CSI Alaska- Primavera di ghiaccio di Dana Stabenow, Newton Compton 2011.

Continuano a imperversare i libri venuti dal freddo. In questo caso dal freddo che più freddo non si può. Più precisamente dall’Alaska (giuro). O, ancora meglio, dal villaggio di Niniltna dove un folle fa fuori nove persone con un fucile di precisione, Ma una di queste, la giovane Lisa Getty, che se la spassava con tutti gli uomini del paese, risulta essere uccisa da un’altra arma. Chi ha sfruttato questa occasione per togliere di mezzo una tal fomentatrice di invidie e gelosie?

Ad indagare Kate Shugak con il suo fedele husky (femmina) Mutt in calore con un lupo grigio in giro che le fa la corte. Vive in una capanna “nel bel mezzo di un parco nazionale di otto milioni di ettari”, sempre in continua attività, una cicatrice alla gola ricordo di un terribile momento, pelle liscia e dorata, occhi grandi e luminosi color nocciola, capelli lunghi fino alla vita, lisci e soffici come la seta, voce roca e irregolare. Ascolta Beeethoven insieme ai gruppi moderni. Più avanti da un personaggio veniamo a conoscenza di altri particolari: minuta e agile, non beve alcol, è competente ed efficiente nel lavoro, dotata di un notevole senso dell’umorismo, responsabile verso gli altri che la rispettano e la temono, soprattutto per le sue gesta leggendarie.

In relazione affettiva con Jack Morgan, capo della squadra investigativa accetta a quattrocento dollari al giorno più le spese (pure concreta) di condurre le indagini. Via allora con la motoslitta Super Jag in giro a interrogare e ascoltare e così viene a sapere che Lisa spacciava droga e uccideva gli orsi per venderne la bile. Suo amico Bobby in carrozzella reduce dalla guerra del Vietnam che cita Sam Spade e la salva dopo un tentativo fallito di venire uccisa.

Il libro si presenta, non solo come la classica indagine su un terreno già arato (l’idea del morto che non c’entra nulla con gli altri non è certo nuova) ma anche, e direi soprattutto, un excursus su una società del freddo, dove si organizzano corse, scalate della montagna più alta, gruppi di cucitrici, danze del ventre, dove si dà vita ad una specie di rito religioso: il potlack, una danza per le persone uccise a cui partecipa la stessa Kate in conflitto con la nonna Ekaterina troppo attaccata alle vecchie tradizioni. Non manca una cerimonia delle donne in onore (addirittura!) dell’assassino che le corna sono pesanti per tutti.

In primo piano gli spazi enormi, la neve, il freddo, il silenzio, il tenue ma confortante calore del sole, perfino un terremoto che rende più potente e spaventosa la Natura. Ma anche qui, in questo mondo così lindo e pulito che sembra lontano da qualsiasi imbrattatura del male, la stessa follia, gli stessi rancori, lo stesso odio che alberga negli altri uomini della terra. E forse è proprio in questo netto contrasto che risiede, almeno in parte, la fortuna del romanzo poliziesco del profondo Nord. Anche se, dal punto di vista della scrittura e della struttura, a volte semplicemente discreto- buono o, addirittura, mediocre.