Cuori solitari

Scognamiglio Annunziata, detta Nancy (da quando il cugino che stava in America ci aveva scritto che era il diminutivo), non aveva mai visto Roma, anche se la conosceva bene assai, in quanto una mezza parente che da signorina ci aveva abitato per un anno e tre mesi le aveva spiegato precisamente tutta la città. Pertanto se n'era partita da Massa Lubrense con i capelli alla moda, un biondo platino che ci dava dieci anni di meno, una valigia di panni nuovi nuovi e il corredo nuziale che ci ricamò la buonanima di mammà quando che si doveva maritare a Peppino Cammarata (prima che ci arrivasse la lettera che lo dava per disperso in guerra, pace all'anima sua).

La invidiavano tutti, a Nancy, da un po' di tempo a questa parte. Da quando aveva trovato l'amore tramite una rubrica di Intimità, di cui non si perdeva un numero. Ci interessavano specialmente quelle storie di vita vissuta, perché ci sarebbe piaciuto assai di viverle anche a lei medesima. Non s'era mai ripresa dal dolore di non potersi più sposare a Peppiniello, così aveva deciso che non sarebbe mai andata in sposa a nessun altro. Aveva fatto pure un voto alla Vergine Santissima. Perciò, pur continuando ad averci i ghiribizzi da fanciulla da marito (dopotutto era rimasta tale e quale comme mamma la fece), s'era rassegnata a restare zitella. Fino a quando non ci caddero gli occhi su quell'annuncio:

62enne di bell'aspetto, vedovo, conoscerebbe volentieri coetanea romantica per intraprendere un'amicizia duratura. Scrivimi.

Cammarata Giuseppe

v.le Sacco e Vanzetti 123/b, 00155 Roma

Per poco non ci prese un colpo, a Nancy.

Subito dopo pensò che era un segno della Vergine, che voleva ricompensarla della sua fedeltà, e quindi ci aveva trovato una coincidenza proprio giusta per il caso suo. E poi Roma ci era sempre piaciuta, così a naso. Perciò per la prima volta in sessant'anni si apprestava a lasciare il paese, per andare a conoscere l'amore della sua vita, aveva detto alle amiche invidiose.

Come mise piede alla stazione Termini, capì subito che la mezza parente sua ci aveva contato un sacco di balle su Roma. Non ci si raccapezzava, Nancy. E non riusciva manco a trovare qualcuno per chiedere informazioni. Ci veniva da piangere.

Con Peppiniello (lo chiamava già col nomignolo affettuoso) si erano scritti una volta sola, giusto per presentarsi e darsi appuntamento. Lei si era firmata solo Nancy, e non ci aveva scritto manco da dove veniva perché la nipote della vicina ce l'aveva sconsigliato. Per la privacy, diceva. Lui aveva promesso di venirla a pigliare alla stazione con una rosa rossa per farsi riconoscere. Si dovevano vedere nel Piazzale dei Cinquecento, all'ingresso della metro, ché ci stava meno caos.

 

Per fortuna che a Nancy ci diede una mano una brava signora, sennò ancora girava per cercare sto piazzale, poveretta.

A momenti non ci pigliò un coccolone, quando lo vide lì impettito con la rosa in mano. Teneva un vestito grigio chiaro, un paio di occhiali e i baffetti impomatati. Sembrava proprio a Peppiniello suo. Teneva pure la stessa cicatrice sulla fronte di quando da piccirillo era caduto dagli scogli.

Ci prese le valigie e ci chiese se il viaggio era andato bene. Tutto bene, ci rispose Nancy, anche se ci sembrava di parlare a un fantasma. Non ci pareva vero di trovarselo innanzi, tanti erano gli anni che lo aveva pianto sulla lapide.

Peppiniello disse che dovevano pigliare la metro B per arrivare a casa sua.

Mentre che aspettavano alla banchina, lui ci raccontò che aveva perso la moglie da un anno, che era di origini campane e che però non tornava al paese suo da quarant'anni perché non ci aveva più nessuno. Poi ci chiese di lei, da dove veniva eccetera.

 

Manco se ne accorse Nancy che stava arrivando la metro. Ci diede uno spintone così, come fosse niente. E neppure si impressionò più di tanto quando vide a Peppiniello schiacciato dal treno. Anzi quasi quasi ci scappò un sorriso. Però questo non ce lo disse, ai carabinieri, perché ci sembrò irriguardoso.