Credo che per  i narratori ‘ de genere’ scrivere un serial sia più che un’ambizione, una necessità. Da ragazzino sognavo di pubblicare almeno un romanzo su Segretissimo. All’epoca ignoravo che esistesse ( e a questo non si può porre rimedio) un ostracismo per cui la pubblicazione in edicola (almeno per certi autori) diventa un marchio d’infamia se si vuol pubblicare anche in libreria. Con qualche vicissitudine mi sono preso le mie soddisfazioni sia nell’uno che in altri campi ( a proposito questa estate ho venduto anche io un progetto a un noto produttore cinematografico... non se ne farà nulla come spesso accade nelle produzioni americane, però il lavoro è stato pagato e apprezzato dal signore in questione che non è il primo venuto)  e... ancora non è finita.  Mi rendo conto oggi però che la mia natura di autore Pulp sia strettamente legata alla serializzazione. Di serie o miniserie ne ho scritte e pubblicate diverse in questi vent’anni. A cominciare con le avventure di  Julius Colleoni pubblicate nella collana ‘Top Secret’ delle edizioni Corno, per passare poi a ‘Vlad’ e al ‘Professionista’ su Segretissimo, ‘Montecristo’ sul Giallo, per non parlare di ‘Jasmine’ e del ‘Magister’ in libreria... Alcuni di questi erano progetti giovanili rimasti un po’ a mezz’aria, altri invece nascevano con un numero definito di episodi e sono anche andati oltre le mie aspettative più rosee. Alla fine Chance Renard Il Professionista è rimasto la  ‘creatura’ cui sono più affezionato e che ha conservato una regolare periodicità allargandosi alla libreria e prendendo di volta in volta forme differenti quali il racconto e la novella. Forse il segreto della longevità del personaggio e delle sue avventure sta proprio nell’avere un ‘format’ elastico che, considerate alcune caratteristiche di fondo, fissate all’inizio del lavoro ha potuto espandersi  adattandosi ai tempi e alle situazioni.

Come ho più volte ricordato il progetto iniziale  era un fumetto che proposi a Bernardi ai tempi di  Granata Press. Non c’erano le condizioni per creare un serial di quel genere ( che tuttavia,  a mio parere, aveva delle caratteristiche che per seguire la scia dello ‘Sconosciuto’) così il progetto rimase nel cassetto per un anno. L’editor di Segretissimo di quei tempi mi chiese di realizzare una serie che potesse accostarsi a SAS. Io avevo già pubblicato con un buon successo un altro Segretissimo anni prima ( ‘Sopravvivere alla notte’) firmandolo con il mio nome. L’ ‘Operazione Professionista’ doveva avere però un carattere più commerciale quindi ripescammo uno dei miei pseudonimi, Stephen Gunn  appunto(già autore di ‘Pista Cieca’), e mi misi al lavoro. Devo dire che, a livello contrattuale, riuscii a strappare una condizione che a mio avviso ha giovato alla sopravvivenza della serie nel tempo, creando una fidelizzazione nel lettore. Chiudemmo la trattativa con un contratto per tre romanzi stabilendo che ne sarebbero usciti due all’anno. Tradizione che, in un modo o nell’altro è rimasta sino a oggi. I tempi della Italian  Foreign Legion erano ancora un po’ lontani, però credo di aver un po’ aperto la strada anche se già in quell’epoca c’erano serial italiani di Segretissimo. Senza contare i romanzi di Santini e Guerrini che risalivano a più di dieci anni prima e che non avevano avuto seguito più che altro perché gli autori non ne avevano scritti più, in quel periodo ricordo che  Carmen Iarrera pubblicò due romanzi con lo stesso protagonista e Luis Piazzano aveva iniziato le avventure di Luc della Rocca. C’era anche il  Maresciallo  Costa di Signoroni del quale sono sempre stato un estimatore. Alcune di queste serie più o meno sporadicamente sono presenti nella collana sino a oggi. Il fatto che il Professionista sia diventato un po’ un marchio di fabbrica e si  sia affermato con più di trenta avventure è dovuto a diversi fattori. Se il personaggio sia  riuscito  e le avventure siano avvincenti non sta a me dirlo ma è ovvio che io sia convinto di sì. Ipocrisie a parte, se non lo pensassi non credo che lo avrei scritto così. Ci sono alcuni elementi che invece posso analizzare con maggiore obiettività. Il serial  ha avuto inizio in un periodo in cui, dopo un intervallo piuttosto lungo privo di eroi ricorrenti eccetto SAS ( che a mio avviso deve la grandissima popolarità oltre alla buona qualità media delle sue avventure anche alla presenza costante nelle edicole), il pubblico aveva bisogno di un eroe di riferimento.  La narrativa popolare è costituita sugli eroi seriali, non solo la spy-story. Chi legge per intrattenersi e divertirsi ha bisogno di un modello in cui identificarsi, un eroe non lontanissimo da certi personaggi fortunati dei cinema o dei fumetti. L’eroe deve ‘fare’ le cose, cioè romanzi troppo complessi con molti personaggi che costituiscono una trama  ‘ corale’ sono forse più adatti alla libreria. Considerando ( nella migliore delle accezioni) Segretissimo come una lettura veloce, l’eroe dovrebbe ( anche a costo di qualche esagerazione) essere il fulcro della vicenda. A lui vanno dedicate il maggior numero di pagine, le soluzioni più spettacolari e definitive. Chance Renard, ex legionario, agente free lance, era costruito così. Uno che a volte è anche un poco di buono, che spara, scopa e fa a cazzotti pur restando in grado di dipanare un’indagine era un mix dei private-eye, dei gangster alla Parker e degli agenti segreti che hanno fatto la storia di Segretissimo. Rinunciavo ( senza troppa difficoltà) a quel tocco italiano, un po’ provinciale che, almeno a quei tempi, contraddistingueva gli eroi della narrativa thriller nostrana. Un tocco di internazionalità che, evidentemente, ha funzionato.  Per essere sinceri devo anche ammettere che rispetto ai tempi in cui un’apparizione nel catalogo di  Segretissimo era solo sognata, non avevo in mente di scrivere  unicamente spy story. Nel frattempo avero esordito in nero italiano e scritto almeno un paio di romanzi in cui forse c’erano ( anzi almeno in uno di essi sicuramente) delle sfumature spionistiche ma il noir si mescolava all’avventura. Chance Renard nasceva già come un... eroe buono per tutte le stagioni, un personaggio a sé, non legato a un particolare servizio e neppure a un filone distinto. La collana era dedicata allo spionaggio ma poteva  allargarsi all’Avventura in generale. Considerando che ritengo che il limite oltre il quale il lettore non desideri spingersi è quello del sovrannaturale, se la storia è ritmata, l’intreccio è vario e l’azione sostenuta( anche quella erotica che era un po’ un punto imposto dalla direzione editoriale in omaggio a SAS) l’autore è piuttosto libero di articolare la ‘sua’ storia. E così il Professionista è stato per me veicolo di volta in volta per viaggi in tutto l’immaginario popolare, dal racconto gangsteristico, a quello di guerra e un po’ persino al western. La narrazione però doveva restare avvincente, semplice da seguire come un film. Queste erano le premesse di base cui, credo, il personaggio non sia venuto mai meno. Ma, per restare sulla piazza erano necessari aggiustamenti e sfaccettature. Ci sarebbe stato tempo anche per quello...