Derek Raymond ha scritto romanzi che sono la quintessenza del noir e Il mio nome era Dora Suarez (I was Dora Suarez, 1990) che ha riscosso un grande successo, ne è ritenuto uno dei migliori. E’ il quarto della serie Factory tutti pubblicati da Fanucci Editore.

La parte iniziale è un vero pugno nello stomaco per il lettore, in quanto l’assassino che, in piena notte si è introdotto in un appartamento di una villetta, in una stanza, occupata da scatoloni e da molti altri oggetti disposti in maniera confusa, uccide in modo orrendo una donna che vi dormiva, poi l’assassino uccide un’altra donna, molto anziana, scagliandola con forza contro un orologio a pendolo. Non contento di aver ucciso la donna più giovane, che scopriremo successivamente chiamarsi Dora Suarez, l’assassino si accanisce sul suo corpo e ne mangia alcuni pezzi. Ma la donna stava già morendo in quanto malata di AIDS. Dopo aver compiuto altri atti innominabili, l’assassino esce dalla casa usando la grondaia (mezzo che aveva usato per entrare nella casa).

Dai pensieri e dai ricordi che si affastellano nella mente di questo turpe assassino il lettore capisce che si tratta di una persona fortemente disturbata, con problemi riguardanti il sesso e il suo rapporto con le donne. Una volta a terra, dopo aver controllato che nessuno potesse vederlo, sale su di una macchina che aveva rubato qualche giorno prima, e, ancora eccitato per le uccisioni appena commesse,  si dirige verso la casa di Felix Roatta, consigliere comunale e stimato cittadino, ma segretamente proprietario di un locale notturno, il Parallel Club, al cui interno si svolgevano affari di dubbia onestà. L’assassino è ricattato dal consigliere, finge di essere li per pagarlo ma invece  fulmineamente estrae una 9mm munita di silenziatore e lo uccide con un colpo al volto.

Per indagare sulla morte delle due donne, il sergente che era stato sospeso, viene riammesso in servizio, mentre per l’omicidio del consigliere se ne deve occupare un altro detective in quanto i delitti commessi in quella notte sembrano non avere nessuna connessione tra loro.

Il sergente controllando attentamente le stanze dove sono state uccise le due donne, trova un diario di Dora Suarez, che da una visione della misera vita condotta da quella donna ormai condannata a morte dalla malattia. Il sergente si pone molte domande: perché ucciderla e infierire sul corpo a colpi di accetta, perché mangiarne parti del suo corpo?

Quando le indagini sembrano essere arrivate a un punto morto, il ritrovamento di una foto della Suarez a casa di Roatta, permette di connettere i due casi e di fare luce su di una storia di vile e disumano sfruttamento.

Un romanzo noir terrificante sia per la mentalità contorta dell’assassino e sia per gli omicidi che il protagonista commette e che ha commesso nel passato.

l’autore:

Derek Raymond, pseudonimo di Robert William Arthur Cook (Londra, 1931-1994), è annoverato tra i maestri della letteratura noir. Nei suoi romanzi, nascosto dalla quotidianità, dietro forme e apparenze ordinarie e banali, il male si confonde con il bene, in un amalgama che unisce vittime e colpevoli e da cui nessuno si salva. Fanucci Editore propone nella collana Timecrime tutti i romanzi della serie Factory, di cui Il mio nome era Dora Suarez è il quarto volume, pubblicato in contemporanea con il terzo, Come vivono i morti, e preceduto da E morì a occhi aperti e Aprile è il più crudele dei mesi. I romanzi di Derek Raymond hanno ispirato una serie tv che sarà prodotta dalla BBC, e sono pubblicati in Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia, Germania, Spagna, Svezia e Turchia.

la quarta:

La notte in cui un colpo di pistola alla testa mette fine alla vita di Felix Roatta, uno dei soci di uno squallido locale londinese, il Parallel Club, il corpo della giovane Dora Suarez viene ritrovato orribilmente seviziato. Un delitto misterioso quanto efferato, il tipo di indagine che ogni poliziotto vorrebbe evitare e che solo il sergente della sezione Delitti irrisolti sembra in grado di gestire. La morte di Dora Suarez diventa però per lui un'ossessione quando l'autopsia rivela dettagli a dir poco sconcertanti. L'assassino si è accanito sul corpo di Dora, mangiandone dei pezzi e facendone scempio, ma non solo: Dora stava morendo di AIDS. Perché volere la fine di qualcuno che sta già per morire? E perché uccidere con tanta efferatezza? La risposta potrebbe forse trovarsi in una foto di Dora, fornita da un ex socio del Parallel Club. Se quella foto è veramente ciò che il sergente crede che sia, le indagini potrebbero far luce su una storia di vile e disumano sfruttamento, perché tra la morte di Dora e quella di Felix potrebbe esserci più di una semplice coincidenza cronologica.

Derek Raymond, Il mio nome era Dora Suarez (I was Dora Suarez, 1990)

Traduzione Alberto Pezzotta 

Fanucci Editore, Marchio Timecrime, pagg. 199, euro 14,00