Cul-de-sac

Con Zeno Weber e altri personaggi…

Tra i vari personaggi che sfilano in questo Cul-de-sac di Alberto Custerlina, Dalai 2011, uno dei più originali e riusciti mi pare Zeno Weber.

Lo troviamo subito intento ad immaginare il futuro attraverso le “sinergie”, sua definizione, o “stronzate”, definizione del padre. Di solito fa cilecca ma questa volta ci azzecca. Licenziato in tronco da un supermercato dove il ladro è di casa e di bottega e lui avrebbe dovuto fare qualcosa. A San Silvestro per strada a prendersi una stecca di MS mobile e l’ultimo Batman al video noleggio. Per ora nevica ma in seguito arriva la bora e farà un freddo bestia. A casa il gatto Ben e pure un busto di Mussolini. Auguri agli amici attraverso Facebook, pappatoia e bevitoia (mio conio. E’ brutta ma mi è venuta così) con rutto libero.

Sprazzi di vita in qua e là. Figlio di un fascistone, via al Fronte della Gioventù, poi informatore della polizia, un infiltrato tra i comunisti, impelagato nel colpo di Stato alle Comore si becca sei mesi di carcere, meglio una vita tranquilla con “donna fissa e attività sportiva”. Ma la sinergia, o meglio la stronzata, è in agguato.

Ricordi che affiorano tra cui spesso il padre che lo salva da situazioni difficili, ma anche momenti di sesso facile (il culo e le tette in primo piano) e di impasticcamento, o ricordi sportivi, il calcio, con l’amico tassista. Ricordi e fantasticherie che lo vedono impegnato, per esempio, a sconfiggere da solo una organizzazione mafiosa. Suo idolo Chuck Norris.

Dal vicequestore Achille un lavoretto per tremila euro “puliti, puliti”. Sorvegliare il marito di un’amica che sospetta di tradimento. Lavoretto facile, solo che si trova invischiato in quattro morti ammazzati disposti in terra a croce e incaprettati. Sul pavimento dei simboli, forse roba satanica. Allora si cambia, si entra nella Fast Pack, una ditta di copertura, che si interessa di clandestini come “una supposta di antibiotico infilata nel culo dello Stato”. Deve essere un lavoro d’archivio per Zeno che trasforma subito in lavoro di movimento. E’ chiaro che si becca una botta in testa e si addormenta.

Lo ritroviamo che si sveglia a pagina 153 conciato per le feste e alla ricerca di un bel malloppo di soldi. Ma non è il solo a cercarli. Conseguenza scontro finale con pistolettate da tutte le parti.

Conclusione buonista (in senso buono, però) che fa tirare al lettore un sospiro di sollievo dopo un bel popò di casino.

La storia globale è ben costruita. Di mezzo la mafia russa, gli albanesi, i negri e altri personaggi interessanti (non all’altezza di Zeno): Roman Judkovič Romanov, gran figlio di puttana con grande villa nell’isola di Malta, Kostas Sideris detto il Greco, Ljudmilla Horvat detta la Santa (qualche spunto scontato sulla fede), Kirill Todorovski, Lucrezia ecc…Un affare da cinquanta milioni di euro che vede di mezzo il traffico illecito di Uranio.

Scrittura decisa, ironica e punzecchiante con un ritmo veloce, senza sosta. Personaggi ben delineati attraverso brevi tocchi, a volte basta una metafora inaspettata, un particolare evidenziato, un aggettivo ben calibrato per renderli vivi e lasciare una impronta precisa (qualche sbavatura ci sta). Movimento il giusto senza esasperazione, cecità e violenza, un po’ di intorcinamento finale per chi predilige le storie più lineari come il sottoscritto. Citati pure gli scacchi e questo mi pare un gran merito (sorriso autoironico).

Un bel lavoro di Custerlina, soprattutto la prima parte, che lascia indietro di un palmo, specialmente dal punto di vista del linguaggio, il precedente “Mano Nera”.