Se ti chiedessi di parlarci di te...

Sono nato poco più di mezzo secolo fa, il giorno di Pasqua.

Sono sempre stato attratto dall’espressione artistica in tutte le sue forme, e in alcune di queste mi sono anche cimentato.

Ho pubblicato il primo racconto nel 1978 su una fanzine di Padova e, in seguito, ho continuato, di tanto in tanto, a battere sui tasti della macchina da scrivere, affidando i fogli al proverbiale cassetto. Sul finire del millennio ho iniziato a produrre articoli ed interviste per diverse testate. Nel 2002, grazie ad una operazione archeologica nelle profondità del già menzionato cassetto e ad un rinnovato sforzo creativo, è stata pubblicata una antologia di racconti dal titolo “Ultima uscita”.

Sono un lettore onnivoro, cresciuto a pane e Urania, con contorno di gialli Mondadori,

Ho il piacere di essere tra i fondatori e vice presidente dell’associazione culturale Lupo della Steppa (www.steppa.net), collaboro con varie iniziative di promozione libraria come Inchiostro – Fiera dei Libri e l’associazione Linguafranca di Villafranca Veronese (Primavera del libro). Partecipo da anni a rievocazioni storiche nelle fila dell’Associazione Napoleonica d’Italia.

Professionalmente mi occupo di comunicazione e design. Come editore e giornalista, ho realizzato numerose pubblicazioni dedicate a personaggi e realtà di spicco del veronese, oltre a collaborare con alcune testate.

La dimensione del racconto credo che sia, nel tuo caso, una scelta felice. I tuoi racconti sono intensi, a volte favolosi, spesso calati in situazioni kafkiane che lasciano col fiato sospeso, l’assurdo è mescolato sapientemente con il verosimile. Qual è lo shining del racconto?

Mi piace molto la dimensione del racconto, sia come lettore che come scrittore. Trovo che la lunghezza breve e brevissima consenta di esprimere concetti ed emozioni in modo sintetico e stimolante. Nelle mie narrazioni amo rovesciare i punti vista consueti per mettere a nudo, sotto il riflettore del fantastico e dell’assurdo, le ambiguità del vivere.

Il tema dell'inconsapevolezza umana è introdotta fin dal primo racconto-poesia “Non potrai mai sapere”. Penso in particolare ai versi: «Tutto questo non esiste dove ora mi trovo/perché il dolore è riservato a chi resta». Sembra un tema a te molto caro, dato che viene già affrontato in “Ultima Uscita”.

Hai ragione, è un tema che mi appassiona molto. La consapevolezza e anche la percezione della realtà, la distinzione tra sogno e veglia. Anche la morte è un tema ricorrente. Nel caso di Nino, che non può morire, l'oblio, la dimenticanza diventano un fenomeno analogo al termine della vita fisica. Anche chi crede nella reincarnazione deve ammettere che esiste comunque una dimenticanza dell’esistenza precedente ad ogni nuova vita.

Si può dire che i tuoi personaggi sono in parte rubati alla vita quotidiana, alla concretezza di tutti i giorni, e in parte fantastici? Come li estrapoli dalla realtà e come li elabori?

Alcuni amici creano i personaggi ricalcando carattere e immagine di persone che conoscono nella vita reale, tanto che qualcuno rischia di riconoscersi. Io preferisco mescolare caratteristiche fisiche e psicologiche prese qua e là, sicché i personaggi sono realistici ma anche di fantasia. Le varie figure mi vengono abbastanza spontanee assieme alla storia, perciò ritengo che ci sia una componente inconscia in azione, come nel caso della Mamma (“L’uomo dei segreti”).

Poi devo dire che accade un fenomeno curioso, che non so ben spiegare: ci sono alcuni personaggi che assumono talmente tanta personalità da diventare quasi indipendenti, influenzando il racconto stesso.

In “Una questione di etica”, (“Ultima Uscita”) mi ha incuriosito il tema della morale. Un dialogo, in particolare «La razza più forte è sopravvissuta a scapito di quella più debole. – continuava lui, a voce più bassa – È nella natura delle cose. In un certo senso è giusto. Forse non  morale, ma così insito nella natura delle cose da poter essere considerato giusto.» L’etica è una categoria umana discinta dalla natura? Cos'è l'etica?

Credo che l'etica si sforzi di analizzare le basi oggettive, razionali di giusto e sbagliato, bene e male.

Morale, che è quasi sinonimo di etica, si riferisce più alla condotta e alle norme che regolano i comportamenti giusti e sbagliati. In questo senso, la morale varia a seconda dei tempi (non era saggio mettere la minigonna in epoca vittoriana...) e dei luoghi (...e nemmeno mangiare braciole di maiale in alcune nazioni).

Un amico mi faceva notare che nella nostra epoca, come in tutti i periodi di decadenza della storia, le leggi e le norme si moltiplicano a dismisura. Si arriva a normare anche il più minuscolo dettaglio dell'attività umana. Questo sarebbe reso necessario dalla carenza del senso individuale del bene e del male. In altre parole, in assenza di senso etico, la morale lievita.

Il vampiro del racconto, che è nonostante tutto un essere intelligente, si sforza di trovare una giustificazione, una base etica al proprio comportamento che vada al di là della morale corrente, e arriva a pretendere una accettazione della correttezza delle proprie azioni da parte della sua vittima. Porta a propria difesa un ragionamento secondo il quale la vita sarebbe accomunata dallo sforzo di sopravvivere, al punto da poter considerare bene ciò che va nella direzione di maggior garanzie di sopravvivenza e male ciò che ostacola o riduce le possibilità di sopravvivere.

Ovviamente, ciò che consente la sopravvivenza del leone, va a danno della sopravvivenza della gazzella, ed è chiaro che un ragionamento razionale e lontano da criteri emozionali e soggettivi, può essere adoperato per giustificare i crimini più atroci. Mi sono chiesto spesso come persone intelligenti e istruite abbiano potuto giustificare di fronte alla propria coscienza l'uso dei forni crematori. Eppure non si tratta di un comportamento isolato nella storia dell'umanità. Alla fine, quindi, abbiamo la figura di un vampiro, essere considerato di norma immondo e malvagio, che risulta più umano di tanti esseri umani.

Quello del racconto non è però un discorso filosofico, non offre insegnamenti né risposte (dio me ne guardi), ma solo spunti di riflessione, evidenziati dal rovesciamento dei cliché letterari di genere (il vampiro coi sensi di colpa).

Hai trattato in profondità la tematica del tempo e di una sua potenziale dilatazione/malleabilità. A quali conclusioni sei giunto, sul tempo?

Sono profondamente in disaccordo col tempo! La nostra percezione umana è assai limitata: il nostro occhio percepisce uno spettro di radiazioni dai 400 ai 700 nanometri e il nostro orecchio dai 40 ai 20.000 hertz. Si tratta di microscopiche finestrelle nella gamma delle radiazioni e delle vibrazioni. Non sapremo mai che colore è un infrarosso o un ultravioletto, né che suono abbia una microonda.

Eppure siamo circondati da queste vibrazioni. Siamo ciechi e sordi, vedi?

Ma ancora peggio vanno le cose nei confronti del tempo. Possiamo percepire solo un istante infinitesimale, quello che chiamiamo presente. Il passato possiamo solo ricordarlo e non modificarlo e siamo ciechi riguardo il futuro. Viaggiamo dal passato al futuro, in una sola direzione, come su un treno blindato che ci permette di vedere il panorama che ci circonda solo da una strettissima fessura.

La scienza ci dice che esistono almeno 11 dimensioni, mentre noi ne avvertiamo 3 e non è affatto detto che il tempo sia lineare e irreversibile come lo percepiamo. In effetti per la fisica il tempo non esiste se non in relazione allo spazio.

Tutto il resto è solo pensiero: la nostra forza e la nostra condanna. Tutto avviene nella nostra mente. Possiamo concepire l'esistenza dell'infinito ma non sperimentarla coi sensi. Le religioni orientali insegnano che quello che noi vediamo è maya, un'illusione. Ed è proprio così.

I miei racconti hanno molto a che fare col tempo. Rimorsi e rimpianti sono figli dell'irreversibilità del tempo. L'incertezza è dovuta alla cecità riguardo al tempo.

Delmiglio
Delmiglio
La morte è una questione di tempo.

Da qui i racconti sull'immortalità, sia dell'Ailander sia dei vampiri. da qui i rimpianti alla George Gray nel “Fondaco delle cose perdute”.

Il tema dell'immortalità. Hai scelto, come creatura immortale, un uomo di una semplicità disarmante. Un antieroe che rompe le tradizioni precedenti alla Highlander, tanto che questa saga viene subito smitizzata a partire dalla storpiatura del nome...

Mi piace rovesciare i temi classici e rompere gli schemi, perché così nascono spunti e idee nuove, come nel caso dell'Immortale (“Questioni di sopravvivenza”). Mettendo in discussione alcuni cliché balzano in evidenza dei temi, come quello del valore della vita, dell'oblio, della conoscenza. Una vita eterna non è garanzia di risoluzione dei problemi o di felicità. Come dicevano i Queen: chi vuole vivere per sempre?

Con lo stesso metodo di rovesciamento è nato un vampiro con i sensi di colpa, di cui abbiamo parlato, un popolo di Amazzoni modernizzato, una versione di Faust dove il protagonista rinuncia per codardia alla possibilità di una nuova vita. Oppure due invasioni aliene, una effettuata da extraterrestri molto male in arnese e l'altra attraverso tecniche preparatorie di marketing e pubbliche relazioni.  E così via.

In molti racconti introduci l'elemento giornale/libro/lettura? Si tratta di una metaletteratura?

In “Serata in libreria” c'è un accenno di metaletteratura, in quanto si legge di una lettura. Di più, il racconto è stato scritto ed ambientato per una occasione: una lettura di Halloween alla libreria al Minotauro, a Verona. Per cui i presenti hanno sentito leggere di una lettura.

Per quanto riguarda i giornalisti, fanno un po' parte del mio mondo, per cui mi viene naturale adoperare le loro figure nei racconti, anche se alla fine sono solo due i casi.

Mi sono invece accorto che ricorre spesso l'ambiente ospedale-ambulatorio-medici, forse perché sono luoghi tristemente comuni a tutti.

Ci sono anche un paio di bar, reminescenze della mia giovinezza di studente a versare bianchi e rossi nel bar di papà, osservando un discreto campionario di fauna umana che scorreva dall'altra parte del banco.

Accanto a personaggi secondari riuscitissimi (come la Pina, appunto!) coesistono personaggi primari che affiancano i protagonisti, dotati di una potente carica enigmatica, spesso metafore di più alte verità che però restano in sospeso. É così?

Credo che la figura del protagonista emerga meglio se affiancata da quella di un co-protagonista, che, a volte, un po' ruba la scena, come fanno certi attori bravi sul palcoscenico. Icaro, ad esempio, (“L’uomo dei segreti”) rimane sullo sfondo, ammantato da un alone di mistero, com'è giusto che sia. Non solo perché è dotato di poteri sovrumani ma anche e soprattutto perché è autenticamente e completamente "buono", cosa forse più rara della telepatia. Il tormentato Guido, invece, è molto presente, molto umano.

A volte, invece, il protagonista è solo, volutamente, come ne "Il materasso" o in "Ritorno a casa".

Ci sono poi casi particolari come "Il paradosso dei gemelli" e ancora di più "L'ospite", in cui c'è uno sdoppiamento del protagonista.

In "Non potrai mai sapere" alludi chiaramente a una parte scritta dal destino. Ci credi, nel destino?

“Non potrai m ai sapere” è una citazione da una poesia che fa parte dell’antologia di Spoon River (Johnnie Sayre). Uno dei temi struggenti è infatti l’incomunicabilità che separa tragicamente i vivi dai morti.

L'idea del destino può essere opprimente (“Il dossier”) o confortante (“L'ospite”).  E non si può parlare di destino senza coinvolgere il libero arbitrio. Di lì a parlare di Dio, il passo è breve.

Non so se credo al destino. L'idea di avere delle certezze a riguardo mi attira e mi spaventa allo stesso tempo. Per cui ne scrivo. Faccio queste domande ai lettori sperando che qualcuno mi chiami e mi dica: ehi, le cose stanno proprio così!

Presti il tuo lavoro anche nell’ambito dell’editoria. Secondo te qual è, ad oggi, la situazione in Italia? C’è spazio per le piccole case editrici? É vero che l’editoria si è piegata ai gusti più “commerciali” del pubblico?

Spesso si dice che in Italia si legge poco, ma non è del tutto vero: i ragazzi e gli adolescenti leggono più di una volta. Merito dei vampiri e del cinema? Forse, ma si tratta di un fenomeno positivo comunque. Per quanto riguarda l’editoria, ci sono poche grandi realtà che assorbono il 90% del mercato e una grande quantità di piccoli editori, spesso bravi e appassionati, che si dividono il resto. I problemi riguardano soprattutto la distribuzione e la visibilità. Risulta assai difficile e costoso raggiungere molti punti vendita, oltre ad essere per lo più vano. Ma non piangiamoci addosso. Le possibilità della rete e i cambiamenti futuri (lettori di libri digitali, espansione degli audiolibri, per non parlare di altre forme  ancora da inventare) rimescoleranno un po’ le carte.

Ci consigli qualche libro per quel che rimane dell’estate?

Sto leggendo “Il cerchio muto” di Nerozzi e lo trovo interessante. Chi vuole rilassarsi sotto l’ombrellone senza troppo impegnarsi, può sempre ricorrere a qualche classico del giallo: personalmente amo molto Nero Wolfe. A chi invece vuole preparasi a quello che, molto probabilmente, ci aspetta a settembre, consiglierei “L’arte della guerra” di Sun Tzu.

Per gli amanti del fantasy, ho trovato delizioso e originale Zeferina, di Riccardo Coltri, Asengard edizioni.

Qual è il tuo prossimo progetto?

Ho un progetto in corso e uno terminato. Sto lavorando ad una serie di sette storie di delitti collegate tra loro dalla figura del protagonista, una specie di giornalista precario molto antipatico. Si tratta di un progetto che mi diverte molto e che mi impegnerà ancora per un po’ di tempo.

È praticamente terminato, invece, (sono alle fasi finali di revisione) un romanzo, un thriller che tratta i temi a me cari dell’interpretazione della realtà e del sottile confine tra la vita e la morte.

E qui lanciamo un sasso a qualche editore in cerca di testi… 

Pubblicazioni di Emanuele Delmiglio:

Ultima Uscita, raccolta di racconti edito nel 2002 da Il Riccio Editore, con prefazione di Enrico Rulli

I veronesi dell’anno, raccolta di interviste comparse settimanalmente su L’Adige, per Editrice Verona nel 2003

Come usare i talenti biografia di un noto imprenditore Veronese, nel 2006

Excellence Book – I Protagonisti 6 volumi della collana, con circa 240 interviste ad altrettanti personaggi veronesi

www.excellencebook.it

Vie traverse raccolta di racconti, seguito ideale di Ultima Uscita, per il Riccio Editore, dicembre 2008, con prefazione di Claudio Gallo 

Alcuni racconti sono presenti nelle antologie

Le orme del lupo

Un bel perlaro in riva all’Adige

Destini incrociati” sulle pagine della rivista Inchiostro e in altri luoghi virtuali e non.