Lavoro originalissimo che unisce il rigore della ricerca al gusto divulgativo tipico della tradizione anglosassone, conditi da uno stile frizzante ed estremamente scorrevole, Storia delle Fiabe di Mauro Smocovich è un libro unico nel suo genere in Italia. Prima d’ora, infatti, non esisteva nessun volume scritto da autorǝ italianǝ che analizzasse una quarantina di fiabe in maniera dettagliata dalle origini agli inizi del ‘900. Se i lavori di traduzione di testi ormai classici di Alison Lurie e Jack Zipes non sono mancati nei progetti editoriali italiani pubblicati negli ultimi vent’anni, la maggior parte degli studi autoctoni pre-esistenti a quello qui in oggetto ‒ si pensi a La vera origine delle fiabe di Paolo Battistel oppure Di cosa parlano i libri per bambini di Giorgia Grilli o ancora a La fiaba come racconto di Beatrice Solinas Donghi ‒ erano circoscritti ad alcune tematiche o fiabe specifiche. Il testo di Smocovich, invece, compie un’analisi dettagliata sull’origine di storie famosissime o quasi dimenticate, guidandoci in un viaggio che è innanzitutto dettato dall’amore per l’affabulazione, quell’arte della gioia e del terrore che il raccontare storie ha sempre rappresentato per ogni artista e creatorǝ di parole.L’amore della parola permea ogni pagina di questo libro, tessuto in un linguaggio apparentemente semplice ma squisitamente letterario, dove l’incanto di quello che si sta raccontando è proporzionale alla magia della lettura: ogni capitolo è un microcosmo a sé stante, che può essere letto indipendentemente dagli altri poiché Smocovich non si limita a procedere per ordine cronologico ma mira a tessere un incanto continuo, dove ogni storia diventi un piccolo segreto che ci cattura svelandosi a poco a poco, quasi come un racconto del mistero, e tuttavia scorrendo fulminea come un lampo o una magia che meraviglia per la sua immediatezza.Con il suo stile fresco niente affatto accademico, accessibile ad ogni tipologia di persona appassionata di lettura e assetata di conoscenza, Smocovich riesce a comunicarci le verità rimosse o nascoste di tante fiabe note quali ad esempio Biancaneve, Cenerentola, Cappuccetto Rosso, costruendo ritratti commossi di personaggi letterari entrati nell’immaginario fiabesco grazie all’intervento di Disney, come il Gobbo di Nôtre Dame, o svelando tratti macabri e controversi di personaggi e storie spesso fraintesǝ come Peter Pan, Pinocchio, la Sirenetta, I Viaggi di Gulliver, o Il Mago di Oz. Soprattutto, investigando l’evoluzione dei personaggi e delle loro vicende nel corso della storia, Smocovich va a ricercare il senso di quel “C’era una volta” nascosto nell’origine di ogni fiaba, ossia il racconto orale popolare, qualcosa di lontanissimo nel tempo e che racchiude le pulsioni e le credenze più primordiali e ataviche del genere umano, attestandone tutta la crudezza e la crudeltà spogliata di ogni etica o senso della misura.Ecco dunque che analizzare le fiabe si trasforma in un atto politico, e Storia delle Fiabe è a tutti gli effetti anche un libro politico, dove ogni capitolo diventa uno spunto di riflessione per affrontare temi quali ad esempio il razzismo contro i neri (Dumbo e gli schiavi; Fratel Coniglietto), l’odio contro gli ebrei (L’Ebreo nel Roveto), l’avversione per il diverso visto come mostruoso (Gonsalvus, Chaperon e i lupi), l’omofobia (Wilde), la lesbofobia (Fantaghirò), ma soprattutto, vero filo rosso che attraversa molte delle storie raccolte nel volume, l’oppressione contro le donne, piegate al volere del patriarcato che nega loro di poter essere ciò che vorrebbero (Liù, ancora Fantaghirò, Bianca come il latte, Un bacio, Strafiabe, Lo Cunto, Ondina, Lara). Temi ingombranti, che non a caso in molte riedizioni anche recenti delle fiabe, soprattutto cinematografiche, vengono rimossi perché non più rispondenti al nostro sentire contemporaneo. Nasconderne la portata però, sembra suggerire Smocovich, è un po’ come cancellare la nostra storia; la loro presenza strisciante nella versione originaria di molte delle fiabe analizzate nel volume può infatti servire come monito, affinché quel “C’era una volta” non diventi un “C’è anche adesso”, un cancellare o togliere la voce a chi non è conforme al modello e agli stereotipi stabiliti dal potere. Quante storie di ingiustizia ed esclusione l’essere umano deve ancora perpetrare perché la violenza insita nei rapporti umani venga debellata e la libertà possa farsi reale? Quante Liù devono morire ancora, quanti Gonsalvus devono essere perseguitati, perché la loro voce permanga nella memoria senza essere soffocata da chi si ostina ad imporre una visione miope e monocroma della storia, dei corpi, e dei pensieri?Infine Storia delle Fiabe è anche un trionfo della narrazione sulle costrizioni della vita e della sua gemella morte: “Morire sarà una grandiosa avventura”, dice l’angelo della morte Peter Pan. Ma vivere, e il suo contraltare magico raccontare, può diventare un modo altrettanto grandioso di esplorare quella straordinaria voglia di avventura e quella curiosità che ci porta continuamente ad elaborare, re-imbastire e rinnovare il regno delle fiabe e quindi della scrittura nelle sue contraddizioni e nelle sue potenziali forme di liberazione.