Buongiorno professor Serpentini, prima di tutto, ci vuole dare qualche informazione su di lei per conoscerla un po’ meglio?

Sono laureato in filosofia, ho insegnato filosofia e mi occupo di filosofia. Ho, inoltre, una grande passione per la storia; che mi ha portato a realizzare questi libri gialli, che per me sono una vera e propria operazione storiografica.

Come e quando è nata l’idea di questa collana così particolare?

Mi sono sempre occupato di criminologia e ho sempre avuto un grande interesse per il mondo dei processi: da giovanissimo ho fatto il cronista giudiziario per i giornali locali e ho seguito i processi nazionali con grande attenzione. Per anni ho poi diretto una televisione locale, e anche in quell’occasione avevo ideato una serie di trasmissioni su alcuni casi giudiziari assai noti in provincia, che poi, purtroppo, per alcune traversie non fu possibile realizzare. Ma in quell’occasione ebbi modo di fare ricerche e di accumulare del materiale, che come puoi ben vedere non è andato perduto.

Per il suo lavoro di ricerca e di ricostruzione storica di quali fonti si avvale e quali sono le specifiche difficoltà che si incontrano?

Le fonti sono principalmente l’Archivio di stato per i processi fino al 1910 e quello del tribunale per gli anni dopo il 1910. Oltre a questo, c’è, ovviamente, la stampa dell’epoca, con i resoconti e l’impatto che ebbe la vicenda sull’opinione pubblica di allora (cosa che mi interessa in maniera particolare). Un’altra fonte è la ricerca storica, che è in  realtà un’insieme di fonti, che servono ad affinare i dettagli, a ottenere la maggiore esattezza storiografica possibile. Per esempio, se parlo di una vetrina di un negozio, mi documento su quali articoli sarebbero stati esposti all’epoca.

Come pensa che si differenzi un suo testo da un giallo classico?

Nel giallo classico si parte dall’incertezza sul colpevole, che alla fine viene però smascherato, acquietando così sia la razionalità che il senso di giustizia del lettore. Nei miei libri, invece, si parte da una certezza… sappiamo già il nome del colpevole, ma da questa certezza iniziale si passa gradualmente ad una incertezza crescente, sia sulla vera identità dei colpevoli sia sui moventi. Questo percorso dalla certezza all’incertezza è inverso a quello che si trova nel giallo classico, invece di essere un percorso dal complesso al semplice, è un percorso dal semplice al complesso.

Ha mai avuto l’angoscia da pagina bianca?

No.

Quella che io avverto è un altro tipo di angoscia… è quella di non trovare il bandolo della matassa nel caos dei fatti e del processo, è la paura di naufragare nel mare di carte in cui bisogna veleggiare, in un mondo frammentato in cui non esistono mappe.

Il suo ultimo lavoro, “Quattro colpi alla schiena”, parla di un  delitto del ’47, con un tragico viaggio nei manicomi criminali di quegli anni, ci vuole dire qualcosa in proposito?

Il protagonista, reo di aver ucciso la fidanzata pugnalandola ripetutamente alla schiena, viene richiuso in manicomio perché in preda ad allucinazioni: parla con la fidanzata morta, delira, rifiuta il cibo, che serba per la ragazza uccisa. Ma tutte le perizie dell’epoca gli furono contro, pensavano mentisse, e così fu condannato senza nessuna attenuante.

La sua collana è ormai giunta alla dodicesima uscita, fra tutti… c’è un suo “figlio” prediletto?

Si, effettivamente ho una predilezione fra i miei dodici figli. Si tratta del terzo, La coscienza del diavolo, è il mio preferito sia per il periodo, siamo nel 1864-65, in coincidenza con l’assedio della fortezza di Civitella, sia per la particolarità del caso stesso… fino alla fine non si sa se l’omicidio sia avvenuto o meno, si cerca una ragazza scomparsa, si presume rapita e uccisa da alcuni frati, che ne hanno poi occultato il corpo nella cripta di una Chiesa. Il giudice istruttore indaga e arresta sette frati, ma fino all’ultimo non si sa se la ragazza sia stata uccisa veramente ed il giudice alla fine, dopo due anni di indagini, guardandosi allo specchio, si chiede se non è proprio lui la Coscienza del Diavolo.

Qual è il suo autore giallo preferito e in ogni caso ha un modello a cui idealmente si sente vicino?

La mia predilezione va da sempre al commissario Maigret e a Simenon, al giallo della quotidianità. Ma devo dire che… attualmente sono incapace di leggere un libro giallo, ho un vero e proprio rifiuto della finzione, in parte dovuto ai miei libri, il cui fascino per i lettori e proprio nel fatto che gli avvenimenti che tratto sono reali, reinterpretati, raccontati, spiegati e ricavati dalle carte processuali, ma in ogni caso realmente accaduti.

Ci può dare qualche anticipazione sulle nuove uscite previste?

Mediamente ogni 3-4 mesi esce un titolo nuovo, il prossimo uscirà a dicembre e il titolo sarà Odio di partito. Raggrupperà tre casi diversi, due omicidi e un tentato omicidio, che hanno in comune il movente politico il periodo storico in cui sono avvenuti, immediatamente prima dell’avvento del fascismo. Questo libro mi consentirà di raccontare il clima che si respirava in quel periodo e gli odi di parte esistenti fra fascisti e socialisti. Con la scusa del giallo, tento una vera e propria ricostruzione storica di tutto il background dell’epoca.

Oltre alla collana “La Corte! Processi celebri teramani” ha altre iniziative editoriali per il prossimo futuro?

Sta per uscire il primo volume di un'altra collana, che si chiamerà Briganti d’Abruzzo, dove con lo stesso stile narrativo racconto le vicende di briganti, fuorusciti e banditi, in un ampio periodo storico, dal medioevo all’Italia post-unitaria. Si tratterà quasi di biografie, anche se pseudo-romanzate, dico pseudo perché alla base ci sono sempre fatti e vicende reali. Dovrebbe poi nascere una terza collana che si chiamerà Il senso della memoria. Qui ci troveremo di fronte non a storie di delitti, ma a fatti più “leggeri”, che riguardano il mondo della prostituzione, delle truffe, del teatro, delle chantose e dei loro spasimanti… si tratta di racconti che già pubblico sul mensile teramano Il Cittadino.

Come giudica il successo dei suoi libri?

Penso che parte del successo dell’iniziativa sia dovuto al fatto che il pubblico ha capito la mia volontà di ricostruire un’epoca della nostra provincia, un’epoca che ha un preciso arco temporale, che va dal 1860 al 1956, perché dopo il ’56 non possiamo più parlare di storia ma bensì di attualità.

Il pubblico ha colto tra le righe il “senso della memoria”, che è un’affabulazione che avviene attraverso la gestione del caos, sia esso il caos dei fatti, o il caos del fascicolo processuale, o della vicenda stessa, che cerco di riportare ai nostri tempi, attualizzandola.

Pensa che Teramo dal punto di vista del mistero abbia ancora qualcosa da raccontare?

Alla fine dell’ottocento, mediamente, in provincia di Teramo c’erano 22 omicidi l’anno e alcuni di questi presentano delle caratteristiche molto interessanti. Per esempio, sto lavorando su un triplice omicidio avvenuto a Montepagano nel 1906, e anche sul caso di un uomo che uccise due mogli nell’arco di vent’anni… erano le donne più belle del paese, ma poi geloso delle attenzioni altrui le uccise. E ancora, sto affrontando il caso incredibile di un processo a un morto, paradossale ma vero… Come vedi, materiale e casi interessanti non mancano, la collana avrà ancora lunga vita.

E quello che speriamo tutti, grazie per la cortesia, professor Serpentini.

Grazie a te e a presto.

Ricordiamo che per maggiori informazioni sulle singole uscite della collana si può consultare il sito utenti.lycos.it/elsosimone/gialli/indicegialli.htm (possibile anche l’acquisto on-line), e per info sull’autore il sito di riferimento è www.serpentini.it