«Autore giramondo» viene definito Giancarlo Narciso dalla mini-biografia presente in un suo recente romanzo scritto con i panni di Jack Morisco per Segretissimo, Dossier 636, che festeggia il numero 1600 della storica collana e che è uscito lo scorso giugno in edicola. Lo si può comunque recuperare in eBook.

Come traduttore possiamo ricordare alcuni suoi titoli: Il fiume dei cadaveri di Jess Walter (Piemme 2004), Il centesimo uomo di Jack Kerley (Sonzogno 2005), Lew Fonesca: Midnight Pass di Stuart M. Kaminsky (Alacrán 2007), Pattaya 24/7 di Christopher G. Moore (Il Giallo Mondadori n. 2943, 2008), Il metallo che uccide di Harry Ledowsky (Mondadori 2010) e tanti altri. Nel 2012 ha tradotto Il morso della locusta (Segretissimo n. 1587) del misterioso autore che si nasconde dietro lo pseudonimo Tom Hawkes.

         

Quand’è che hai deciso di diventare un traduttore? E, se non l’hai deciso, come ti ci sei trovato in mezzo?

Credo che sia un passaggio obbligato per ogni scrittore, primo perché molto spesso non si vive di sola scrittura e in secondo luogo perché scrivere in modo creativo, cioè elaborando di volta in volta i passaggi della trama, assorbe molta energia per cui non potrei scrivere più di cinque ore al giorno. Il resto del tempo devo fare qualcosa che richieda meno sforzo immaginativo. Tradurre va benissimo.

        

Tu sei un romanziere e un traduttore di lunga data: quale delle due professioni ti ha fatto più penare? Secondo te è più faticoso tradurre un romanzo o scriverlo?

In parte ho risposto più sopra. È più faticoso scrivere che tradurre. Però scrivere dà molta più soddisfazione, in tutti i sensi, primo perché sei tu che crei i personaggi e li fai agire, poi perché un libro tradotto da te non è mai tuo, è dell’autore. In quanti ricordano il nome del traduttore del loro romanzo preferito?

          

Ti è capitato di tradurre un autore di cui proprio non sopporti lo stile? Facendolo hai poi cambiato idea?

Mi è capitato spesso ma non è una questione di insofferenza, sono un professionista e posso tradurre di tutto senza indentificarmi con il testo, il fatto è che tradurre un romanzo scritto male è molto, ma molto più faticoso che tradurne uno ben scritto. E richiede anche maggior tempo.

         

C’è stato un testo che più ti ha fatto ammattire nel tradurlo? E uno invece che ti ha particolarmente divertito?

Sì alla prima, ma non ne rivelerò il nome nemmeno sotto tortura. Invece ricordo benissimo il romanzo che più mi sono divertito a tradurre, The Taking of Pelham 1-2-3 di John Godey, in italiano Il colpo della metropolitana. Era un gran bel romanzo, tutto ambientato nella metropolitana di New York, da cui hanno tratto due film. Ricordo che per tradurlo decentemente andai alla metropolitana milanese e ottenni di farmi un viaggio completo, andata e ritorno, sulla linea 2 della metro, in cabina con il macchinista che mi spiegò tutto quanto mi occorreva sapere. Ricordo anche un intervento sfortunato dell’editor che cambiò tutti i nomi delle vie in modo piuttosto curioso, da, per esempio, quarantacinquesima strada in 45th strada. Io al caso avrei scelto fra quarantacinquesima strada e 45th street, o tutto inglese o tutto italiano, ma tant’è. Ma la cosa grave è che il tizio probabilmente usò un correttore automatico o non so cosa, sta di fatto che anche cinquantatreesima, quarantaduesima o ventunesima divennero rispettivamente 53th, 42th o 21th invece che 53rd, 42nd o 21st. Agghiacciante. E sulle pagine del libro, come traduttore, c’è solo il mio nome, non quello dello sconosciuto editor.

          

C’è stato qualche romanzo che, traducendolo, hai avuto una gran voglia di aver scritto tu?

A parte il già citato Il colpo della metropolitana, quelli di Stuart Kaminsky.

        

Ti è mai capitato di avere una gran voglia di “aggiustare” qualche passaggio mal scritto?

Se me n’è venuta voglia? Diciamo che spesso sono stato costretto. Ricordo romanzi in cui la stessa azione veniva commessa prima da un personaggio poi da un altro. O un investigatore privato che aveva l’ufficio a volte al secondo piano, a volte al terzo, a volte al quarto all’interno dello stesso romanzo. Ovviamente, senza mai fare un trasloco. Altri che si alzano da poltrone in cui o si sono mai seduti o escono quattro volte dalla stessa stanza senza mai rientrarci. Citazioni in latino sbagliate. Ho l’impressione che in America stiano risparmiando sull’editing, così tocca farlo a noi.

          

Hai avuto modo di contattare gli autori che hai tradotto? Ti sono stati d’aiuto nella resa in italiano?

Sì, per avere chiarimenti sulla trama che si sono poi rivelati molto utili. Diciamo che in genere l’autore è contento del contatto con chi lo traduce - e posso capirlo, sei alle prese con qualcuno che sta prendendo un prodotto della tua anima e ci sta mettendo le mani. È un po’ come parlare con il chirurgo che sta per farti un intervento al cuore.

        

Per finire, qual è il libro (o la serie di libri) di cui vai più fiero di aver curato la traduzione?

Quelli della serie di Lew Fonesca (e non Fonseca, come continua a ripetere il personaggio) di Kaminsky. L’unica cosa che mi ha disturbato era la conseguenza della politica editoriale di inserire di continuo note per spiegare cose che a mio avviso non era necessario spiegare, se il personaggio si beve un Blizzard in una gelateria, che bisogno c’è di distrarre il lettore invitandolo ad andare in fondo al libro per scoprire che Blizzard è un marchio di una catena di gelaterie che, se ricordo bene, indica un tipo di frullato col gelato? È un po’ come spiegare cos’è un Big Mac. Se lo sai bene, se non lo sai, amen, è un romanzo, per dio, non un libro di testo scolastico.

        

Per finire, ricordiamo il link per l’eBook Dossier 636 (Segretissimo n. 1600):

Su UltimaBooks (in formato ePub): http://www.ultimabooks.it/banshee-dossier-636-segretissimo

Su Amazon (in formato Kindle): http://www.amazon.it/Banshee-Dossier-636-Segretissimo-ebook/dp/B00D7S2186/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1373206869&sr=1-1&keywords=dossier+636