Cos’è il post noir? Semplicemente una narrativa appassionante, di tensione che riesce a fare a meno di indagini e detective. La definizione, divenuta di uso comune nel mondo della critica letteraria, è stata coniata dallo scrittore bergamasco (trapiantato a Milano) Raul Montanari che, tra l’altro, è il maggior esponente di questo genere.

Il suo ultimo romanzo Il tempo dell’innocenza (Dalai editore, 2012)  è una di quelle storie che tengono il lettore col fiato sospeso, ma è allo stesso tempo una lucida incursione nei territori proibiti della coscienza umana, laddove i contorni di concetti come morale, giustizia, colpa, assumono sfumature di difficile definizione. Tematiche universali quindi, altamente letterarie, ma trattate all’interno di una storia dai toni forti e dallo svolgimento sincopato che tiene letteralmente “incollati alla pagina”.

  

La vicenda si svolge su due piani temporali e vede il quarantenne Damiano, ai giorni d’oggi, costretto a fare i conti con una vicenda del passato (narrata in un abile gioco di flashback che è diventato quasi un segno distintivo dell’autore) che lo ha visto, da ragazzo, involontario responsabile di un atto di violenza subito da un amico. Damiano, che ha passato la vita a nascondersi dalla vita stessa, quasi annullandosi nel suo rifiuto di ogni tipo di legame con persone, istituzioni, sentimenti, viene improvvisamente catapultato all’interno di un meccanismo perverso che lo porrà di fronte ad una scelta difficile: uccidere una persona che detesta per salvare la vita di una persona che ama.

  

Ancora una volta, il valore aggiunto, nei romanzi di Montanari, è costituito dai suoi personaggi, uomini e donne “reali”, quantomai distanti da ogni possibile caratterizzazione stereotipata propria della narrativa di genere. Ciò consente all’autore di spaziare nei suoi attenti ed efficaci approfondimenti psicologici, e di esplorare, senza il fardello del “politically correct” i meandri più oscuri della natura umana. Un percorso affascinante che, seppur basato su una visione fondamentalmente laica della vita, non tralascia di considerare il rapporto dei personaggi con il concetto di trascendente e di ricorrere, senza mai calcare la mano, a elementi narrativi che incontrano quel “pensiero magico” costituito dall’insieme di fenomeni, sensazioni, suggestioni che possono andare oltre la pura e semplice razionalità umana.

La vera e propria essenza del post noir, quindi, ancor più di Strane cose domani (Baldini e Castaldi Dalai 2010) vincitore del Premio Bari e del Premio Sidereo e finalista allo Strega di due anni fa. Una scelta deliberata dell’autore che non ha mai voluto rinchiudersi in una dimensione di nicchia e ha sempre cercato formule narrative che, oltre a consentirgli di esprimere il proprio talento letterario, potessero incontrare l’apprezzamento di una platea di lettori davvero “trasversale”.