Partiamo dal programma che co-conduci, “Ti racconto un libro”: la genesi e la nascita di un progetto.

“Ti racconto un libro” nasce nel 2008, insieme alla rete che ospita il programma, Iris. Al principio si trattava di una rubrica affidata a Gian Arturo Ferrari, il quale consigliava libri, mentre a me erano state affidate le interviste e la rubrica “Cinelibri”. Con mia grande gioia, nel 2009, la curatrice del programma Annamaria Fontanella, il produttore Daniele Boschetto e il direttore di rete, Miriam Pisani hanno voluto dare più spazio ai libri e hanno affidato a me e alla mia collega, Marta Perego, il compito di ripensare ai contenuti di “Ti racconto un libro”. Da quel momento, grazie ad una squadra compatta e ad un’atmosfera libera e creativa, abbiamo dato vita ad un vero e proprio programma, che vede Marta e il sottoscritto indagare a 360 sul mondo della letteratura, dando spazio ad una realtà italiana culturale vincente oltre ogni aspettativa.

Come avete deciso di impostare il programma?

Premetto una cosa fondamentale: la rete e la produzione ha dato a me e a Marta (che oltre ad essere molto bella e una ragazza colta e preparatissima) carta bianca e massima fiducia, e questo non capita tutti i giorni, specie in una televisione commerciale. Così noi abbiamo pensato di rappresentare, con un tono colloquiale e leggero, l’universo della letteratura, mostrandone i caratteri più umani. Le nostre interviste non entrano nel merito della critica né scegliamo gli scrittori in base alla riconoscibilità o al successo. Abbiamo invece scelto di dare spazio alle voci straordinarie e talentuose del panorama internazione e nostrano, dando molto spazio alle realtà editoriali indipendenti, spesso snobbate dai media e dai giornali. Siamo andati a conoscere da vicino numerose case editrici della microeditoria, abbiamo proposto al pubblico premi Pulitzer ed esordienti italiani, così come siamo andati a girare eventi grandi e piccoli legati alla letteratura, scoprendo e facendo scoprire piccoli miracoli di questa Italia sminuita costantemente. La regola, comunque, è divertirsi, perché la cultura e le persone dietro alla cultura non sono topi di biblioteca, persone su un piedistallo, o dizionari ambulanti. Spesso sono giovani ragazzi in gamba, pieni di vitalità ed energia, che amano scrivere.

Una puntata particolare...

Personalmente amo molto le puntate speciali che giriamo durante la Fiera del libro di Torino. Questo perché Marta ed io ci sbizzarriamo e in pochi giorni (che ci distruggono letteralmente!) realizziamo decine di servizi ed interviste. Il bello non è solo conoscere decine di scrittori provenienti da tutto il mondo, ma anche prepararsi ed entrare in mondi culturali diversi. In quella giornata ricordo di aver intervistato Lizzie Doron, grande scrittrice israeliana, e subito dopo Siba Shakib, voce straordinaria dell’Iran. In questo è meravigliosa la letteratura, ovvero nell’essere terra di convivenza. Inoltre ho amato molto l’ultima puntata di questa Estate, dedicata al festival Isola delle Storie di Gavoi. Nel mezzo della Barbagia sarda, c’è questo evento letterario fra le mura di una cittadella senza tempo dove i protagonisti non sono gli scrittori, ma la gente comune. Vedere centinaia e centinaia di persone accogliere a braccia aperte e con entusiasmo la cultura, in mezzo alla natura, seduti a tavola mangiando formaggio e pane, oppure stando seduti sotto il sole cocente su scalini di pietra pur di conoscere voci nuove, beh….non ha prezzoJ

Progetti futuri inerenti il programma?

Da Settembre, oltre a Gionata Agliati che ha curato le interviste agli scrittori migranti, ci saranno due nuovi collaboratori: Sebastiano Guanziroli, che parlerà delle città nel mondo attraverso i romanzi, Monica Onore, che si dedicherà alla saggistica e Serena Castana, di Roma, che entrerà nel "cast" da ottobre. Vogliamo inoltre essere ancora più curiosi per scoprire davvero ogni possibile declinazione dell’universo della parola scritta, percorso che già abbiamo anticipato con le inchieste sugli e-book, gli approfondimenti sulle graphic novel, le espressioni della poesia moderna, oltre che il ricordo dei grandi scrittori che furono per bocca delle nuove generazioni. Ma, come sempre, daremo spazio alle promesse del futuro, specie quelle italiane, perché amiamo scommettere e sentirci un pochino dei talent scout…e tu ne sei un esempio!

Dimenticavo: un grande salto di qualità è stato possibile grazie alla possibilità di rivedere le puntate online! Questo il link:

http://www.video.mediaset.it/programma/ti_racconto_un_libro/ti-racconto-un-libro.html

Il tuo lavoro ti ha messo in contatto con molti scrittori e tu stesso sei uno scrittore: come sono questi scrittori italiani? Si mettono in gioco facilmente, cos’altro?

Diciamo che, nel tempo, l’approccio degli scrittori italiani nei nostri confronti è cambiato, nel senso che capitava (ovviamente) di ritrovarci di fronte al classico rapporto intervistatore/intervistato, con quella linea di distanza che spesso rischia di raffreddare il risultato dell’intervista. Ma per fortuna Marta ed io ci siamo fatti conoscere dagli uffici stampa e dagli scrittori stessi per il nostro modo spontaneo, privo di filtri, curiosi per natura, ma senza voler pavoneggiarci con chissà quali domande intellettuali. Vogliamo solo che gli scrittori si raccontino, che stringano con noi un bel rapporto che possa durare nel tempo. Infatti sono molti quelli con cui siamo spesso in contatto, con i quali ci sentiamo, proprio perché non vogliamo strumentalizzare la loro passione per fini mediatici. Questo lo capiscono alla grande gli autori stranieri, specie gli americani, che amano decostruire la loro immagine polverosa e si divertono. Alcuni scrittori italiani, lo dico e non lo nego, (per fortuna, pochissimi) mi hanno deluso per l’aria di superiorità e di distacco che hanno dimostrato, scegliendo così di distanziarsi anche dal pubblico. A volte, per queste rare personalità, è più importante il ruolo e la veste, sebbene siano scrittori eccezionali. Altri, invece, si sono sciolti ad una seconda intervista, o incontrandoli nei festival, si sono lasciati andare facendo intravede un’anima nascosta. Posso però fare un paio di nomi? Elizabeth Strout e Michael Cunningham. Due mostri sacri (due Pulitzer) con i quali ho condiviso splendide chiacchierate e un momento di piacevole intensa umana!

La tua attività letteraria: quando è partita? Qual è stato l’input?

A sette anni! Non scherzo! A sette anni mi piaceva scrivere dei brevi racconti in un quaderno. Poi, durante le feste comandate o le sagre di paese, andavo in giro con il mio quaderno e cercavo di far leggere le storie a più gente possibile. Che ridere! Ci sono vari inizi. Il primo è stato nel 1988, scuole medie. Avevo fondato una rivista, Kronos, e, contemporaneamente, avevo pubblicato il miei primi racconti su una rivista di gatti e cani e su una di musica. Il secondo inizio è stato nel 1995, quando sono stato preso come collaboratore dal mensile Campus ed ho incominciato a scrivere per l’inserto della rivista. I cinque anni più entusiasmanti della mia vita. Dieci anni dopo, il debutto in narrativa, con “Impronte di Pioggia”, il primo romanzo pubblicato. L’imput vero è partito dall’infanzia. Amavo passare ore ed ore nella stanza a far rimbalzare una pallina da tennis contro il soffitto, ed intanto, inventavo storie. Quando ho imparato a scrivere e leggere, ho scoperto che potevo disegnarle e scriverle. A otto anni avevo la mia macchina da scrivere personale!

Ci parli di “Alex fa due passi”?

Alex! Lui è un ragazzo d’oro. È il protagonista del mio ultimo romanzo, “Alex fa due passi”, appunto, edito con la Las Vegas edizioni. Alex è un giovane uomo che sfida la quotidianità, scegliendo di andare a zonzo per una metropoli che, in realtà, non ha mai davvero conosciuto. Ogni passo che fa corrisponde ad un personaggio che incontra, scoprendo che l’anonimato dei volti della nostra vita cela storie di incredibile umanità. È un racconto che sfiora i volti della nostra società con un tocco realistico magico; una lettura che si arricchisce grazie alle bellissime illustrazioni della giovane disegnatrice Marica Andreello. Adesso è anche in versione e-book!

Cosa ne pensi dei dibattiti sui generi letterari? Esistono generi più o meno alti? È giusto dare definizioni?

In generale credo che, in letteratura, si debbano sviluppare meno dibattiti e più conversazioni. Troppo spesso il dibattito diventa occasione di monologhi autocelebrativi e manifestazioni di acculturaggine (passami questo termine!). Amo ascoltare le chiacchiere da bar, o sul treno, o a tavola, dove si riesce a parlare di libri e letteratura con spontaneità e passione. Per quanto riguarda i generi letterari, penso che non si debbano forzare le classificazioni e schedare i romanzi, né il pubblico che ne fruisce. Non sono un fan di Twilight, per esempio, eppure, come Harry Potter, a riavvicinato gli adolescenti alla letteratura, ed ora l’editoria sta riproponendo, oltre a libri di vampiri, anche i grandi classici dimenticati. Così come, ricordo, che da ragazzino mi innamorai di “Il vecchio e il mare” di Hemingway, e de “Il buio oltre la siepe” di Harper Lee, quest’ultimo scelto dall’insegnante come libro per la prima media. Direi che entrambi non sono propriamente libri per bambini, eppure, grazie ad una professoressa sensibile, sono diventati, per un’intera classe, fonte di ispirazione.

Quello che non sopporto è gran parte delle recensioni che appaiono sui quotidiani, che, per politica aziendale, spingono il pubblico a ritenere capolavori romanzi oggettivamente discreti se non peggio. La definirei “pubblicità ingannevole”. Però il pubblico sta cambiando. Uno dei grandi successi editoriali di questo periodo è “Olive Kitteridge” della Strout, libro non proprio da ombrellone, ma che l’Italia sta amando molto, così come sono felice della vittoria del Campiello di Michela Murgia. Finalmente un po’ di meritocrazia!

Hai in cantiere un nuovo libro?

Dopo mesi e mesi di blocco, ho ripreso a scrivere. Ho terminato un romanzo che si svolge a Vienna e che parla del sentimento più profondo che esista, ovvero l’amicizia (quello che io chiamo il Vero Amore), ed ho iniziato a scrivere tre romanzi in contemporanea. Ciò mi mette in crisi perché spesso passo ore a cercare di capire quale continuare! Per ora siamo alla stesura di tre incipit. I temi? Paternità, guerra ed amori ossessivi in uno; supereroi sbandati e madri pericolose nel secondo; infine festival letterari e triangoli amorosi nel terzo. A te quale intrigherebbe di più?

Qual è lo shining della scrittura?

È la stessa cosa che provano i registi credo, e cioè mettere in scena migliaia di vite in parallelo. Da bambino ogni finestra diventava un’occasione per domandarvi chi vivesse in quella casa, quale fosse la storia dei suoi inquilini. La mia vita non mi basta, sebbene sia già sfaccettata. Scrivo per dare voce a vite di altri. La scrittura è anche una dannazione, specie quando pubblichi. Spesso, invece di divertirmi e di star bene, rischio di annullarmi e di morire dentro le pagine che non riesco a scrivere. Questa è la parte più dolorosa: avere una storia in mente e domandarsi se si è davvero capaci di scriverla. Io scrivo, ma non mi è ancora capitato di rileggermi e di essere orgoglioso di me. Come genitore, sono severissimo, anche se poi a Pioggia, ad Husky, a Cljo e ad Alex, i protagonisti dei miei tre romanzi, voglio un bene dell’anima.

Salutaci con un desiderio

Desidero morire crivellato dai colpi di una vita vissuta fino all’ultima goccia di sangue.