Grazia Negro si sistema la camicetta con un gesto di stizza. Dopo un'ora di interrogatorio, Coliandro non ha scucito altro che stronzate sulle sue tette. Forse aveva ragione De Luca, del manoscritto, lui, non ne sapeva niente.

Eppure a lei era arrivato direttamente a casa, con un corriere. Avevano suonato alla porta e le avevano pure fatto firmare la consegna. Se era un attore era stato bravissimo. Lei non si era accorta di nulla. Tira fuori dalla giacca di pelle il cellulare. Nessuna chiamata. Deve aspettare ancora.

Si infila nel portone e sente un odore insolito. Mette la mano nella fodera e slaccia il bottone metallico. Percorre l'atrio con le spalle al muro. Guarda la tromba delle scale: libera. Sale la prima rampa e vede il cancelletto del ballatoio aperto. Estrae la pistola. Apre del tutto il cancello con la sinistra, trattiene il respiro e avanza di un passo, lentamente. Un rumore.

Spalanca la porta e punta la pistola ad altezza uomo.

-Fermo dove sei!-

Il pacco di pasta cade a terra e tutti i fusilli rotolano fuori. Claudia alza le braccia d'istinto e diventa rossa fino alle orecchie.

-Ti ho fatto la pasta al pomodoro.- dice.

Grazia rinfodera l'arma e si porta una mano alla fronte.

-Scusa, non t'aspettavo.- E si toglie gli stivali bassi di pelle nera. Li lancia in un angolo e prende Claudia tra le braccia.

-Scusami.- ripete a voce bassa.

Claudia guarda il pavimento e arrossisce di nuovo.

-Ok.-

E Grazia allunga la testa verso il tegame. Prende il cucchiaio di legno e rimescola il sugo.

-Splendido!- dice- Avevo proprio fame!-

-Bugiarda! Tu non hai mai fame.-

Grazia sorride e le scosta un ciuffo dalla fronte. La bacia a lungo. Poi la prende per mano e la porta in camera sua. Per terra le penne ancora crude. Sul fuoco il sugo ormai rappreso.

Gargiulo è il boss. Il capo dei capi. Ma anche il suo migliore amico. Eppure Coliandro sa che è più facile togliere l'osso a un cane rabbioso che convincerlo a uscire su cauzione. Deve escogitare un piano.

Quella stronza della Negro l'aveva tartassato a puntino. E lui che credeva che fosse dalla sua parte. Per fortuna aveva capito in tempo il tranello. Pensa Coliandro, pensa. Perché la Negro ha chiesto del manoscritto? Perché Gargiulo stesso si è scomodato a metterti dentro? Entrambi nascondono qualcosa. È chiaro. Ma cosa?

-Che palle!- dice rivolto alla porta del gabinetto. Intanto gira avanti e indietro nella cella minuscola in cui l'hanno rinchiuso, senza sapere cosa fare. Prende il telecomando e accende la tv.

-Mica male, questi hanno pure Sky.-

Si siede sulla branda e fa un giro di canali. Becca un servizio sull'omicidio e l'intervista a De Luca.

-Cosa ne pensa, commissario, della colpevolezza di Coliandro?-

Colpevolezza una sega, pensa il sovraintendente.

-Non posso rilasciare dichiarazioni. Sappiate che stiamo seguendo tutte le piste possibili.

-E della tetradotossina che ci dice? Avete scoperto chi l'ha prodotta?

-Sono informazioni che non posso rivelare. Mi scusi.

E bravo De Luca. Si mantiene sul vago. La verità è che non ha scoperto un accidente, il coglione. Mentre io sto qui a marcire, lui non si prende neanche la briga di trovare il colpevole. Strano...

Coliandro ripensa all'entrata del commissario, due giorni prima, nello studio del morto. Si era mosso all'interno della stanza in modo forse troppo preciso, come se conoscesse ogni mobile e pila di libri che erano accatastati per terra. Lui e la Negro erano dovuti stare in disparte tutto il tempo per non intralciare i rilievi, mentre De Luca...

Ma che accidenti posso fare da qui?

-Guardia? Guardia?-

Nessuna risposta. Coliandro fa ciondolare le braccia fuori dalle sbarre. Poi, la porta della sua cella si apre. La guardia viene verso di lui con uno sguardo impenetrabile e dice:

-Stanza interrogatori numero 4.-

E lo porta fuori da lì.

Il dottore ha la faccia distorta da un ghigno disumano. È steso sul lettino con un cartellino al piede, quasi comico se non fosse vero. L'assistente lo mostra al commissario De Luca e all'ispettrice Negro.

-Come è successo?- dice la donna.

-Tetradotossina.- dice Gelsomino- Era nelle schifezze giapponesi che si faceva portare per pranzo.

-Un caso?- Chiede De Luca.

-Questo dovete stabilirlo voi, commissario.

E Gelsomino ricopre con un telo bianco il medico legale. Grazia guarda Achille De Luca e si tocca il naso con un dito.

Fuori proprio lo dice:

-Achille, mi puzza troppo.-

E passa a De Luca la sigaretta che ha acceso sfregandola contro la sua. Aspirano in silenzio per qualche minuto. Grazia appoggia uno stivale al muro dell'obitorio.

-Credo che Coliandro come capro espiatorio non possa durare ancora a lungo. Quello è uno che alla fine i casini li trova.-

De Luca non risponde.

-Credo che sotto ci sia qualcosa di più che un semplice manoscritto da far sparire. Tutti noi abbiamo avuto giovamento dalla scomparsa di Lucarelli. Come di Camilleri, Macchiavelli e quell'altro di Bologna, ricordi?-

Il commissario aspira un'altra boccata di fumo prima di rispondere.

-Noi?-dice-Mi meraviglio di te, Grazia.

L'ispettrice Negro sgrana gli occhi per un attimo. Poi si ricompone. In questa battaglia ha sempre creduto che il commissario fosse un suo alleato. Dentro quelle pagine c'erano dei segreti anche su di lui. Li aveva letti. Come lui aveva letto i suoi. Eppure lui si stava tirando indietro. Doveva stare attenta.

Lascia cadere la sigaretta sul marciapiede e la schiaccia con la punta dello stivale.

-A presto, commissario.-dice. E se ne va verso la questura.

-Ho fatto quello che mi aveva chiesto, maestro.-

Il respiro dall'altro capo è sempre più concitato. Sembra quasi un sibilo.

-Era necessario. Aveva scoperto le modifiche nel rapporto. Non avrebbe taciuto.-

Il sibilo è persistente. Ha un che di metallico.

-Cercherò di sistemare anche Coliandro. Si figuri, maestro. Arrivederci.-

Gelsomino chiude lo sportello del freezer di medicina legale. Scribacchia ancora qualcosa con la sua grafia sottile e nervosa e addenta l'ultimo pezzo di panino integrale. Poi si alza, accosta con cura la sedia alla scrivania e spegne la luce.

Davanti a lui il boss.

-Dimmi cosa sta succedendo, Gargiulo.-

-Coliandro, mi hanno obbligato.-

-Chi?-

Gargiulo guarda il soffitto.

-Basta con ste stronzate, Gargiù. Mi serve materiale.-

-Io non dovrei stare qui. E tu stai molto meglio in cella che fuori. Non mangiare niente di sospetto, amico mio.-

-Gargiulo, se non mi dici cosa è successo...-

-Ti vogliono dentro perché hai parlato del veleno.-

-Questo già me lo hai detto. Dimmi qualcosa che non so.-

Gargiulo fissa il tavolo grigio davanti a sé, ci appoggia sopra una mano e si alza. Cammina avanti e indietro facendo scorrere lentamente lo sguardo sulle pareti della stanza. D'un tratto si ferma.

-Il dottore è stato ammazzato. Stesso modus operandi.-

Coliandro fischia e accenna un sorriso storto.

-Chissà De Luca come sarà incazzato. Sputtanato così...

-Nessuno lo sa.-l'interrompe Gargiulo.-La stampa non è stata informata.-

-Cos'è sta stronzata, Gargiulo?- Coliandro batte la mano contro il tavolo e si alza di scatto- A che gioco stai giocando?-

-Cerco di salvarmi la pelle, amico mio. Come tutti.- Si gira un attimo, prima di sparire oltre la soglia. -Stai attento, Coliandro. Non c'è da fidarsi di nessuno.- dice.

Rimasto solo, Coliandro si molleggia un po' sulla sedia degli interrogatori. Guarda il vetro oscurato alla sua destra come se volesse perforarlo con gli occhi. Chissà se Gargiulo ha visto qualcosa dietro quel vetro? Forse la spia rossa di una telecamera? O forse un volto?

Il sovraintendente non fa in tempo a vedere nessun bagliore. La guardia entra con il suo volto impassibile e lo scorta fino alla sua cella, in silenzio.