Il compositore Leos Janacek nacque in Moravia, a Hukvaldy, nel 1854 e morì a Bruenn nel 1928. Studiò a Praga, poi al Conservatorio di Lipsia e a quello di Vienna. Fondò e diresse a Bruenn la Scuola d’Organo, la Società Filarmonica e, nel 1919, fu direttore del Conservatorio di quella città.

Scrisse numerose opere teatrali, fra le quali Destino (1905), Sarka, Il principio di un romanzo, Jenufa, Katja Kabanova, La volpe allegra, Da una casa di morti, che fu il suo ultimo lavoro teatrale.

Il primo atto si svolge in un campo di lavoro in Siberia, precisamente a Irtysch. E’ alba. Alcuni prigionieri animano la vita del campo, chi lavandosi, chi litigando.  E’ atteso l’arrivo di un nuovo detenuto. Un prigioniero politico che veste abiti civili. Si chiama Petrovic Gorjancikov e viene da Pietroburgo. A questi viene subito inflitta una tremenda punizione, ben cento frustate, e ciò desta la commozione dei prigionieri, che, su ordine del comandante, vengono però trascinati al lavoro.

Qualcuno si presenta. 

Skuratov che, ricordando il tempo in cui era libero a Mosca, si lancia in una danza sfrenata sino a cedere esausto al suolo.

Luka che confessa di avere pugnalato un maggiore prepotente e tirannico.

Nell’atto secondo la scena si sposta sulle rive dell’Irtysch.

Leóš Janáček con la moglie
Leóš Janáček con la moglie
Sullo sfondo appare la steppa dei Kirghisi.

Si festeggia la Pasqua. E si aspetta con ansia una rappresentazione teatrale.

Skuratov narra la sua storia. Parla di Louise, una ragazza di cui si era innamorato, ma che era stata costretta a maritarsi con un vecchio e odioso parente.  Il giorno delle nozze lui uccide lo sposo. Ma pochi detenuti gli danno bada. Tutti seguono due pantomime che si recitano sulla scena. Nella prima Don Giovanni fa fuggire il diavolo che gli si aggira intorno e ordina a Leporello di fare entrare Elvira, che però non ne vuole sapere. Un cavaliere si mette di mezzo e viene ucciso. La donna fugge e Leporello, dopo avere rimosso il cadavere, riesce a portare al padrone la moglie del ciabattino, ma a Don Giovanni non piace e la rifiuta. Vuole la moglie del pope e una cena. Nell’introdurla nella camera da letto, appaiono improvvisamente i diavoli che la portano via. Allora rimane Leporello a divertirsi con lei.

I detenuti si divertono. E inizia la seconda pantomima.

Una bella mugnaia riceve i suoi pretendenti, mentre il marito è in viaggio. Ma la ridda finisce, allorché sopraggiunge il consorte della mugnaia, che scopre i primi due e li getta fuori. Juan, rimasto nascosto, si trasforma in diavolo, uccide il marito e balla freneticamente con la mugnaia sino a che entrambi, sfiniti, cadono a terra morti.

Cala il sipario e i prigionieri tornano al campo. Il detenuto giovane parla con una prostituta e, litigando con Petrovic, gli scaglia un samovar con il tè, ma invece di Petrovic colpisce Aljeja.

Atto terzo.

Ospedale da campo.

Si vedono Aljeja, Luka, Sapkin e il folle Skuratov.

E’ notte e tutti dormono.

Siskov narra la sua storia a Cerevin che lo sta vegliando. Anche lui ha ammazzato la sua innamorata, Akulka, promessa sposa a Morozov.

Questi, incassati i soldi della dote, dopo avere confessato di essere stato l’amante della ragazza, preferisce arruolarsi come soldato che sposarla.  I genitori, allora, picchiano Akulka e costringono Siskov a sposarla. Durante la prima notte di nozze, l’uomo constata la verginità della ragazza. Dunque l’accusa di Morozov risulta essere una menzogna. Così anche lo sposo, deriso dal rivale, percuote l’innocente Akulka, la quale confessa di essere ancora innamorata di chi l’aveva ingannata e abbandonata.

Siskov le ordina di seguirlo nel bosco e di pregare.

Quindi, la colpisce con un coltello.

Durante il racconto, Luka geme sempre di più di dolore e muore, quando la narrazione culmina nell’evocazione del momento in cui Siskov uccide Akulka.

Mentre sta morendo, Siskov riconosce in Luka l’odiato Morozov e lo maledice.

Il comandante del campo chiama Gorjancikov e gli comunica che la domanda di grazia inoltrata da sua madre è stata accolta. Egli è libero.

I detenuti inneggiano alla libertà. Sino a che l’ordine delle guardie di mettersi in marcia annulla questi attimi sognanti di redenzione e i prigionieri ricadono nella loro tetra realtà giornaliera.