Mario buttò giù l’asso, chiudendo per la terza volta di fila la partita.

“Certo che c’avete un culo, dottò” si lamentò Walter.

Mario non era dottore, non c’era mai andato nemmeno lontanamente vicino, ma Walter lo chiamava così, con quella deferenza, tipica delle sue parti, di quelli a cui viene insegnato ancor prima di nascere il rispetto ad ogni costo verso chi appartiene ad una classe diversa, e Walter alla sua età si era ormai rassegnato a non fare più differenze, per lui erano tutti di una classe diversa e perciò erano tutti dottori, senza distinzioni: politici, commercianti, ladri o assassini, qualunque cliente che varcasse la soglia di quel modesto albergo dove ormai da vent’anni lavorava come portiere di notte.

Anche Mario quindi era un dottore, anche questo misterioso signore senza età, dai capelli grigi e gli occhi sempre bassi, velati di una strana diffidenza che sembrava paura, che da quasi due mesi soggiornava presso l’Hotel Due Sirene e con il quale la partita a carte era diventata una piacevole abitudine in quelle fredde sere di fine inverno.

“Mo’ me la date la rivincita, eh dottò?”

“Fa il mazzo” rispose Mario alzandosi e dirigendosi verso la finestra di quella stanza modesta che faceva da hall e pareva uno di quei salottini fuori moda di quelle case abitate da una qualche vedova avanti negli anni dove tutto è ordinatamente al suo posto, un divano, un paio di poltrone un po’ consumate e mascherate con pietà da centrini e cuscini, un vecchio mobile alto con sopra la tv; tutto arredato con poco gusto e ancor meno mezzi ma con sufficiente dignità e dove il tempo sembra essersi fermato, almeno da qualche decennio.

“Certo che è suggestivo” fece Mario quasi parlando da solo e guardando fuori nella luce rossastra di quella notte pugliese; Walter si girò sorpreso, quell’uomo non parlava mai, mai si era lasciato scappare una parola o un commento su niente, tanto meno su chi fosse, da quando in una sera di vento, pochi giorni prima di Natale si era materializzato al bureau e aveva chiesto a Walter se ci fosse una stanza. A questo ovviamente era venuto da ridere perché di stanze occupate al Due Sirene lui ne aveva viste ben poche nei vent’anni che aveva lavorato lì. Ogni tanto sì, qualcuno si fermava, specialmente dopo maggio quando la vicinanza al mare cominciava a renderlo appetibile a qualche turista di passaggio e la posizione panoramica e un po’ nascosta attirava chi cercasse tranquillità, in quei luoghi dove, a dire il vero, la tranquillità era l’unica cosa ad abbondare feconda.

“ ’Azz, e mo’ questa che vuole?” pensò Walter vedendo la ragazza della 12 scendere le scale e con aria per niente assonnata dirigersi sicura al bar; strozzò allora una bestemmia tra i denti e pigramente la raggiunse dietro al bancone: “Dica, signorina”.

La voce di Walter fece da sveglia a Mario, rimasto incantato alla finestra a fissare quel buio imperscrutabile quanto lui; si voltò e notando una presenza nuova che veniva a turbare il quadro di quelle serate tutte uguali, ebbe un istante di panico.

Quella monotonia ormai incolore, quel ritmo abitudinario che da settimane e settimane scandiva la sua vita avevano infatti acquisito qualcosa di indefinitamente familiare dopo tanto, troppo tempo; era un grigiore tranquillizzante che lo cullava come una balia, specie a quell’ora, mentre fuori la notte avvolgeva la collina, buia e striata di rosso.

Non amava gli estranei Mario, decise quindi di mollare le carte e di andarsene a letto, raggiunse Walter al bar che, agguantò la mezza minerale che questi gli allungò capite al volo le sue intenzioni, e senza guardare di proposito la nuova ospite cercò di guadagnare le scale.

Ma un “Buonasera!” e una voce piena di vita e di colore lo inchiodarono sul posto.

“Mi dispiace di avere interrotto la vostra partita, ma vi prego, continuate, prometto che non vi disturberò più, è che non riesco a prendere sonno… è sempre così, poi stasera tutto lo stress, il viaggio l’incidente… e io che non ho molto tempo da perdere tra l’altro, mamma mia, devo essere a Lecce al massimo per giovedì mattina…”.

Mario cercò in fretta qualcosa da dire per fermare quella donna la cui sola voce così squillante di entusiasmo lo colpiva come una minaccia; magari era una in cerca di compagnia, e magari credeva di poterla trovare in lui, proprio lui che ormai da chissà quanto stava scappando lontano, il più lontano possibile da ogni possibile compagnia.