Sei editor per Fandango. Ma hai lavorato anche per Neri Pozza e Fazi. Ci racconti i passaggi fondamentali della tua carriera?

Fondamentali, più che i passaggi, sono stati gli incontri, innamoramenti lavorativi rapidi e fulminanti che hanno reso impagabile anche un mese di apprendistato. Quando ho iniziato a lavorare per la narrativa italiana, leggendo pile di manoscritti per Fazi, sapevo che quello era esattamente ciò che avrei voluto fare, a patto però di allenare il corpo e la mente con metodo e scrupolosità: Manuela La Ferla mi ha insegnato la disciplina, Simone Caltabellota a canalizzare l’energia, Massimiliano Governi la piena convergenza, dunque a ragionare con la pancia e a sentire con la testa. Da lì in poi è stato un lavoro di gambe, perché poi a incontri sono seguiti altri incontri, però quella tonicità iniziale ti aiuta a evitare brutti crampi e strappi nel percorso.

Se tu dovessi condensare la definizione del mestiere di editor in pochissime parole, cosa scriveresti?

Rabdomanzia più falegnameria.

E per quanto riguarda quello di scrittore?

Dono più necessità.

Cosa consiglieresti a chi volesse tentare il mestiere dell’editor? Quali sono le conoscenze imprescindibili e le abilità necessarie?

Io penso sempre che sia il pensiero magico a indicarmi cosa fare. Perché in genere vado a orecchio, seguo un ritmo tutto interiore che non ha alcun nesso, non evidente almeno. Però leggere. Direi che leggere, farsi rapire, affondare i piedi dall’altra parte siano in potenza le doti da mettere a frutto.

Tra i libri di cui ti sei occupata come editor, ti chiediamo di nominarci quello più ironico.

Pornoromantica di Carolina Cutolo. Un libro divertente che gioca con gli stereotipi per ribaltarli tirando fuori il succo del vero romanticismo, ma anche un’acuta riflessione sulle ragioni dei sentimenti.

Quello che più induce alla malinconia.

Straniera di Hélène Visconti. Un romanzo lungo una vita, quella dell’autrice, che ripercorre con una scrittura storta, stratificata dalle mille esperienze, visiva ed elegiaca insieme, il suo difficile cammino alla ricerca di un paese che renda ufficiale la sua cittadinanza. Un libro poetico, autentico e sincero.

L’ultimo a cui hai lavorato.

Come ho perso la guerra di Filippo Bologna, una magistrale impresa a metà tra l’epica cavalleresca e il romanzo di formazione in cui toni e registri si sovrappongono senza mai coprirsi, in una lingua impastata di colori e di voci, tanto evocativa quanto reale e terrigna.

Un libro che avresti scelto come editor e cui ti sarebbe piaciuto lavorare.

I nove racconti di Salinger.

Non avrei avuto assolutamente niente da fare.

Tre caratteristiche di un manoscritto che ti incuriosiscono.

Minimalismo della lettera di presentazione, titolo del primo capitolo, riferimenti della scrittura.

Tre caratteristiche che ti fanno chiudere e rifiutare il manoscritto.

Una sinossi di cinque pagine che si articola per capitoli, la morte del narratore che attacca a raccontare a partire dalla sua scomparsa, un dialogo serrato ma un po’ cabarettistico.

C’è un genere in cui più si cimentano gli esordienti?

Sì, il non-genere. É per questo che vince chi osa di più.

Un consiglio tecnico e uno teorico per gli esordienti.

Non mandate mai testi incompiuti, di cui siete sicuri per metà o dei quali non avete ancora capito la direzione. Potrebbe danneggiarvi perché l’etichetta di “manoscrittaro”, di colui cioè che tenta e ritenta mandando selvaggiamente tutta la sua intera produzione, resta per un po’.

E poi leggete, leggete, leggete.

 

Com’è la situazione dell’editoria, in Italia, oggi? C’è chi dice che non è vero che la crisi abbia colpito così drasticamente anche il settore editoriale. Sei d’accordo?

Vero o no, ci sono grandi limiti strutturali che impediscono all’editoria italiana di procedere come dovrebbe. Limiti non molto legati, però, all’indifferenza della nostra editoria per la narrativa letteraria, come sostiene lo scrittore americano Eli Gottlieb in un articolo del Sole 24 ore. La narrativa letteraria si pubblica, si promuove, si tenta di farla passare a ogni costo. Forse non vende come tutti ci aspetteremmo, ma questo è il nodo cruciale al quale accennavo prima.

 

Cosa ne pensi della pubblicazione, da parte di grandi case editrici, di libri commerciali firmati da soubrette, calciatori, ex concorrenti del Grande Fratello?

Che non è narrativa letteraria, ma va bene lo stesso.

Progetti?

Tanti ma non si dicono.

Ci saluti con una citazione cui ogni tanto ti piace pensare?

“Se un uomo non va al passo con i compagni, non può essere che senta il suono di un’altra marcia?”. Ovviamente per me è un augurio.