Fra il 1964 ed il 1970 nella contea di McNairy (Tennessee) operò uno sceriffo dalla mano pesante che, appena ventiseienne - il più giovane nella storia di quella contea - portò avanti una vera e propria guerra alla criminalità locale, senza esclusione di colpi. I suoi modi diretti e la sua caparbia determinazione nello sradicare la criminalità più subdola dalla contea gli valsero il rispetto dei cittadini e l’odio dei malfattori. Sopravvissuto a sette coltellate e otto proiettili, morì non ancora quarantenne in un incidente d’auto che molti considerano ancora oggi per nulla casuale.

Un uomo del genere non può essere destinato ad altro che alla leggenda, ed ancora oggi Buford Pusser è leggenda. Già nel 1971 il suo connazionale W.R. Morris aveva iniziato la sua carriera di saggista con la biografia The Twelfth of August. The Story of Buford Pusser - continuando a scrivere saggi sullo sceriffo, nel 1983 e nel 1994 - ma la vera consacrazione arrivò nel 1973 quando la storia “vera” viene filtrata da Hollywood: il risultato fu Un duro per la legge (Walking Tall, 1973) che tenne a battestimo quell’espressione - walk tall, camminare a testa alta - che accompagnerà sempre il filone.

                      

Buford Pusser (interpretato dal giovane Joe Don Baker) torna con moglie e figlia nel suo paesino natale, nel Tennessee, dove ritrova la vita d’un tempo e la speranza di un futuro migliore. Le cose sembrano andare per il meglio, finché un vecchio amico non gli fa conoscere il cancro che sta divorando la città dall’interno: il gioco d’azzardo e tutta la criminalità che lo accompagna hanno messo in ginocchio gli abitanti, e quando Pusser prova ad alzare la testa viene malmenato e quasi ucciso. Visto che lo sceriffo è corrotto e che nessuno ha il coraggio di ribellarsi ai nuovi signori della città, Pusser comincia a fare campagna elettorale elargendo bastonate a destra e a manca: una volta eletto sceriffo non rinuncerà al fido bastone, che diventerà suo “marchio di fabbrica”.

La violenza però porta violenza, e più il nuovo sceriffo malmena e uccide criminali, più questi si fanno più spietati, arrivando ad un attentato che porterà alla morte la moglie di Pusser - evento purtroppo fedele alla realtà. La resa dei conti sarà all’insegna dello spargimento di sangue.

                        

Il film appena uscì fu un successo travolgente, complice anche il fatto che era un periodo di grandi giustizieri violenti al cinema, come “Dirty” Harry Callahn (in Italia, l’ispettore Callaghan), o in letteratura come Mack Bolan l’Esecutore (e i suoi vari cloni).

Successo ottenuto, sequel aggiudicato: subito la Bing Crosby Productions - destinata alla chiusura di lì a qualche anno - decise di girare il seguito della pellicola, I giorni roventi del poliziotto Buford (Walking Tall Part II, 1975). Visti i problemi avuti con il primo film - pare che a causa dell’immagine cinematografica Pusser non riuscì a ricandidarsi sceriffo - Buford in persona decise di interpretare se stesso in questo sequel: la produzione accettò, venne firmato il contratto ma mentre se ne tornava a casa l’auto ebbe un guasto in corsa e la vita dell’ex sceriffo si spense su una strada notturna. Gli subentrò l’attore Bo Svenson, riscuotendo ampio successo.

Con un cambio alla sceneggiatura e l’arrivo di Howard B. Kreitsek (che chiuderà la sua brevissima carriera con lo sceriffo Pusser!), il succo del discorso non cambia: Buford, dopo l’assassinio della moglie, si fa più deciso nella sua lotta a testa bassa - ma camminando a testa alta - contro il crimine cittadino.

Sfruttando ancora il personaggio, nel 1977 è la vota del capitolo finale, l’inedito Walking Tall: Final Chapter. Il film racconta la triste vita di Buford ormai dimesso dalla carica di sceriffo e i suoi tentativi di rifarsi una vita con il cuore affranto per la moglie persa. Ad un certo punto subentra un delizioso gioco metacinematografico: un produttore gli offre di partecipare alla lavorazione di un film che stanno facendo sulla sua vita! L’uomo accetta ma durante le riprese dell’imboscata in cui morì la moglie, cede al dolore e abbandona il ruolo di consulente tecnico del film.

                          

Finita l’odissea in tre film dello sceriffo con il bastone, il discorso sembra chiuso. Ma il pubblico è un’amante esigente, e così appena un anno dopo il mondo televisivo riprese il personaggio con il film A Real American Hero (1978), “riassunto” dei tre film con protagonista un ottimo Brian Dennehy, davvero perfetto nel ruolo. Da notare che quattro anni dopo lo stesso Dennehy interpretà uno sceriffo dal polso di ferro in un film dal titolo Rambo...

Vistosi sfilato di mano il personaggio Bo Svenson tornò a vestire i panni di Buford Pusser nel telefilm Uno sceriffo contro tutti (Walking Tall, 1981) che con soli sette episodi bastò ad accontentare il pubblico e a farlo arrivare negli anni Ottanta.

Questa decade abbonda così tanto di vendicatori, giustizieri, eroi di guerra e Rambi vari, che un semplice sceriffo di campagna che se ne va a testa alta col suo bastone non basta più. Il mito comunque è tenuto vivo dai vari libri biografici che vengono scritti - come quello della figlia Dwana Pusser: Walking On. A Daughter’s Journey with Legendary Sheriff Buford Pusser - ma bisognerà attendere fino alla svolta degli anni Duemila per tornare a camminare a testa alta... con qualche modifica.

                          

Nel 2004 il buon Bufford torna dall’Iraq - lui che era stato riformato per asma! - e al posto di un bastone di legno usa qualcosa di molto più pericoloso: i suoi muscoli massicci. Stiamo parlando del remake A testa alta (Walking Tall) in cui Pusser viene ribattezzato Chris Vaughn ma il succo rimane identico. Ad interpretare il manesco sceriffo viene chiamato Dwayne “The Rock” Johnson, celeberrimo ex wrestler che cerca di confermarsi nuova star cinematografica, sfruttando il fatto che anche il vero sceriffo del Tennessee era stato un wrestler in gioventù (sebbene probabilmente non dello stesso tipo di wrestling di The Rock).

I tempi cambiano e al cinema i buoni non possono più picchiare i cattivi in mezzo al film: bisogna aspettare il combattimento finale. Così le bastonate che negli anni Settanta lo sceriffo Pusser regalava a piene mani sono totalmente cancellate; la violenza esagerata (anche se spesso non mostrata) non va neanche lontanamente accennata: l’eroe muscoloso The Rock non fa nulla per tutto il film fino al ridicolo scontro finale, dove le prende di santa ragione da un biondino grande la metà di lui!

                         

Quando si comincia a camminare a testa alta, poi è difficile tornare indietro. Il primo remake - sebbene deludente sotto tutti i punti di vista - inevitabilmente dà vita ad altri immancabili sequel.

Nel 2007 il decisamente meno muscoloso - e meno espressivo - Kevin Sorbo (attore televisivo noto per il suo Hercules) sostituisce The Rock nel ruolo dello sceriffo ripulisci-città in due film tanto pessimi quanto slegati fra loro e il resto della saga: Walking Tall 2. La rivincita (The Payback) e Walking Tall 3. Giustizia personale (Lone Justice), girati lo stesso anno. La qualità è davvero bassa, al di sotto di ogni altro film della saga.

Nel tentativo di confondere le acque e di evitare confronti, il protagonista si chiama qui Nick Prescott e alla sceneggiatura ci sono nomi nuovi, ma il risultato non cambia: lo spirito del film è quello di Walking Tall (come appunto recita il titolo) ma la qualità è pessima.

I tempi cambiano, e il gioco d’azzardo e lo sfruttamento della prostituzione non sono più crimini credibili al cinema: oggi i nemici sono gli spacciatori di droga. Così in entrambi i film il protagonista sarà muto e inutile testimone della spietatezza di alcuni signori della droga finché alla fine arriva lui e riporta l’ordine a suon di aria fresca (perché l’attore non è in grado di dare neanche una bastonata!), nelle scene più prive di violenza che mai sono apparse su schermo.

             

Non è più tempo di eroi solitari, di giustizieri e vendicatori, ma lo spirito di Buford Pusser è immortale. Attraverso cinema, telefilm, Film-TV e home video, il messaggio è sempre quello: bisogna “camminare a testa alta”.