Dove sei quando scrivi? Sia fisicamente che mentalmente

II mio (ingombrante) corpo fisico è a casa, al PC in salotto oppure col laptop in cucina. Adoro anche scrivere nelle caffetterie, qui in Inghilterra ce ne sono tante, tutte come salotti, col wi-fi, ti prendi un caffè e puoi stare ore su comode poltrone, e il vociare non mi dà fastidio, perché parlano tutti in inglese e io scrivo in italiano.

Con la mente sto sulla scena: come nella realtà virtuale, guardo a 360°, cercando di cogliere ogni aspetto, odore e sensazione. Grazie alla lunga esperienza in teatro posso immaginare movimenti e dialoghi, e a volte mi perdo troppo in descrizioni… così la mia editor taglia senza pietà. Sempre con un occhio al PC con il materiale di ricerca salvato.

Come scegli le tue vittime, e i tuoi assassini?

Nella trilogia dedicata agli Iron Maiden, qualche scelta riguardo alle vittime è risultata obbligata. Per gli assassini cerco sempre di stupire, del resto sta lì il succo di un buon risultato, sempre a caccia dell’insospettabile. C’è da dire che i miei scritti sono spesso un misto di thriller (dove si conosce il colpevole e bisogna catturarlo), di poliziesco (dove invece il colpevole non si conosce) e nell’ultimo anche spy-story.

Qual é il tuo modus operandi?

Cerco spesso ispirazione da fatti di cronaca o da serie TV, o da film. A volte anche da canzoni, e non solo heavy metal, come si potrebbe pensare. Un’idea che mi intriga molto me l’ha data addirittura Umberto Tozzi! Non ho un periodo storico fisso, se la cosa funziona va bene ogni epoca. Butto giù le trame che devono essere fatte finite e complete, nella struttura principale. Poi do molta importanza anche alle sottotrame, senza esse non si costruisce un buon romanzo. Se tutto quadra, attacco!

Chi sono i tuoi complici?

La Apple su tutti… Computer, cellulare, cuffiette… poi, pur essendo il lavoro dello scrittore generalmente solitario, ho trovato splendidi complici nel mio editore e nella mia editor, con le quali si fanno interminabili sessioni di brainstorming, rigorosamente in forma di chiacchierata. In questo sono stato fortunato. Tanti fan degli Iron Maiden mi scrivono dandomi spunti, senza mai essere stati interpellati, e anche questo è meraviglioso. In famiglia, mi lasciano fare, ma non rivelo mai trame o progetti perché a moglie e figlio piacciono le sorprese.

Che rapporti hai con i tuoi lettori e le tue lettrici? Avanti, parla!

Dicevo prima che i miei thriller sugli Iron Maiden mi hanno fatto conoscere tantissime persone di tutto il mondo, e con alcuni è sbocciata anche un’amicizia. È bellissimo stare in mezzo a persone che condividono la tua stessa passione. Quindi con loro, un rapporto stretto, perché ho risposto sempre a tutti i messaggi e a tutte le richieste. Ma con il terzo romanzo della serie, si chiuderà l’argomento Iron Maiden e scriverò d’altro. Magari perderò qualche lettore, ma sono eccitato all’idea di accoglierne di nuovi e vedere che significhi interfacciarsi anche con loro. So per certo che tra i miei lettori ci sono anche appassionati di thriller e polizieschi che non seguono l’heavy metal, ma sono più restii a palesarsi, quindi è una cosa tutta da scoprire.

Che messaggio vuoi dare con le tue opere?

Su tutto, mi preoccupo di fornire ai lettori una storia interessante, il cui messaggio poi verrà da sé. Di fondo, cerco di esprimere temi a me cari come la sfiducia verso le massime autorità, le storie d’amore impossibili (a chi interessa un rapporto lineare senza conflitti?), il gusto dell’avventura e del mettersi in gioco, il rimarcare che i nostri peggiori nemici siamo noi stessi. Ogni persona vive una storia a modo proprio e ne ricava il messaggio più vicino al suo sentire, per cui, lascio che si segua la corrente senza focalizzarmi su un messaggio in particolare.

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