Raccontare storie fa parte del mio DNA. Sin da ragazzino. E che siano storie prevalentemente “nere” è una conseguenza della mia formazione culturale e, un po’, probabilmente del mio modo di vedere la vita, che è disincantato, cinico, pronto alla battuta ma anche all’amarezza purché non diventi un autocompiacimento. C’è sicuramente una componente di romanticismo, ma quello che ti tieni tutto dentro e, in parte, è un clichè del genere, ma ormai assorbito così profondamente da far parte di me come tutte le mie esperienze. In effetti la scrittura non è una ‘sezione’ della mia vita. È la mia vita. E comprende vari aspetti della mia esistenza che, a una prima occhiata, potrebbero non sembrare complementari. I viaggi, l’Oriente, le donne naturalmente, quelle sognate e quelle avute, gli sport da combattimento e la fotografia. Non so se sono bravo, ma in ogni cosa ci metto passione. Come dicevo qualche anno fa, quando ‘tiravo’ sul serio… “ i guanti per prendere schiaffi non li metto…”

Ormai sono quasi venti anni che scrivo. Poco importa se ho ottenuto un successo più o meno consolidato. Sono ancora qui. E, per la maggior parte dei casi, ho raccontato le storie che avevo dentro. Quelle che volevo, non quelle che mi facevano vendere.

Sinceramente provo un sommo disprezzo per quelli che fino a qualche tempo fa snobbavano il “genere” e adesso, magari attirati dalla speranza di vendere una copia in più, s’improvvisano noiristi. Non credo che gliene verrà mai nulla.

Il nero è un filone che ti senti dentro. Che ha le sue regole e non s’improvvisa mettendosi un impermeabile scuro… Quando ho cominciato io nessuno voleva scrivere thriller perché sembrava una cosa da… edicola, da livello B. Adesso che qualche editore si è accorto del filone e promuove qualche (non tutti) autore…sono tutti giallisti, noiristi…e inondano edicole e librerie di ciarpame illeggibile e così fanno un danno a tutti perché il lettore non è stupido ma al terzo “nero italiano” dove non c’è trama, non c’è la passione dell’autore è costretto a trarre la logica conclusione che qui da noi questo mestiere non lo sappiamo fare. E torna a leggere la narrativa anglosassone.

Invece il nero non è appannaggio di una cultura piuttosto che di un’altra, magari ha facce diverse ma per raccontare una storia avvincente ci sono delle regole che non si possono non conoscere. La prima, forse, è quella di amare ciò che si racconta e non scrivere solo perché così, magari, ci si trova un posto al sole.

Forse, poi, è opportuno conoscere un po’la produzione che ci ha preceduti perché è sempre la storia del nano che sale sulle spalle del gigante. Nessuna vicenda è veramente originale. In qualche modo qualcuno l’ha già raccontata… Sapere come ci evita di inventare l’acqua calda. Non si tratta solo di leggere libri ma anche di vedere film, leggere fumetti, insomma è un panorama estremamente vario e spaziare non è mai inutile.

Soprattutto sono convinto che la nostra vicenda (quella che sentiamo di dover scrivere ancor prima di trovare un editore perché ci nasce da dentro) debba piacerci… altrimenti sarà difficile che sia gradita al pubblico.

Alla fine mi piace fare un paragone tra il narratore di noir e lo spadaccino giusto per unire due delle mie passioni. E voglio prendere spunto dalle parole di Musashi che dai suoi contemporanei era considerato un rozzo, uno senza scuola ma non perse mai un duello e, alla fine, decise di lasciare la spada e diventare un pittore, di grande valore per giunta. Uno che lo zen lo ha vissuto e non ne ha semplicemente parlato.

Lo spadaccino, il generale, lo scrittore e il carpentiere sono uguali. Sanno distinguere tra i vari materiali usando quelli pregiati per abbellire l’opera o rafforzare l’esercito, quelli solidi per costruire il nucleo e sanno anche utilizzare gli scarti come sostegno. Conoscono i loro strumenti e li usano al meglio. Questo è quello che ci si aspetta da loro. Questa è la via della Spada. Molti pensano di conoscerla, ma non è così. Quello non è la Via della Spada. Sono chiacchiere.

Per conoscere la Via della Spada, del carpentiere e della narrazione, bisogna praticarla. Sempre. Ogni giorno.

Come un mestiere perché tale è, e nient’altro. Ma se una sedia ha una gamba storta, o una storia zoppica, si vede.

Così come la spada ti scappa di mano se non sei addestrato a impugnarla.