Sei il più giovane direttore editoriale italiano, frequenti infatti l’ultimo anno di liceo. Come fai a conciliare scuola e lavoro?

Sì, frequento l’ultimo anno di Liceo Scientifico. Riesco a conciliare lo studio e l’editoria grazie ad una buona organizzazione e pianificazione delle mie giornate.

Come è nata la casa editrice Historica edizioni? Con quali mezzi è partita?

L’esperienza di Historica è la dimostrazione che in Italia, nonostante tutto, è ancora possibile creare una realtà imprenditoriale e culturale, per quanto ancora piccola, da zero. Historica è nata inizialmente come un’e-magazine fruibile gratuitamente per poi trasformarsi in rivista cartacea (con Il Foglio letterario di Gordiano Lupi) e in casa editrice. Siamo partiti senza nessun mezzo, pagando la fattura della tipografia e tutte le spese del primo libro con le vendite, avvenute principalmente online e ripetendo questo meccanismo per i primi quattro-cinque libri fino a mettere da parte un piccolo capitale da rinvestire.

Nella presentazione del sito si legge: «Non siamo un editore a pagamento, non millantiamo chissà quali servizi e una distribuzione nazionale, non inganniamo autori esordienti. Vogliamo essere chiari fin da subito. Siamo una casa editrice indipendente senza padroni sia finanziari che editoriali, estranei alle logiche di mercato. Attraverso il nostro lavoro cerchiamo di diffondere opere di autori dimenticati dalla critica ma di grande spessore letterario, siamo con la piccola e media editoria, siamo per la piccola e media editoria di qualità e di progetto.» Quali sono le energie imprescindibili e le abilità necessarie per restare appunto indipendenti?

Per rimanere indipendenti occorre innanzitutto una grande forza intellettuale e culturale. Le tentazioni di cedere la propria indipendenza editoriale di fronte a laute proposte economiche è spesso molto forte ma bisogna avere il coraggio, prima di tutto verso i propri lettori, di non cedere a favori, sotterfugi, richieste velate e di mantenere uno spirito critico imprescindibile per chi abbia la pretesa di fare editoria.

Ci fai un esempio di cosa occorre?

Occorre tanto tempo e buona volontà, oggi è possibile gestire una casa editrice dalla propria scrivania con un computer e coordinare uno staff creando una redazione virtuale, ma ciò non è ovviamente sufficiente, è necessario farsi conoscere partecipando a fiere, organizzando presentazioni, eventi, serate, solo così i lettori inizieranno a conoscere la casa editrice.

Perché la scelta di questo nome?

Il nome di una casa editrice rispecchia gli interessi, le passioni e i riferimenti culturali del suo fondatore. Io sono un grande amante della storia e della tradizione culturale e letteraria del nostro paese. Dobbiamo essere orgogliosi di discendere da una grande civiltà come quella romana ed essere consapevoli del fatto che quotidianamente utilizziamo una delle lingue più prestigiose e ricche del mondo. Abiurare le proprie origini è, prima di tutto, un crimine contro noi stessi, queste origini vanno conosciute, studiate ed interiorizzate. La tradizione e la lingua latina devono far parte del nostro bagaglio culturale. Il nome Historica deriva infatti dal latino Historicus (storico, attinente alla storia), Ovidio parlava di “Historica fides” per riferirsi alle verità storiche. Non abbiamo la pretesa di proporre verità con i nostri libri, ma la consapevolezza di offrire storie.

Adesso concentriamoci su di te. Sei un caso più unico che raro nel panorama editoriale italiano (e non solo italiano): un giovanissimo, classe 1992 che, ancor prima di diventare maggiorenne era già direttore di una casa editrice e aveva già scritto il suo primo romanzo. Quello che ci si immagina, dall’esterno, è che ti spingano una grande passione e una grande competenza. Approfondiamo meglio le origini e la formazione?

La formazione è ancora in corso, frequento infatti il quinto anno di Liceo Scientifico. La stragrande maggioranza delle cose che ho imparato, ancora poche in verità, sono frutto di uno studio e di una ricerca individuale e non scolastica. Inutile fare in questa sede una critica alla scuola italiana, la condizione del nostro sistema scolastico è sotto gli occhi di tutti. Credo che chi voglia aprire una casa editrice, indipendentemente dall’età e dal percorso formativo che ha intrapreso, debba non solo conoscere ma anche interiorizzare la storia dei grandi editori, per lo meno italiani, a partire dal primo grande editore del nostro paese, Aldo Manuzio fino a Roberto Calasso. Un testo interessante per conoscere a grandi linee l’editoria dal dopoguerra ad oggi è la “Storia dell’editoria letteraria in Italia. 1945 - 2003” del Ferretti. Le biografie degli editori che ho studiato più volentieri sono state quelle di Bompiani e Longanesi anche se un ruolo culturale di rilievo l’ha avuto l’imprenditore Angelo Rizzoli che ha saputo affidare la cura della sua casa editrice a persone competenti. Mi viene in mente per esempio la Collana Bur, vero e proprio riferimento per la diffusione della cultura nelle case degli italiani a partire dal dopoguerra (consiglio, a questo proposito, il testo di Oliviero Diliberto edito dall’interessante casa editrice marchigiana Bilblohaus “Nostalgia del grigio. 60 anni di Bur).

Una grande soddisfazione e una difficoltà del tuo lavoro.

La più grande soddisfazione è quella di vedere i propri libri circolare, essere letti e apprezzati. Un’altra bella soddisfazione è il riconoscimento da parte dei lettori della casa editrice. Le difficoltà principali sono due, quelle legate al bilancio e la distribuzione. Per la distribuzione stiamo cercando di porre rimedio sviluppando circuiti alternativi di diffusione dei libri, per quel che concerne la contabilità purtroppo indipendenza e floridezza del bilancio sono difficilmente conciliabili.

Com’è la situazione, in Italia, per la piccola e media editoria?

Non delle migliori. Il discorso, in realtà, è molto complesso. I piccoli e medi editori, che sono la stragrande maggioranza, occupano una fetta di mercato più o meno pari a quella dei 4-5 maggiori gruppi editoriali. Ciò significa che 3000-4000 editori hanno le stesse vendite di 4-5 gruppi editoriali, c’è un’evidente discrepanza in fatto di visibilità, promozione e, soprattutto, distribuzione. Purtroppo in Italia le grandi catene libraie sono controllate da editori e questo fatto, che genera un evidente conflitto di interessi, tende a privilegiare determinati libri (quelli dei grandi editori), a discapito di altri (quelli dei medio-piccoli). Se i piccoli editori riuscissero ad avere un’adeguata distribuzione molti dei loro problemi sarebbero superati.

I titoli in catalogo spaziano dalla narrativa ad altri generi. Gli autori sono molti, ti chiediamo ugualmente di darci qualche ragguaglio sulle ultime uscite.

É nata da pochi mesi una collana internazionale che ci sta dando grandi soddisfazioni, parlo di “Cahier di viaggio”, diretta da Francesca Mazzucato che ha anche scritto il primo libro “Romanza di Zurigo”.

Per questa collana sono usciti, oltre al libro della Mazzucato, altri tre libri, due petit cahier (diramazione della collana) che sono “Sogno di Skopje” di Biljana Petrova e “Frames” del fonico bolognese Graziano Cernoia e un cahier vero e proprio “Metro Milano” del giornalista Paolo Melissi, tutte le informazioni le trovate sul blog della collana: http://cahierdiviaggio.blogspot.com. Inoltre per la collana di narrativa è uscito da poco un libro di Enrico Gregori, “Le mille facce della morte”, che sono sicuro ci regalerà molte soddisfazioni. Tra pochi mesi inoltre uscirà il nuovo libro di Laura Costantini e Loredana Falcone, “Fiume pagano”, un testo su cui puntiamo tantissimo e in cui riponiamo grandi aspettative.

Un vostro libro che è un omaggio alla fantasia

“Touch and splat” di Alessandro Cascio, un libro che sembra un film di Quentin Tarantino e Sergio Leone, pubblicato con una prefazione di Ernesto Gastaldi che fu sceneggiatore proprio di Sergio Leone. “Touch and Splat” (collana short cuts www.collanashortcuts.com) è la storia di un gruppo di ragazzi che si incontra finito il college in uno scenario western per fare un gioco: il touch and splat con fucili che dovrebbero essere caricati a vernice, in realtà…

Adesso respirate lentamente: Quella rabbia non vi porterà nulla di buono se non ve ne libererete in fretta. Le strade infinite del deserto danno la sensazione che prima o poi cadrai in un burrone perché tutto ha una fine o per lo meno, tutto ha una lieve interruzione. Il Touch and Splat si fa con amici, quelli che non vedi spesso perché durante la vita quotidiana non puoi ucciderli e allora semplicemente li eviti.

Il libro più spiritoso

Il libro più spiritoso che abbiamo in catalogo è sicuramente “Vivere Adagio”. L’autore, Francesco Dell’Olio, giunto con Vivere adagio alla sua seconda produzione narrativa dopo “Un angelo seduto tra i rifiuti e altre piccole storie quotidiane” (Il Foglio), riprende la tradizione letteraria umoristica italiana di Achille Campanile, con un romanzo breve, corredato anche da illustrazioni, agile, divertente e ben scritto.

Vivere adagio è la storia di un ragazzo, giovane scrittore esordiente, che pubblica un libro con una piccola casa editrice, la Nihil Edizioni, la quale “mi spedisce cinquanta copie del libro, pubblicizza il volume sul proprio sito internet per una settimana e invia una newsletter agli iscritti.

Qua si arrestano tutti gli sforzi per propormi al grande pubblico: con quello che ho pagato di più proprio non riescono a fare. Il grande pubblico perciò è ignaro dell’esistenza della mia opera. Il piccolo pubblico della microscopica casa editrice, invece, ne è a conoscenza. Ecco così che incappo nella piccola Maria Soledad, facente parte del piccolo pubblico suddetto”. Maria Soledad si dimostra interessata al libro e soprattutto al suo autore, nasce così tra i due una fitta corrispondenza via mail e via chat, tanto che il giovane scrittore decide di conoscere la ragazza. Il racconto narra l’esilarante viaggio in auto fino a Como e l’incontro tra i due giovani, con un colpo di scena che sovverte gli equilibri fin lì creatisi, cui seguirà un ulteriore colpo di scena che chiuderà la storia e che non svelo per ovvi motivi.

Quello che fa più riflettere

“Diario di melassa” di Maria Giovanna Luini, un testo che tratta argomenti molto delicati quali il disturbo alimentare e l’abuso minorile. Un minuscolo appartamento in periferia in una casa spoglia con un prato triste: Marcella ha deciso di rifugiarsi lì a scrivere.

Nel silenzio di una stanza racconta a frammenti una parte della propria vita: l'infanzia riempita di solitudine e traumi oscuri, il disturbo alimentare che nessuno (neanche la psichiatra) voleva riconoscere, i successi, la rinascita. Il diario si sviluppa a frammenti con ricordi messi insieme nell'unica visione che ci è concessa avere, quella di chi lo scrive. Nella stanza di Marcella c'è proprio tutto, ma non esiste cibo. "Perché il cibo è il mio abbraccio, per questo vado a peso". Nelle pieghe della vita apparentemente realizzata di una donna si nascondono segreti: la violenza, la solitudine di scelte sbagliate e, sopra tutto, il cibo. Che è maledizione e sollievo, piaga evidente ma riconosciuta. Fino alla salvezza di una casa anonima in cui scrivere.

Quello che avreste voluto pubblicare

Ci sono tanti autori contemporanei che vorremmo pubblicare, preferisco per il momento non fare nomi, noi continuiamo a lavorare con serietà e sono sicuro che prima o poi riusciremo a pubblicare questi autori infatti non è vero che nel panorama letterario italiano contemporaneo non ci sono scrittori validi, molti pubblicano per piccole e medie case editrici ma ci sono anche nella grande editoria.

Quanti manoscritti ricevete all’anno?

In media riceviamo 4-5 manoscritti a settimana anche se, a onor del vero, molti li cestiniamo subito dopo aver letto di che si tratta. Spesso infatti sono libri di poesia, fantasy, testi per bambini che non potrebbero rientrare in nessuna delle nostre collane. Molti autori inviano i loro lavori senza conoscere le case editrici a cui spediscono il materiale, grazie alle e-mail infatti non ci sono costi di spedizioni e, mi immagino il ragionamento di un aspirante scrittore, tentar non nuoce. In realtà non c’è cosa più sbagliata. In primis perché così si ottiene solo il risultato di intasare le caselle di posta elettronica degli editori con lavori che non hanno la minima possibilità di essere pubblicati, in secondo luogo perché gli autori non possono prendere che un loro testo sia pubblicato se non conoscono nemmeno il catalogo di un editore. In realtà molti autori, specie nei forum, si lamentano di ricevere solo rifiuti o proposte di pubblicazione a pagamento, ma molti si meritano solo risposte di questo tipo. Prima di inviare un lavoro ad un editore bisogna, per lo meno, avere letto quattro-cinque titoli del suo catalogo, essersi informati, conoscerlo e dimostrarlo nel momento in cui si invia il proprio manoscritto.

Quanti di questi vengono pubblicati?

Se un piccolo editore ha la pretesa di fare un certo tipo di editoria, come l’abbiamo noi, non può pubblicare decine di novità al mese, occorre fare una selezione seria ed accurata, specie nella narrativa. Ciò che molti autori non capiscono è che pubblicare un libro con un piccolo editore (il discorso vale comunque per l’editoria in generale), comporta un ingente impegno da parte dell’autore stesso per promuovere, diffondere e far circolare il suo libro. Il lavoro dell’editore, per quanto imprescindibile, spesso se non supportato dall’autore non è infatti sufficiente. La selezione accurata che attuiamo prima di pubblicare un nuovo libro è legittimata anche dal fatto che ogni titolo si inserisce in una realtà più ampia che è il catalogo della casa editrice. Il nostro obiettivo primario è infatti quello di creare un catalogo di qualità, ben definito e riconoscibile. Il catalogo è tutto, gli editori che l’hanno intuito, nel bene e nel male, hanno costruito case editrici che sono durate nel tempo ed hanno esercitato un contributo culturale immenso. Mi viene in mente, per citarne uno, Vanni Scheiwiller, che creò una casa editrice vivissima dal punto di vista culturale con un catalogo di livello straordinario e vastissimo, oltre tremila titoli suddivisi in quarantaquattro collane, il tutto unito da un progetto preciso e ben definito.

Date risposta comunque, anche se negativa?

In linea di massima sì.

Progetti?

Tanti, molti in fase di sviluppo altri ancora da studiare e concretizzare. Purtroppo la loro realizzazione è osteggiata da due fattori non secondari quali il tempo e il denaro. Il primo nel bene o male può essere superato da una buona organizzazione delle proprie giornate mentre il secondo rappresenta un serio e tangibile ostacolo. Ci ricolleghiamo alla seconda domanda, per essere indipendenti non si può ricorrere ad un finanziatore, a meno che sia una persona di grande valore che investe il proprio capitale in cultura senza nessun secondo fine. Purtroppo di imprenditori di questo genere ne esistono davvero pochi, un giorno però spero di incontrarne uno, in fondo gli editori sono degli utopici con i piedi per terra, e non dite che è un ossimoro.

Ci saluti con una citazione da “GIOVINEZZA, Partitura per mandolino e canto”, il tuo primo romanzo, un’intervista a tuo nonno sul fascismo e la seconda guerra mondiale, romanzo che hai scritto a 13 anni e pubblicato due anni dopo?

-Nonno, allora come promesso, mi racconti di quando eri ragazzo durante il fascismo?

-Cosa vuoi sapere?

-Il più possibile!

Sapevo che il vecchio maestro era restio ma che non poteva dire di no a suo nipote.

Come tutti gli insegnanti era sempre stato orgoglioso di trasmettere le cose che sapeva ai ragazzi, figuriamoci a me.

-Allora fai delle domande!

Un bel sorriso gli illuminò il volto e questo mi diede ancora più fiducia.