Lascia perplessi il titolo del certosino saggio di Roberto Pastore per Lindau. Appare infatti contraddittoria l’associazione "fiction" con "serie poliziesca". E anche se l’autore nel primo, introduttivo, capitolo al mondo della serialità statunitense spiega con dovizia di particolari le diverse suddivisioni delle produzioni televisive, da quella narrativa tra series, serial, miniseries e tv movie al dedalo di sottogeneri che replica quelli cinematografici, l’accostamento al termine generico di fiction non ci convince ancora, soprattutto per l’accezione che di fatto la parola ha assunto nel panorama italiano, assai lontano, per intenti e modalità narrativo-produttive, dal mondo televisivo americano.

Fatta eccezione per questo appunto, il libro si presenta particolarmente accurato dal punto di vista filologico, con una struttura ben delineata in cui Pastore sceglie prima di tutto di descrivere i caratteri della serialità statunitense, puntualizzando alcuni preliminari elementi necessari alla comprensione del fenomeno, e spesso confusi nel linguaggio comune.

Dal secondo capitolo, "Le serie poliziesche negli anni ’50 e ’60", il proposito dell’autore si chiarisce del tutto: l’obiettivo di Sulle strade della fiction non è quello di lanciarsi in analisi tematiche, stilistiche o sociologiche su un nucleo di serie poliziesche. Si tratta piuttosto di una sorta di guida che, pur allontanandosi dalla critica in pillole del dizionario, tenta di orientare il lettore all’interno di un mondo che ha radici anche remote - relativamente, questo è ovvio, alla giovane età della serialità televisiva - di cui diviene interessante scandagliare quell’albero genealogico che ha portato agli exploit dell’ultima, illuminante stagione del poliziesco statunitense, capaci di attrarre verso il mondo televisivo anche gli appassionati del grande schermo.

Il viaggio, insomma, per arrivare alle serie di un nume tutelare del poliziesco come Jerry Bruckheimer è assai lungo e travagliato. Pastore, che forte di una laurea in Scienze Politiche si mostra ferrato nel descrivere le dinamiche economico-produttive in gioco dietro lo show serale delle emittenti americane, parte dai lontani anni Quaranta, in cui le ombre espressioniste del noir cinematografico finivano col riversarsi anche sul piccolo schermo, con serie che recuperavano gli stilemi hard boiled da Grande sonno o Mistero del falco, contando su titoli suggestivi come Mysteries of Chinatown o il programmatico Private Eye.

Passando attraverso gli "Investigatori antieroi" (Cap. 3) come il crepuscolare ma anche ironico Colombo e "I poliziotti delle metropoli"(Cap. 4) che va a cogliere la dimensione essenziale del genere poliziesco, Pastore sottolinea i passaggi chiave nell’evoluzione del genere, capace di ospitare al suo interno anche bizzarri ibridi baciati dal successo : tra questi, nella schiera dei detective edonisti compaiono le tre fanciulle di Charlie’s Angels, fenomeno di costume in cui le logiche dell’indagine poliziesca venivano immancabilmente sacrificate all’appeal della loro immagine.

Da Kojak a Starsky e Hutch, che intrecciano le loro avventure con i panorami di metropoli in pieno mutamento, si arriva a "Gli anni 80 : la metamorfosi", in cui viene giustamente sottolineato come il decennio costituisca per la serialità americana, e il poliziesco in particolare, una nuova frontiera, in cui personalità rilevanti intervengono nella creazione di serial realizzando prodotti assolutamente innovativi, fondativi per una nuova estetica televisiva. È questo il caso di Michael Mann e del suo Miami Vice, la cui immagine viene giustamente riportata sulla copertina del saggio, a testimonianza di quanto le avventure di Sonny Crockett e Rico Tubbs abbiano rivoluzionato il mondo seriale alla luce di quella che Pastore definisce "estetica neobarocca".

Non potendo purtroppo citare tutti i titoli - l’indice delle serie menzionate è assai ampio, così come la bibliografia, molto accurata - è però giusto sottolineare come il saggio di Roberto Pastore si estenda sino ai giorni nostri, con interessanti intuizioni sul panorama attuale del poliziesco volte a recuperare persino serie poco valutate come Blind Justice, inserendole in una appropriata riflessione sulla decadenza dei valori positivi, che vedono molte serie porre al centro delle proprie trame degli antieroi, personaggi moralmente discutibili eletti al posto dei vecchi eroi positivi, che si configura indubbiamente come uno dei dati più interessanti del nuovo detective drama.

Pur non entrando nel vivo dei singoli prodotti, ed è un peccato che non ne abbia la possibilità perché lo sguardo dell’autore sulla materia trattata ci sembra arguto, Sulle strade della fiction si configura come un ottimo testo per chi voglia immergersi nella storia della serialità poliziesca e cerchi una guida capace di fondere acute osservazioni di carattere estetico-narrativo con il dato storico-filologico.

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