Sei autore di noir, saggista, impiegato, critico cinematografico. Se tu potessi scegliere faresti una parte  o una sola di queste attività? Quale/i?

Dico scrittore, ma senza distinzioni tra romanziere e saggista, perché scrivere è un modo di esprimermi che sento di avere dentro. Mi piace raccontare storie, talvolta le mie, nei racconti e nei romanzi che firmo, ma spesso anche interagire con quelle altrui, come critico, mi regala lo stesso senso di piacere. Non è un mestiere, purtroppo, ma probabilmente la prima vera scelta sarebbe il lettore. Se non amassi così tanto leggere non credo che avrei mai cominciato seriamente a scrivere. Purtroppo ci sono i conti da pagare, le bollette, le spese, e quindi una persona raramente può seguire l'istinto e fare ciò che vorrebbe.

Aver svolto mestieri differenti arricchisce il patrimonio umano individuale. Pensi che sia necessaria una sensibilità particolare per cogliere questo patrimonio? Qual è la sensibilità peculiare dello scrittore?

La sensibilità dello scrittore, secondo me, parte dall'occhio disincantato con cui registra i fatti che vive. Ma è un occhio al tempo stesso partecipe, che rilegge, che rielabora, e che si trova automaticamente a costruire storie attorno a ciò che vede in prima persona. Non so se sia necessaria una sensibilità particolare, di sicuro occorre molta attenzione. Oggi che andiamo così tanto di fretta, fermarsi a osservare un dettaglio, un particolare, richia di essere un lusso. Per lo scrittore, secondo me, quel lusso è un bisogno reale e concreto.

“La Milano d'acqua e sabbia” (Frilli, 2009), il titolo è collegato all'ideogramma cinese per «cemento», che racchiude la parole «acqua» e «sabbia». Questo riferimento a un idioma straniero è un voluto richiamo alla multietnicità cui Milano si rifiuta di incastrarsi?

Sicuramente nei miei libri, questo che è stato pubblicato e quelli che seguiranno, l'anima multietnica di Milano è un fattore chiave. Dietro alla scelta dell'ideogramma cinese c'è anche la voglia di omaggiare una cultura e una storia che da critico cinematografico ho avuto modo di approfondire e di apprezzare.

Quando sono stato a Pechino ho visto palazzi demoliti in un giorno e il giorno dopo crescere di piano in piano, a ritmi che qui non immaginiamo. Per costruire una torre di quindici piani a Milano ci vogliono non meno di tre anni, se tutto va bene. In Cina il ritmo è di un piano al giorno. L'omaggio non è quindi solo alla cultura, ma anche un riferimento al loro modo di concepire il cemento e l'edilizia, addirittura più esasperato di quello occidentale, che generalmente pensiamo sia l'unico modello di paragone.

In pochissime parole, qual è lo shining di Milano?

Dazieri dice che amava Milano e che oggi è diventata freddissima. Ha ragione. Anch'io, nato e cresciuto in questa città, vedo che il suo shining sta calando, si sta trasformando, e non sempre il risultato è quello che io spero. Aldilà dei luoghi comuni facili – il lavoro, i servizi, il divertimento, i soldi – Milano brilla in modo sincero soprattutto in alcune piccole cose: nella fragilità delle persone distaccate che aspettano con ansia che qualcuno rivolga loro la parola; nell'integrazione, là dove è riuscita, di culture differenti; nella varietà e nella ricchezza che, spesso celati dalla maschera dell'ipocrisia borghese, riescono comunque a ritagliarsi degli spazi unici, soprattutto in periferia. Milano va scoperta poco per volta; vista nell'insieme fa paura e forse anche schifo, ma se si comincia a scavare dagli angoli a volte si viene ricompensati.

Gianluca Fedeli è un poliziotto atipico perché “si lascia vivere”. É un trentenne milanese dotato di un discreto fascino rapportato sapientemente ad un’altrettanto discreta antipatia. Mi ha colpito il fatto che  sia un po’ mammone. Anche tu sei così?

Lo ero tempo fa, come molti miei coetanei. Fedeli ha tanti aspetti di me, soprattutto i difetti, è un modo per psicanalizzarmi e per fare un esame di coscienza (senza dover pagare uno specialista). È un personaggio controverso in tutto, questa almeno era la mia intenzione: di buon cuore ma un po' suppontente, capace e a volte goffo, solare e tendente alla depressione, fisicamente forte ma afflitto da emicranie e insonnie. Nei rapporti con le donne, con gli amici, con i colleghi, è ugualmente una contraddizione. E quale trentenne di città non ha un forte legame di amore-odio con i genitori? Ammetto che, nel rapporto con la madre, ho cercato di superare il classico cliché del poliziotto tutto d'un pezzo, che vive il lavoro come una missione. Nell'immagine che ho di lui Fedeli vuole essere, fondamentalmente, una persona comune.

Perché la scelta di questo nome (ma soprattutto di questo cognome) per il tuo personaggio?

Scelgo i nomi pescando da personaggi o luoghi veri – Dal Verme è un famoso teatro di Milano, per esempio –, dagli amici, dai colleghi, a cui rubo a volte spiccioli di identità. Gianluca è un nome semplice, comune, andava bene per un personaggio che non doveva distinguersi. Fedeli è invece il sinonimo di Devoti, che è il mio cognome materno. Anche questo è un omaggio.

Se il titolo non fosse stato “La Milano d'acqua e sabbia”, quale sarebbe il titolo alternativo?

Il titolo di lavorazione era terribile… Il cemento non perdona. Poi, una volta finito il libro, ho pensato che potevo fare di meglio e sono arrivato ad Acqua e sabbia, elaborando l'ideogramma e recuperando una frase che pronuncia, nel finale, uno dei personaggi in un momento di tensione. Quando Marco Frilli mi ha contattato per dirmi che erano interessati a pubblicarlo mi ha suggerito di inserire Milano nel titolo, per identificare meglio il romanzo con i suoi luoghi. L'idea di essere inserito nella schiera dei giallisti milanesi mi ha lusingato. La nostra tradizione è anche il miglior biglietto da visita, da De Angelis a Scerbanenco, a Pinketts e Biondillo. Prima o poi sarebbe un onore essere ricordato, anche solo in una nota a margine, vicino ai loro nomi.

La Milano d'acqua e sabbia è il tuo romanzo d’esordio. É stato difficile pubblicare? Come ti sei orientato, a chi hai spedito il manoscritto?

Sono stato molto fortunato. Una volta concluso il romanzo ho preparato dieci manoscritti. Ho deciso di «volare basso», sapevo che muovendomi da solo non sarei arrivato a Mondadori o Einaudi al primo colpo, e sicuramente ne ho di strada da fare prima di poter puntare così in alto. Ho spedito il manoscritto a quegli editori i cui libri, da lettore, mi sono piaciuti: Frilli, Eclissi, Meridiano Zero, Mursia, Dario Flaccovio, e così via. Ho riservato il colpo a sorpresa a Fazi e Newton Compton, pur sapendo di avere poche possibilità. Frilli mi ha richiamato dopo una settimana, ero pronto a trepidare per mesi, e siamo subito giunti a un accordo. Successivamente ho ricevuto altre due proposte, il che mi ha lusingato. Posso dire che, anche nei rifiuti, ho sempre trovato grande cortesia e professionalità. Il mondo della piccola editoria riserva belle sorprese anche da questo punto di vista. Ho ricevuto tre rifiuti, come ti ho anticipato, ma non sono stati troppo dolorosi perché sono arrivati dopo aver già firmato il contratto con Frilli. Loro sono stati i primi a chiamarmi e i primi a farmi capire di voler puntare su di me. Li ringrazio ancora una volta perché di questi tempi è una cosa rara trovare un editore serio e affidabile e che soprattutto non ti chieda di investire di tasca tua con il terribile contributo di pubblicazione.

Per l’antologia “Uomini e donne, maneggiare con cura” hai scritto il racconto “Il ragazzo cyborg”. Puoi dare un consiglio ai tuoi lettori sul come maneggiare con cura le donne e, viceversa, alle lettrici su come orientarsi con l’altro sesso?

È difficile non tirare fuori una risposta falsa come quelle di Alberoni… Non sono di sicuro la persona giusta per un consiglio del genere. Posso consigliare come «non» trattare le donne: ossia come Fedeli, capace di innamorarsi e di tradire nell'arco di tre giorni, e quasi senza rendersene conto. Agli uomini consiglio di parlare poco e di ascoltare di più, e soprattutto di stare lontani dal calcio, dal calcetto e affini! Alle donne… no, ancora non ho speranze di capirle, non posso azzardare consigli…

Hai dichiarato, sempre in un’intervista per Thriller Magazine che non hai «nessuna paura dei giudizi. Quelli ricevuti sono stati molto costruttivi, anche i commenti negativi. Il responso, alla fine, spetta sempre al lettore. Se non dovesse piacere quello che sto scrivendo, farò tesoro dell'esperienza per migliorare.» Ritengo che il tuo sia un atteggiamento molto positivo. É diffusa l’accettazione dell’idea di fallibilità?

La mia esperienza è ancora molto giovane per dirlo. Sicuramente ci sono scrittori che hanno un'alta stima di sé, ma questo è anche parte del gioco. Se non credi in ciò che fai tu per primo, gli altri non ti prenderanno sul serio. Penso che a parlare per una persona debbano essere soprattutto i suoi libri: purtroppo in Italia contano di più i media, le liti in diretta, gli scandali, i gossip, e di questo risentono tutti gli artisti e i personaggi «pubblici».

Devo anche dire che, frequentando per amicizia diversi scrittori qui a Milano, ma non solo, ho notato molta modestia, molta voglia di dialogare, di confrontarsi, poca presunzione. L'esperienza di Belgioioso, quando ho trascorso due giorni a stretto contatto con quattro colleghi, è stata molto positiva: abbiamo parlato liberamente, in maniera spontanea, e tra di noi c'era uno scrittore che in quel momento era ottavo nella classifica dei libri più venduti in Italia. Forse è una fortuna, da questo punto di vista, che in Italia il mestiere di scrivere nasca più da una passione reale che dalla voglia di cercare fama facile.

Cosa hai modificato nella tua scrittura e nella progettazione, avendo fatto tesoro dei consigli e in virtù della tua crescita professionale, nelle opere successive?

Le critiche aiutano a crescere. Mi è stata fatta notare per esempio una disparità, nel primo romanzo, tra personaggi maschili e femminili. Sto cercando di lavorare con più cura su questo aspetto. E sulla scrittura, perché è vero che il miglior romanzo di uno scrittore è sempre quello che deve ancora scrivere. Uso i racconti per sperimentare, per cercare soluzioni con cui mi trovi a mio agio. Ho scoperto proprio in un racconto che declinare al presente dà fluidità e immediatezza al discorso. Il mio prossimo romanzo, il terzo, sarà ancora in prima persona ma al presente, come fosse una confessione.

Non ti è mai capitato di aver ricevuto dei commenti negativi imprecisi? E dei commenti positivi che non immaginavi? 

Sì, mi sono capitate entrambe le situazioni. Sono state utili tutte e due. Il commento positivo è arrivato dopo che, per e-mail, il recensore mi aveva espresso molto dubbi, ero sicuro che avrebbe stroncato il libro, invece ne ha parlato molto bene. Finora però devo dire che recensioni e critiche, anche quelle più pungenti, sono state molto attente, molto precise, da parte di persone che hanno letto il romanzo e hanno provato a sviscerarlo prima di scriverne. Il livello della critica letteraria, in Italia, secondo me è sottovalutato, soprattutto nei media «sommersi», siano blog, portali o webpress.

Progetti futuri: a breve uscirà, sempre coi Frilli, il seguito de La Milano d'acqua e sabbia. É in arrivo un “terzo Di Giulio”? ci anticipi qualcosa?

Il seguito di La Milano d'acqua e sabbia in effetti è terminato, ma non ho ancora notizie circa la sua uscita. Sto lavorando al mio terzo romanzo, che dovrebbe uscire verso aprile 2010, e sarà una storia molto diversa. Non è un giallo, ma un romanzo sociale ambientato negli anni '90, una storia cupa di fughe e vendette con protagonista un giovane punk che torna sui suoi passi dieci anni più tardi alla ricerca di una verità.

Ci saluti raccontandoci un aneddoto della tua esperienza di scrittore?

La cosa più curiosa che mi viene in mente è la prima volta, per ora l'unica, che sono stato riconosciuto in libreria e additato come «scrittore». Non ci crederai ma ero più emozionato io del ragazzo che mi voleva conoscere.

Bibliografia

Narrativa

La Milano d'acqua e sabbia (romanzo), Frilli Editori, 2009

Uomini e donne: maneggiare con cura (racconto in antologia), 9muse, 2009

Macchemù (racconto in antologia), Giulio Perrone Editore, 2008

Saggistica

Non è tempo di eroi. Il cinema di Johnnie To (curatela), Edizioni Il Foglio, 2008

Cinema e generi (saggio in antologia), Le Mani Editore, edizioni dal 2004 al 2009

Asian Film Festival (saggio in antologia), Edizioni di Cineforum, edizioni 2003-2004, 2006-2008

Il Mereghetti 2008 (saggio in antologia), Baldini Castoldi Dalai, 2008

Un bacio romantico (saggio in antologia), Feltrinelli, 2008

Nel cuore della New Wave. Il cinema di Patrick Tam (saggio in antologia), CEC Udine, 2007

Versus DVD (saggio in video), Gargoyle, 2007