Ha pubblicato quattro romanzi (Blue Tango, noir metropolitano – Stampa Alternativa, 2006, La mano sinistra del diavolo, – Mursia, 2006, con cui ha vinto la 4^ edizione del Premio Camaiore di Letteratura Gialla ed è stato finalista del Premio Fedeli 2007, Niente baci alla francese – Mursia, 2007, Taccuino di una sbronza – Kowalski, 2008), un libro-guida su Mantova e la sua gente, un volume umoristico sulla professione dell'informatico, nonchè numerosi racconti e articoli per riviste e giornali letterari. È fondatore e direttore della rassegna dedicata al giallo e al noir Nebbia Gialla Suzzara Noir Festival, e dirige il portale MilanoNera, il lato oscuro della scrittura. 

In “Taccuino di una sbronza”, un’ubriacata memorabile, sfociata in coma etilico, cambia la vita al protagonista, Carlo  Boschi. Dietro questa rivoluzione alcolica si nasconde  la metafora dell’imprevedibilità della vita o quella dell’ansia di quella libertà che siamo soliti ingabbiare in convenzioni?

E’ il desiderio di libertà, essenzialmente.

L’alcool visto come un mezzo per uscire da sé, per scappare da una realtà o da una situazione che ci sta stretta.

 

Il protagonista di tuoi tre romanzi (Blue Tango, noir metropolitano – Stampa Alternativa, 2006, La mano sinistra del diavolo – Mursia, 2006, Niente baci alla francese – Mursia, 2007) è Enrico Radeschi, giornalista free-lance e hacher informatico. Hai voluto coniugare le nuove tecnologie al noir per dare dare una ventata di modernità al genere o semplicemente ti appartengono e quindi è stato un processo naturale partire dall’autobiografico?

Direi le due cose insieme. Innanzi tutto quando racconti qualcosa che conosci bene (il mondo hacker nel mio caso) credo risulti anche più convincente per il lettore. In secondo luogo volevo rendere diverso dallo schema classico del giornalista tout court il mio Radeschi così gli ho regalato una specie di super potere: l’informatica.

 

Quali ferri del mestiere metti in gioco spontaneamente nella scrittura, quali invece sono più meditati?

Non te lo dirò mai; )

Scherzi a parte credo che in un romanzo, specialmente quando sei consapevole che avrai qualche migliaio di lettore, sia tutto meditato e ponderato. Si cerca la perfezione, come giusto che sia.

 

Sei saggista, narratore, giornalista, direttore editoriale, promotore d’eventi, esperto informatico. Non ti chiedo “Ma chi è Paolo Roversi?”, bensì ti chiedo il contrario: “Cosa non vorresti fare, nel settore artistico-organizzativo, perchè andrebbe contro le tue inclinazioni?”

L’addetto stampa: bisogna avere una vocazione vera per intraprendere quella professione.

 

Quali sono gli elementi più difficili nella gestione di eventi come il Suzzara Noir Festival o il Milano in Bionda giallo e noir Festival?

Sicuramente abbinare gli ospiti e saperli gestire.

Mi spiego meglio: devi cercare di rendere vivo ogni incontro con un ospite o un presentatore che abbia una certa verve. Se metti tre mummie sul palco, anche il pubblico si mummifica.

 

Veniamo a Bukowski. Cosa ti ha più affascinato di lui come scrittore e come personaggio?

Alcune passioni nascono per caso. Sorprendenti e inaspettate come un cane dall’inferno, direbbe  Bukowski stesso. Se oggi sono uno scrittore lo devo probabilmente a lui.

Il suo primo romanzo mi capitò sotto gli occhi in una biblioteca, giù nella Bassa, la mia terra, molti anni fa. Quel volume restò fra le mie mani ben poco, giusto il tempo della lettura perché, appena sfogliata l’ultima pagina, corsi a comprarlo, comprendendo per la prima volta cosa significasse possedere un libro. Rileggerselo, goderselo. Quando iniziai a scorrere avidamente quelle pagine - e di questo confesso di vergognarmi - pensavo che Bukowski fosse uno scrittore russo. Giuro. I presupposti da cui partivo erano tutti sbagliati: venivo dalla lettura di “Cuore di cane” di Bulgakov e cercavo di seguire un impossibile filone sovietico di autori in B. Pura follia. Per fortuna incappai in qualcosa di molto più prezioso: la scrittura di Bukowski. La sorte mi sorrise, perché il libro in questione era “Post Office”. Uno dei più riusciti.

Mi appassionò talmente che, dopo aver divorato anche tutti gli altri suoi libri, raccolsi le sue espressioni migliori, i suoi ipse dixit, in un libretto della collana Millelire che intitolai come un suo racconto: “Seppellitemi vicino all’ippodromo così che possa sentire l’ebbrezza della volata finale”, che si trova ancora in circolazione.A parte Bukowski, quali sono i tuoi autori di riferimento, italiani e stranieri? Giorgio Scerbanenco, Manuel Vasquez Montalban, Jean Claude Izzo, James Ellroy.

Ti vorrei sottoporre una frase dello scrittore Pedrò Juan Gutiérrez, definito il Bukowski delle Antille. In “Trilogia sporca dell’Avana” ha scritto: “Spirito e corpo, basta un bicchiere di rum per dividerli inesorabilmente”. Sei d’accordo? Ho letto tutto di Gutirrrez, un grandissimo, e quindi non posso che sottoscrivere quanto dice. Qual è il tuo prossimo progetto?

Il 2009 sarà un anno doppio per Enrico Radeschi, il mio eroe. In primavera uscirà un mio romanzo per ragazzi, età dodici anni, che lo vedrà protagonista. Ed entro la fine del 2009, spero di pubblicare il quarto romanzo della serie per adulti che questa volta sarà molto noir.

Inoltre nel 2009 il romanzo “La mano sinistra del diavolo” sarà tradotto in Spagna e sud America e da “Taccuino di una sbronza” verrà tratto uno spettacolo teatrale. Insomma parecchia carne al fuoco.

Cosa significa, nella pratica, essere direttore di MilanoNera?

Ricevere mille mail e telefonate da parte di scrittori e uffici stampa. Assegnare i pezzi ai redattori e correre molto quando si è in chiusura di ogni numero. Oltre naturalmente ad aggiornare ogni giorno il portale...

 

Qual è la parte più divertente di quest’attività certo impegnativa?

Divertente non so, ma quella più piacevole è di ricevere tutti i libri che vorresti leggere gratis, direttamente a casa tua...