Sei un insegnante di lettere che si occupa di disegno. Come ritieni che venga percepita l’arte del disegno dalla contemporaneità?

Beh, il disegno è stato a lungo considerato soprattutto come un esercizio indispensabile per forgiare l’artista. Purtroppo fino a poco tempo fa ha assunto e forse ancora oggi assume un ruolo tormentato e ambiguo... In alcuni movimenti come l’astrattismo si è avuta la negazione dell’immagine, mentre per fortuna in altri permane l’esaltazione del disegno e della rappresentazione dettagliata.

Io credo che il disegno sia il punto di partenza per apprezzare un’opera d’arte. Senza il disegno è come se l’opera fosse sprovvista di un suo elemento strutturale, basilare.

Oggi, in un periodo storico in cui i linguaggi dell’arte sono in maniera significativa contagiati dalle nuove tecnologie e dalla multimedialità, il disegno non sembra aver perso il proprio fascino, anzi, credo che abbia saputo rafforzare il suo spessore e i suoi contenuti.

Il disegno nelle sue poliedriche sfaccettature, come visione poetica, schizzo di una realtà o di un progetto che coinvolga arte visiva, architettura, cinema e teatro, resiste alle minacce della tecnologia.

Sebbene qualcuno ancora sottovaluti il disegno, considerandolo un’arte di serie B, io sono convinto che esso abbia meritatamente conquistato il posto che gli compete tra tutte le altre forme di arte visiva. Ad esempio a me non piacciono le cosiddette secchiate di colore sulle tele… Credo che la vera opera d’arte non possa prescindere dal disegno che rappresenta una pratica artistica unica per la sua irripetibile immediatezza nell’osservazione.

Con quali materiali e con quali tecniche disegni?

Ho realizzato disegni su supporto cartaceo da spolvero, molto duttile e versatile in rapporto ai vari materiali e strumenti. Ho utilizzato la grafite e il carboncino, che può essere sfumato facilmente, anche con le dita, dando degli effetti chiaroscurali sorprendenti. Mi sono divertito a disegnare anche con il gesso che dà un effetto estremamente suggestivo. Anche con l’inchiostro di china ho realizzato dei lavori con una forte carica espressiva.

Voglio cimentarmi con le tecniche più disparate e in questo periodo sto disegnando costantemente.

Mi piace a tal proposito una frase del mitico pittore greco Apelle che, per sottolineare l’importanza del disegno come pratica quotidiana dell’artista, diceva: “Non fate passare neanche un giorno senza tracciare una linea”.

“Il martirio di San Bartolomeo” è una copia da un originale di Jusepe De Ribera. Quanto conta l’atto del copiare le opere maestre, nell’apprendimento e nel consolidamento della propria espressione artistica?

La regola basilare per chi voglia imparare a disegnare bene è copiare. Ma come sempre succede nella vita, nulla è semplice e di facile messa in pratica, perché anche il copiare richiede di seguire una chiara disciplina.

L’esercizio del copiare è importante per studiare come riportare una immagine sul foglio. Inoltre ha

lo scopo di rendere più verosimili e validi i disegni.

Si può copiare dal vero, da una foto o da un altro disegno: tutte le immagini sono buone per imparare a disegnare, perché ritraendole si imprime nella memoria la struttura delle forme e soprattutto si allena l' occhio a vedere quelle forme che si devono poi saper ripetere disegnandole.

Copiare dal vero, quindi, ma copiare anche da altri disegni, meglio se realizzati da Maestri. In questo modo è possibile imparare innumerevoli trucchi e nozioni, si apprendono tecniche e soluzioni che rimarranno facilmente nella memoria e faranno parte indelebile del nostro stile.

Voglio sottolineare però che il copiare non deve essere un esercizio per copiare sempre meglio, ma piuttosto un esercizio per riuscire a disegnare bene. Insomma, vedo l’esercizio del copiare come una grande palestra del disegno.

Quali sono i tuoi artisti di riferimento?

L’elenco dei miei artisti di riferimento sarebbe lungo.. Ti dico che adoro i classici. Sono loro che mi hanno ispirato. Dei contemporanei stimo molto Omar Galliani perché credo che sia uno dei pochi artisti che si esprime con un linguaggio artistico significativo e comprensibile. Inoltre è riuscito a portare l'uso della matita e della grafite a livelli di alta qualità, sia sul piano della tecnica che del contenuto. Inoltre apprezzo molto Milo Manara, noto fumettista italiano, per la carica sensuale e seducente dei suoi disegni. Credo infine che il disegnatore più grande di tutti i tempi sia Leonardo: con pochi tratteggi e delle linee accennate, quasi latitanti è riuscito a creare un autoritratto che sembra parlarci..

Se tu potessi esprimere un desiderio ed incontrarti con un artista del passato, quale sceglieresti? Cosa gli diresti?

Sceglierei senz’altro Leonardo Da Vinci e, dopo essermi complimentato per le sue opere, gli direi: “Senti Leonardo, so che vuoi donare la Gioconda al re di Francia Francesco I come segno di gratitudine per l’ospitalità ricevuta… Potrei ospitarti io?”

Le tue immagini femminili hanno una forte carica seducente. Da dove sei partito, tecnicamente parlando?

I miei soggetti femminili emergono timidamente dal foglio e si concedono alla luce, nell'intensità dei loro sguardi, ritratti in un attimo di silenzio che percorre l'interiorità del loro animo, come scolpiti a colpi di carboncino.

Marilyn
Marilyn
Quando disegno, voglio che le figure femminili siano connotate da una forza espressiva dinamica, magnetica e affascinante. Mi piace tanto disegnare al meglio lo sguardo colto in un attimo eterno che sprigiona luce e sensualità. Gli occhi sono la parte del disegno che polarizza subito l’attenzione dell’osservatore e per questo, nei miei disegni, cerco di renderli al meglio perché riescono a trasmettere grandi emozioni, come se volessero parlare e uscire fuori dal foglio!

Il carboncino si presta bene a tale gioco, grazie al contrasto di luci e ombre, di chiaro e scuro. In questo senso, l’omaggio a Marilyn per me è stato un risultato soddisfacente.

Come esprimi il dolore, nelle tue opere?

Bella domanda! Il disegno tende a cogliere anche le sfaccettature del complesso, quanto oscuro e a volte incomprensibile, universo del dolore. Il mio primo disegno (parliamo di circa 17 anni fa) è stato appunto una scena di dolore..

Ho disegnato una copia di una scena apocalittica medievale (che si intitola, appunto, "Scena apocalittica" ed è di un anonimo) che raffigura il dolore per antonomasia: si vede in primo piano un uomo medievale incappucciato e con il viso corrugato dal tempo e dalle sofferenze. Il suo cappuccio diventa una montagnetta sulla quale passano a cavallo due cavalieri che tengono legato uno schiavo in sella a un altro cavallo. Il loro passaggio genera un polverone che si confonde con i capelli di una donna che piange perché sta per essere sfigurata da una creatura fantastica il cui perfido braccio viene fuori dalle nuvole che si confondono con i capelli della giovane.

Scena apocalittica
Scena apocalittica
Le scene apocalittiche e macabre mi attirano tanto, forse perché il disegno ha non solo la capacità di rappresentare le emozioni, ma anche di suscitarle. Una scena forte, se ben rappresentata attira lo sguardo dell’osservatore ed è in grado di comunicargli qualcosa con grande immediatezza.

Pensa, il disegno di cui ti parlo è stato il primo che ho incorniciato, quando frequentavo il liceo. All’epoca disegnavo utilizzando una sola tecnica: l’inchiostro di china.

Hai appena concluso una mostra. Cosa significa organizzare un evento del genere?

La mostra è stata realizzata in un locale (La Piazza) situato in Piazza dei Mestieri a Torino. La parte organizzativa è stata divertente e poco impegnativa per me. Si è trattato di una mostra collettiva (eravamo in cinque) e, in gran parte, il lavoro organizzativo è stato svolto dalla mia maestra: Franca Valeria Oliveri, una pittrice di grande spessore e professionalità che mi ha seguito per tutto l’anno, durante il corso di disegno e pittura che ha tenuto qui a Torino. Una persona formidabile tanto dal punto di vista artistico quanto da quello umano e per questo è stato stimolante essere l’allievo di un talento!

Il momento più bello dell’organizzazione è stato l’allestimento: decidere dove posizionare i quadri, appenderli e vederli esposti mi ha sinceramente emozionato.

Ci racconti qualche aneddoto da dietro le quinte?

Il dietro le quinte di questa mostra è stato divertente: abbiamo collaborato alla realizzazione del vernissage in allegria e in un clima di serenità. Per fortuna non ci sono stati intoppi o incidenti di percorso e tutto è filato liscio fino alla fine.

Per l’inaugurazione erano presenti più di cinquanta persone che si sono intrattenute dal tardo pomeriggio fino alla sera. Il locale in cui è stata allestita la mostra è una grande sala all’interno di un bel pub: i visitatori hanno potuto quindi godersi il vernissage sorseggiando un bicchiere di buon vino. L’inaugurazione della mostra è stata piacevole e per tutta la serata mi sono intrattenuto con quanti mi porgevano domande e commentavano le opere. Una bella esperienza che spero si ripeterà il prossimo anno!

Progetti?

Il mio progetto è disegnare e disegnare ancora! Il mio sogno sarebbe quello di riuscire a creare un Grafic novel… sono un amante del genere. Ciò mi permetterebbe di far sposare l’amore per la scrittura con quello per il disegno. Per questo genere, i miei artisti di riferimento sono senz’altro Art Spiegelman e Will Eisner. Per raggiungere i loro livelli occorre studiare tanto.. è quello che farò!