I B-movie di una volta oggi sono appannaggio soltanto della coppia Quentin Tarantino/Robert Rodriguez, quest’ultimo fiancheggiato per questo Machete da Ehan Maniquis.

D’obbligo un recupero mnemonico, visto che il personaggio che da il titolo al film era comparso già in un falso trailer che assieme ad altri (non visibili però nell’edizione italiana) intervallava in Grindhouse – A prova di Morte i due episodi rispettivamente di Tarantino e Rodriguez.

La trama, vecchia come il cucco, è quella dell’ex agente Machete (Danny Trejo) che assoldato per uccidere un senatore repubblicano ultrareazionario (Robert De Niro), uno che tanto per dire spara con un fucile da caccia su chi tenta di entrare negli iùesei dal Messico, si ritrova a dover fuggire inseguito dai suoi ex colleghi (a discolpa di Machete va detto che non lo avrebbe mai ucciso ma solo ferito…).

Ma a contare non è tanto la trama quanto i registri che vengono setacciati dalla scatenata coppia Rodriguez/Ehan Maniquisi in una cavalcata che attraversa lo splatter più esagerato (le viscere di uno dei tanti malcapitati finiti nel raggio di azione del machete di Machete servono a quest’ultimo come fune per lanciarsi da una finestra…), prosegue con una netta quanto “scorretta” dicotomia tra donne per così dire pensanti, con Sartana (Jessica Alba), agente federale sulle tracce di Machete e Luz (Michelle Rodriguez), ai vertici dell’organizzazione denominata La Rete che aiuta gli immigrati dal Messico, ed altre “oggetto” spesso nude (in figura intera…) come April/Lindsay Lohan, per terminare con la figura del sacerdote che armato fino ai denti vende cara la pelle fino alla crocefissione finale, il tutto incorniciato in spazi, colori, tecnicismi (i graffi della pellicola molto vintage sono ovviamente digitali, …) che aumentano di molto l’effetto nostalgia rinvigorito anche dalla partecipazione del trio De Niro-Steven Seagal-Don Johnson con gli ultimi due ormai doppiamente fuori, dai rispettivi girovita e dai giri che contano.

Ultima cosa (che se no si diventa noiosi…), cioè l’impressione che nonostante la faccia che si ritrova, perfetta per certi versi, Danny Trejo sembra sempre uno capitato lì per caso…