È appena terminata su RaiUno la miniserie La moglie cinese e siamo già presi dalla nostalgia.

Della Piovra.

Uno dei produttori della fiction è infatti Sergio Silva, il padre della pluridecorata serie che ha mietuto successi sui teleschermi di mezzo mondo: ma quanta acqua è passata sotto i ponti!

Ingredienti in ordine sparso del nuovo (si fa per dire) prodotto tv: un commissario di polizia, Stefano Renzi (interpretato da Pietro Sermonti, reduce dai fasti di Un medico in famiglia), dall’infanzia triste (il padre poliziotto è stato ucciso in circostanze mai chiarite), dal presente appena appena roseo (si sposa con la graziosissima cinese Ling – nella realtà la modella Amy Chow) e dal futuro tempestoso (gli moriranno tra le braccia ben due donne tra cui, appunto, l’amatissima Ling); un intreccio complesso in cui confluiscono spezzoni della cronaca malavitosa del nostro paese (mafia del Brenta, mafia cinese emergente e mafia-mafia siciliana d’annata); una bella strizzata d’occhio al sociale (la tratta dei cinesi, sfruttati come schiavi in Europa e “marchiati” con un ingegnoso sistema elettronico per impedire loro la fuga); un cattivo che più cattivo non si può, Filippo Dandolo, il “Doge” (l’attore tedesco Hans Werner Meyer), naturalmente accompagnato da una giovane, ingenua e avvenente fanciulla dell’Est (a cui dà il volto Kasia Smutniak); un pizzico di sadismo a insaporire il tutto; e infine una bella carrellata di cartoline formato esportazione (da Roma a Tangeri, da Venezia a Vienna).

Risultato? La fiction è stata girata 18 mesi fa e finora non era mai stato trovato un posticino nel palinsesto per poterla trasmettere; programmata infine per due settimane di maggio (dal 14 al 22), ha subito un paio di spostamenti e un prolungamento fino alla fine del mese, temiamo per la sua non eccelsa resa Auditel; priva di adeguato lancio pubblicitario (Pietro Sermonti, per dire, in un’intervista su Sorrisi e Canzoni Tv ha finto (?) di non ricordarsi neppure la trama, tanto era il tempo che era trascorso…), è caduta tristemente nel vuoto.

Colpa della produzione? Eppure Sergio Silva era una garanzia di successo.

Responsabilità della regia? Ma Antonello Grimaldi ha diretto anche Distretto di polizia, una serie di straordinario impatto sul pubblico.

Attori poco espressivi? In realtà il cast volutamente internazionale, come si addice a una coproduzione, non entusiasma ma il suo compitino lo svolge poi diligentemente e certamente meglio di certe compagnie che avvelenano le nostre prime serate.

Il fatto è che il tempo passa per tutti, figuriamoci per i format delle fiction.

Negli anni Ottanta un commissario bello e maledetto come Cattani poteva senza sforzo assurgere al ruolo di santo laico e televisivo in un paese in ginocchio per il terrorismo e la mafia; ora le disavventure del povero Renzi (il padre ucciso, la moglie anche, la nuova amica Anna pure) fanno tanto sfigato da terza serata.

In quegli anni la fertile vena degli sceneggiatori poteva abilmente e disinvoltamente miscelare finzione e cronaca criminale (la P2, l’omicidio Pecorelli, i delitti eccellenti di mafia) offrendo al telespettatore smarrito una chiave di lettura credibile della realtà; ora, dopo che Riina e Provenzano sono stati assicurati alla giustizia e nella realtà e in tv il capitano Ultimo ha ricevuto la sua consacrazione, si ha invece una sensazione di inopportuna sazietà quando si fanno incrociare ben tre mafie sul nostro territorio per di più rappresentate da personaggi davvero sbiaditi o sopra le righe.

Allora si poteva anche arrivare a far morire un buon numero di protagonisti (compreso il commissario Cattani), provocando nel pubblico una salutare rabbia televisiva, e persino a rendere affascinante un cattivissimo Tano Cariddi; ora a stento abbiamo trattenuto un ghigno quando il malcapitato Dandolo ha urlato nell’ultima puntata “Io sono il Doge”: manco fosse a Venezia durante le guerre contro i Turchi.

Bisogna rassegnarsi all’inevitabile.

Tutti tentativi di resuscitare (consapevolmente o no) la Piovra (ricordate Sospetti?) sono destinati, nel migliore dei casi, a non raggiungere il successo del modello; nel peggiore, a suscitare cocenti nostalgie.

D’altra parte anche i Vanzina, quando hanno recuperato per Mediaset la figura del galante maresciallo dei Carabinieri anni Cinquanta, portata a vette di raffinata comicità da Vittorio De Sica, e l’hanno fatta interpretare a Ezio Greggio, che altro hanno fatto se non compiere un peccato – telecinematografico – che grida ancora vendetta?

E quindi anche La moglie cinese riposi nella pace degli archivi.

Voto: 4.5