi di invitarti a fare un paio di considerazioni. È vero; il titolo è banalmente immediato e molto commerciale, ma in stile con i titoli dei romanzi di Orazio: Voci nel bosco e La città della pioggia. Questa caratteristica la trovo divertente e, in qualche modo, mi lega al personaggio che ho inventato.

In più, se ci pensi, Lo specchio del male è un titolo da facciata convenzionale che riprende perfettamente quello che è uno degli argomenti centrali dell’intero romanzo: Orazio De Curtis è apparentemente un uomo perfetto, intelligente, uno scrittore di successo e un marito impeccabile, ma poi, quando inizi a scorrere tra le pagine, scopri invece una verità oscura.

Che dici? Ti ho convinto?

               

Su “Liberi di scrivere”, nella recensione (molto positiva, peraltro) del tuo romanzo, è saltato fuori il nome di Irvine Welsh. Un riferimento in cui ti ci puoi ritrovare?

La recensione di Davide Decaroli apparsa su “Liberi di scrivere” mi ha letteralmente spiazzato ed emozionato. Leggo molto spesso i suoi pezzi e, devo dire, quando ho visto il suo nome affiancato al titolo del mio romanzo sono subito sceso a sbirciare le ultime tre parole. Il rischio di infarto era imminente.

A essere sinceri conoscevo Welsh solo per Trainspotting, ma non avevo mai letto niente di suo. Proprio in questi giorni, spinto dalla curiosità, sto leggendo Il Lercio e devo ammettere che il modo in cui sputiamo veleno è molto simile, quindi per me spiazzante. Amo le persone che odiano il perbenismo e che non temono il giudizio dei bigotti. Esagerazioni? Sproloqui? Schifo? Disgusto? Benissimo. Se è questo ciò che il lettore prova, significa che ho fatto bene il mio lavoro. Ormai il pubblico è abituato alle storielle d’amore o ai gialli da spiaggia dai risvolti rosa. Basta! Come lettore sentivo la necessità di scrivere un romanzo come Lo specchio del male. A volte, per poter vedere la Luce che ci circonda bisogna vivere storie che sprofondano nel Buio.

                   

“Lo specchio del male” non è un esordio. Anni fa, avevi già pubblicato “Nessuno può chiamarlo Ulisse”, un testo che mi sembra di capire fosse un po’ particolare. E poi, assieme a tuo cugino Marco Mazzoli, il libro ”Radiografia di un dj che non piace. La mia vita dentro e fuori lo Zoo di 105”, incentrato appunto sull’esperienza radiofonica dello stesso Marco nell’ambito del noto programma di rete 105.

Sì. Scrivo da una vita. Scrivo da quando avevo otto anni e la prima pubblicazione (in questo caso ahimè a pagamento) è avvenuta a vent’anni con Nessuno può chiamarlo Ulisse: un primo esperimento linguistico del quale sono piuttosto fiero. Qualche anno dopo ho iniziato a scrivere thriller e, con mia grande soddisfazione, sono arrivato tra i sei finalisti del Premio Tedeschi organizzato da Giallo Mondadori del 2004, insieme ad autori del calibro di Roberto Mistretta.

L’anno scorso invece, con mio cugino Marco Mazzoli, ho pubblicato Radiografia di un dj che non piace (Rizzoli). Il romanzo è stato qualcosa di diverso dal solito libro di varia e, nel giro di una settimana, è diventato best seller.

Ora stiamo scrivendo un nuovo libro dedicato alla storia dello Zoo che però, questa volta, sarà edito da Mondadori.

              

Hai appena pubblicato anche un romanzo young adult dal titolo “La missione dell’ultimo custode”, primo episodio della saga fantasy “Le Terre Magiche di Midenhil”. Ammetto che, dopo la lettura del tuo thriller, mi sarei aspettato piuttosto un fantasy un sudore&sangue, più realistico (stile Martin, Gemmel, Eriksson, o anche il Morgan della serie “A land fit for heroes”, di cui sta peraltro uscendo l’edizione italiana, per Gargoyle), piuttosto che un titolo per ragazzi. Ma forse, seppur stemperato rispetto al tuo thriller, l’approccio duro - vogliamo chiamarlo “nero”? - è presente anche in questo fantasy...

In realtà il primo libro della saga fantasy Le terre magiche di Midendhil non è ancora stato pubblicato. Stiamo terminando le ultime fasi di editing proprio in questo periodo e contiamo di uscire entro fine anno.

In effetti hai ragione: passare da un thriller come Lo specchio del male a un fantasy per young adult come la saga di Midendhil può apparire piuttosto strambo. La verità è che sono una persona che si stanca molto presto. Per scrivere ho bisogno di vivere, e l’alternanza di trame maledette e favole fantastiche mi aiuta a migliorare le mie storie, rendendo i thriller più oscuri e le storie fantasy più magiche. Comunque sia, non ti preoccupare! Anche sforzandomi, la mia natura di autore mi porta sempre ad affrontare argomenti e temi piuttosto duri, e sangue e tragedie non mancheranno neanche in Midendhil. Penso che ormai anche il pubblico teen sia pronto ad affrontare storie un po’ più realistiche e, anche se piene di magia, comunque ricche di risvolti piuttosto forti che, senza ombra di dubbio, porteranno il lettore ad alcune riflessioni.

Inoltre, ma è ancora troppo presto per raccontarvelo, la saga di Midendhil sarà protagonista di un grande progetto dedicato a tutte le persone che hanno ancora voglia di sognare. Stay tuned!

            

“Lo specchio del male” è stato scelto per dare il via ad un nuovo marchio editoriale: Tre60. Come sei arrivato a questo editore?

Ci sono giunto in un modo del tutto fortuito. Ero a caccia di un editore e, scrivendo a Cristina Prasso (direttore editoriale di Nord), sono entrato in contatto con Paolo Caruso, ai tempi già responsabile della nuova Tre60. In realtà, in quel periodo, continuavo a ricevere proposte editoriali da grandi e medie case editrici ma io, e non saprei spiegare il perché, mi ero fissato con Caruso. Quindi lo chiamai al telefono e dopo vari tentativi riuscii finalmente a parlarci. Mi spiegò del nuovo progetto Gems e, da lì a poco, capii che quella era la casa editrice giusta per me.

             

Domanda che più classica non può: prossimi progetti in ideazione e/o stesura?

Oltre ai vari libri di Midendhil e al romanzo che sto scrivendo con mio cugino, proprio in questo periodo ho delineato due nuove trame thriller che svilupperò a partire dal 2013. Il primo sarà un romanzo un po’ più classico mentre con il secondo tornerò sullo stile malato de Lo specchio del male.

           

Grazie Davide. Un ultimo riflesso dallo specchio per i nostri lettori?

Grazie Fabio per la bella intervista e un saluto a tutti i lettori di ThrillerMagazine. Concluderei con uno dei pensieri di Orazio che preferisco:

L’unica differenza tra un uomo intelligente e un cretino è che il cretino rivela sempre ciò che pensa, mentre l’uomo intelligente no.

         

Davide Simon Mazzoli – Lo specchio del male. Tre60. Pag. 416. Euro 9,90.