“Astrid” è il nuovo romanzo di Giuliana Balzano per la casa editrice Alter Ego – collana Specchi.

La trama.

Astrid Berglund è la dirigente incaricata dalla svedese Lagerkvist TSF della riconversione di una fabbrica di taglio e lavorazione del legno recentemente acquisita dalla multinazionale a Genova. Un giorno la direttrice viene trovata cadavere nel suo ufficio, vittima di un brutale assassinio. Delle indagini viene incaricato il commissario Relli, da poco trasferito nel capoluogo ligure. La principale sospettata è una dipendente della Lagerkvist che pur professandosi estranea ai fatti, tuttavia non fa nulla per provare la sua innocenza. Mesi dopo, i presunti vaneggiamenti di una donna seduta su una panchina del parco cittadino dell'Acquasola che afferma di conoscere la verità sul caso Berglund arrivano all'orecchio del commissario Relli e dell’ispettore Bocci che finiranno per essere impegolati in una trama fatta di verità nascoste e di tradimenti inattesi, fino al finale inaspettato e sorprendente, come deve essere in un giallo fatto di suspense e colpi di scena.

La maestria è già nella scelta del titolo, essenziale quanto efficace. Infatti la prima domanda che ci si pone prendendo in mano il libro è: chi è Astrid?

È la protagonista del romanzo? È invece il nome della colpevole? Oppure si tratta solo di un personaggio marginale?

Il lettore comunque capisce fin da subito che tutto gira intorno al nome che designa il romanzo e questo di fatto suggella un patto di sangue tra la scrittrice e il lettore che nel prosieguo non viene affatto disatteso.

L’altra mossa vincente è la scelta della copertina in bianco e nero, un’immagine di inquietante sofferenza che lascia un totale senso di angoscia e presagisce solo in parte ciò che poi si leggerà. Da notare quanto questa copertina ricordi in parte il tormento impresso e muto di uno dei poster teaser della serie “Penny Dreadful”, in cui la schiena nuda ed esposta della protagonista, la posizione raccolta in cerca di protezione con il nulla del buio intorno, disturba l'occhio e accende il desiderio di conoscere le sorti della donna rappresentata.

Astrid. Un nome, un semplice nome, senza una direzione e senza una identità.

Di chi si tratta? Della vittima o forse della carnefice?

Il romanzo che incarna pienamente il registro narrativo del giallo, prende come spunto il genere per raccontarci una storia di una ossessione, la narrazione di una malattia mentale tanto subdola quanto pericolosa.

I capitoli brevi, i dialoghi realistici e la scrittura veloce e serrata, non priva di approfondimenti psicologici e di dettaglio, rendono il romanzo godibile dalla prima all’ultima pagina.

La ricerca dell'altro, l'andare incontro al buio tenendo per mano uno sconosciuto o una sconosciuta da cui si dipende, da cui si è schiavi. Buchi e voragini che si aprono nella mente e ingoiano tutto quello che conosciamo, che fa parte di noi, dall'origine del dna ai sentimenti che ci siamo costruiti con l'esperienza e la memoria, con i drammi e le felicità. Tutto ben distinto, fino a quando la pellicola della memoria inizia a bucarsi, a tracciare solchi dove prima c'erano vie lisce, pulite, riconoscibili.

Ora non ci rimane che aspettare il secondo trepidante capitolo con protagonista il commissario Relli, un uomo severo, ma che non incute terrore, serioso ma di bell’aspetto che ricorda per certi versi il commissario Maigret di Georges Simenon, il cui metodo investigativo consisteva nell'immergersi nelle atmosfere e nei luoghi ove i delitti sono stati perpetrati. Relli è un investigatore che si lascia guidare molto dal proprio istinto, nell'immedesimarsi e cercare di comprendere la personalità e l'umanità dei diversi personaggi di un caso criminale.

Un commissario del cui privato trapela quel poco che basta a incuriosire il lettore nell’attesa di una nuova storia, di una nuova indagine.

Astrid.

Un nome dato a uno stato degenerativo, non tanto per identificarlo, quanto per poterlo nominare, come un invocazione soprannaturale, diabolica, inimmaginabile. Una chiamata alla battaglia, da soli e assistiti, ma pur sempre lotta all'ultimo quartiere per riappropriarci dell'Io che non riusciamo più a identificare sopra un film della vita che va avanti a tentoni, pieno di flashback che contaminano il presente, senza sapere più cosa sia un tempo presente, senza distinguere le nostre orme. Astrid è un'interpretazione cieca, perché c'è troppo buio per poter essere diradato quando perdiamo noi stessi al di là dell'alfabeto del ricordo, al di là di chi siamo e chi pensiamo di essere guardandoci in uno specchio che deforma e mente, riflettendo un involucro che distinguiamo, ma che ha mutato gran parte degli ingranaggi dentro, al posto di comando, dove gli input partono disordinati come desideri irrealizzabili e reazioni indecifrabili dentro il tramandare di un destino in coriandoli di speranza e disperazione nella forma più antica e primordiale dell'universo, quello delle stelle cadenti.