Prologo in anteprima del romanzo Un posto tranquillo per Nelly Rosso di Rosa Cerrato, per gentile concessione di Fratelli Frilli Editori (ISBN 978-88-7563-789-7).

Prologo

Pioveva. Di nuovo. Dalla valle saliva una nebbia simile a vapore che si disperdeva nell’aria, si condensava per ricadere nuovamente sotto forma di pioggerellina insistente, insinuante. Che palle... La donna si era riparata sotto la tettoia della baracca di legno. Il roano e il ciuchino grigio si erano anch’essi affrettati a trovare rifugio nella rudimentale stalla abbandonando lo spiazzo di terra battuta sul quale trascorrevano le giornate ad annoiarsi. Quando, come quel giorno, molto di rado, dato che il posto era isolato, qualcuno portava loro pane secco o mele si spintonavano contendendosi le leccornie. Dovevo proprio scegliere una giornata così, per portargli da mangiare, a questi due? Sul retro il tetto spiovente offriva un precario rifugio, ma il tempo passava e la pioggia non accennava a diminuire. Anzi, lampi e tuoni all’orizzonte minacciavano l’arrivo di un temporale ancora più violento. Ai piedi della donna la terra si stava trasformando in un lago di fango. E io che sognavo un settembre dorato. Giornate tiepide. Lunghe passeggiate rilassanti lontano da tutto in un posto tranquillo. Lontano da tutti... Si passò irritata la mano tra i capelli rossicci increspati per l’umidità. All’ospedale l’avevano quasi rasata perché era più pratico, le avevano poi spiegato al risveglio, dopo l’operazione. Adesso stavano ricrescendo più ribelli di prima. Incazzati come lei. Aderì con la schiena alla parete inalando l’odore di muschio, di foglie marce, di uva matura e di funghi: chiuse gli occhi. Il tempo sfumò via mentre il dolore della ferita al fianco, quella che per un pelo non le era costata la vita, si acuiva e prendeva a pulsare causandole una sensazione di panico. Un effetto psicologico. Non può più fare così male. È rimarginata. È successo a giugno, e siamo a settembre. Accidenti alla mia fissa di fare ogni giorno una passeggiata di due ore per rimettermi in forma. Sembrava uscisse il sole, invece la mandano giù a secchiate, e tra poco farà buio. Mi fossi almeno portata la giacca a vento, merda... Prima ancora che con l’udito percepì il rumore attraverso la pelle. Un ansimare, dei gemiti. Un brivido la percorse da capo a piedi facendola staccare dalla parete, nervi e muscoli irrigiditi. Immaginazione? Poi scorse qualcosa nella nebbia, in basso, a distanza di qualche centinaio di metri, sul prato molle di pioggia che digradava in un avvallamento e risaliva poi verso il limitare del bosco. Laggiù si muovevano due figure confuse. Una delle due si era accasciata sull’erba, ma la donna non riusciva a distinguere di cosa si trattasse. Non si capiva neppure se fossero persone o animali, si intuivano solo ombre in movimento. Forse sbucate dal bosco, prima non le aveva notate, o forse era troppo impegnata a sfuggire alla pioggia per accorgersi che erano già lì. L’altra sagoma indistinta si piegò su quella a terra in una specie di abbraccio, o era una lotta? Un cacciatore e la sua preda? Improbabile che dei cacciatori si fossero spinti fin lì con quel tempaccio. Che uno dei due fosse un animale ferito? Preso in una tagliola? La donna stava per dirigersi verso la forma bicefala, ma l’istinto la bloccò dov’era. Rimase a fissare la scena che si stava trasformando in un balletto di morte. La figura che stava sopra all’altra cominciò a sbattere la testa in qua e in là, ma uno scroscio di pioggia più violento degli altri impedì del tutto la vista alla spettatrice per pochi secondi. Il vento portava rumori indistinti, inarticolati, che potevano essere umani oppure no. Mentre una folata di vento squarciava la nebbia le teste si fusero per brevi istanti e quel che successe poi lasciò la donna raggelata. Si sforzò allungando il collo e stringendo gli occhi di distinguere qualcosa attraverso il sipario grigio. Intravide… possibile? In un secondo la scena fu cancellata del tutto ai suoi occhi dalla pioggia e dalla nebbia come da un imperioso colpo di spugna sulla lavagna. Chiuse gli occhi.