Luigi è solo, sul ciglio della strada provinciale, piegato in due, squassato dai conati di vomito. Mentre si pulisce la bocca con il dorso della mano, le lacrime gli rigano il viso. Suo malgrado, si avvia verso casa, non ha scelta, dove altro potrebbe andare?

Ha diciassette anni, Luigi: anni sereni finché, due anni prima, la morte della madre ha cambiato tutto. Mario, il padre, s’è chiuso in se stesso, incattivito, certo non aveva mai avuto un buon carattere ma la mitezza di Lina ammorbidiva, smussava. Morta lei, è come se avesse ceduto l’argine che bloccava tutta la rabbia del mondo. Anche e soprattutto contro il figlio, colpevole, a suo dire, di assomigliare troppo alla madre.

«In una donna, la dolcezza va benone, è una qualità ma un uomo non è un uomo, perdio!»

Mario è falegname, restauratore, corniciaio. Ha le mani d’oro, sa trattare il legno come una cosa viva. I suoi modi bruschi non gli procurano amici, in paese, ma, se c’è un vecchio tavolo da far tornare perfetto o un quadro da valorizzare con una cornice nuova, è a lui che si rivolgono tutti.

«Finalmente il signorino si è degnato di tornare! Era ora! Va’ a preparare il pranzo e sbrigati, ch’è tardi. E spero che questa storia idiota sia finita : tutti i santi giorni alla baracca, a perdere tempo invece di lavorare il campo. E tutte quelle sdolcinature e moine, ti ho sentito, sai? Micetta, tesorino, pulcino mio... ma fammi il piacere!»

La risataccia del padre lo segue in cucina. Meccanicamente, apparecchia, cuoce, condisce, serve in tavola. Non tocca niente del cibo che ha preparato, il solo pensiero gli provoca la nausea. Digiuno, esce di casa per andare all’autofficina di Antonio.

In questi due anni di vita dura da sopportare, ci sono stati due amici veri, vicino a lui: Antonio, il meccanico e sua moglie Luisa. Antonio l’ha visto crescere e si è accorto subito di come il ragazzino fosse portato per i motori. Luigi passava pomeriggi interi, incantato e attento, a vederlo lavorare, chino dentro il cofano di una macchina, porgendogli gli attrezzi che gli venivano chiesti e assorbendo tutto come una spugna. Avevano cominciato a vederlo, lui e la moglie, come il figlio tanto desiderato e mai avuto.

«Ciao, ragazzo, ti aspettavo. Vieni, oggi mi hanno portato un gioiellino d’epoca da revisionare, proprio il lavoro adatto a te. Elvira ha fatto la torta di mele, quella che ti piace, sono un po’ geloso, quando fa i dolci pensa prima a te e poi a me! Ne mangiamo una fetta insieme e intanto mi racconti come va con la tua Violetta. Ultimamente è l’unico argomento che ti interessi, mi sa che è davvero un grande amore, vero?»

Antonio ride, lo prende in giro ma la sua voce è così carica d’affetto che, a Luigi, fa tornare la voglia di piangere. La ricaccia indietro, con un cenno saluta, rifiuta la fetta di torta e si mette al lavoro, la testa bassa, così può nascondere il viso ancora sconvolto.

Antonio non insiste, ormai conosce bene il carattere schivo del ragazzo, con una ruvida, rassicurante carezza sulla testa lo lascia tranquillo, parlerà quando avrà voglia, di certo quell’animale di Mario s’è sfogato su di lui a male parole, tanto per cambiare, magari gli ha messo le mani addosso e non sarebbe la prima volta.

Antonio ha le mani legate, Luigi è ancora minorenne e maltrattamenti da denuncia non ce ne sono. Comunque, la sua idea l’ha già espressa chiaramente:

«Appena hai compiuto diciotto anni, ti trasferisci qui da noi. Il lavoro non manca e, su, al primo piano dell’officina, c’è una camera comoda, con il cucinotto e il bagno. L’ho sistemata per me, lo sai, a volte faccio tardissimo, se devo mettere a punto un motore, vedo l’alba che nemmeno me ne accorgo. E poi, quando ho in consegna macchine di un certo valore, non mi fido a lasciarle incustodite. Ti ci sistemi, hai la tua indipendenza e io posso dormire nel mio letto. Stringi i denti, ragazzo, ancora dieci mesi e sei fuori da quella casa!»

La sera, quando Luigi rientra, tutto è buio, non c’è nessuno. Non è insolito che Mario sia fuori: almeno un paio di volte a settimana, Egidio passa a prenderlo con la sua auto per andare al paese vicino a tirar tardi insieme, da vecchi compagni di bevute. È un sollievo; Luigi non riesce a sentire la fame ma sa che deve mangiare qualcosa, un pezzo di pane, del formaggio e poi subito in camera sua, sdraiato sul letto, a pensare.