Da molto tempo sostengo che il Giallo italiano, inteso come vicenda d’intrigo con un colpevole da scoprire, ha radici più cinematografiche che letterarie. Non fraintendetemi, so perfettamente che di gialli in Italia se ne sono sempre scritti e anche di ottima qualità. De Angelis, Fruttero & Lucentini, Chiara senza citare Scerbanenco che mi pare più nero che thriller, i casi sono molteplici. Ma se chiedete a uno dei giovani autori che si sono imposti negli ultimi anni immancabilmente vi parlerà di suggestioni cinematografiche. Degli anni ’70 in particolare.

Non è una moda, in realtà il recupero dell’horror e del thriller di casa nostra è perfettamente comprensibile. Moltissimi sono gli autori che vi si sono cimentati ma pochi lo hanno fatto con il puro spirito dell’entertainment. Troppi - e qui sta forse il difetto - hanno assorbito alcune tematiche del thriller ma si sono lasciati tentare dalle lusinghe dell’autorialità. In pratica hanno scritto storie dove c’era un cadavere, un investigatore (più probabilmente un commissario...) ma alla fine lo scopo era quello di raccontare storie personali, spaccati della società. Scrivere libri seri, in pratica. E qui, purtroppo si cade perché l’appassionato cerca trame, atmosfere, personaggi, brividi. E queste cose non si realizzano cercando di approdare al “salotto buono”. Perciò moltissimi giovani autori pescano dal repertorio che più è adatto a fornire loro tematiche e idee. Il cinema ma anche la televisione.

 

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