Opera prima di Sung Hsin Yin, On Happiness Road è un film di animazione originariamente concepito come cortometraggio e di seguito esteso a film vero e proprio dalla sceneggiatrice e regista, presente alla European Première del film al FEFF 20 di Udine.

La protagonista Lin Shu-chi è, afferma Sung, una tipica donna di mezza età taiwanese, in bilico fra i ricordi d’infanzia e un presente ancora informe e privo di scopo. La memoria, sia personale che storica, è una delle componenti più importanti del film, che alterna appunto momenti spensierati e “felici” del passato di Shu-chi e della sua infanzia alla fatica e l’impasse della sua esistenza da adulta, fra l’incomunicabilità con i genitori, un probabile divorzio con il marito americano e due figli che forse non vedrà più perché rimarranno a New York con il padre.

A fare da trait d’union al continuo oscillare fra passato e presente vi sono Xinfulu, letteralmente “la strada della felicità” (da cui il titolo del film), la casa in cui Shu-chi e la sua famiglia vivevano, e la figura della carismatica nonna, appartenente ad una popolazione aborigena di Hualien e dedita a pratiche che molti nella famiglia giudicano “stregonerie”. La morte della nonna, sopraggiunta mentre Shu-Chi si trova negli Stati Uniti, la costringe a venire a patti con la se stessa che è diventata e con la sensazione di annegamento che prova: la donna adulta parte così per un viaggio, reale ed immaginario insieme, verso il ritorno a Taiwan, riannodando i lacci del passato.

la regista Sung Hsin-yin al FEFF 20
la regista Sung Hsin-yin al FEFF 20

Così, Shu-chi ritrova i ricordi scolastici e l’amicizia con l’americana-taiwanese Betty, che come molti bambini del circondario parla solo il dialetto locale e non il cinese mandarino imposto a scuola come lingua ufficiale, e ritrova anche le parole del cugino, che le diceva di vedere la verità con il proprio cuore, anche se lei da adulta ormai si rende conto che tutto crescendo è diventato così offuscato e privo di colore da cancellare la strada per la felicità.

la regista Sung Hsin-yin al FEFF 20
la regista Sung Hsin-yin al FEFF 20

Sullo sfondo, la storia di Taiwan, appena accennata ma tuttavia serpeggiante nella sua cupa mancanza di libertà: a cominciare dalle storie agiografiche sull’ormai defunto Chiang Kai-shek che i bambini vengono obbligati a studiare a scuola, passando per le celebrazioni in suo onore nell’anniversario della sua morte – che curiosamente coincide con il compleanno di Shu-chi – fino alle rivelazioni del cugino, ridotto alla semi-cecità da un pestaggio della polizia perché ha osato andare contro il potere. E poi la confusione che regna nel paese dopo la morte del presidente Chiang Ching-kuo, figlio di Chiang Kai-shek, con le proteste popolari che richiedono a gran voce la libertà di parola dopo la fine della legge marziale, a cui però la polizia risponde con tanti arresti.

“I percorsi erano già stati scelti per noi”, ricorda Shu-chi delusa e nel constatare che nel presente nessuno ha realizzato i propri sogni ma ha comunque tenacemente cercato di crearsi una propria felicità, la donna giunge finalmente una piccola forma di soddisfazione.

la regista Sung Hsin-yin al FEFF 20
la regista Sung Hsin-yin al FEFF 20

On happiness road trova la sua forza nella spontanea levità dei ricordi infantili e nei disegni semplici ma efficaci, che alternano sequenze visionarie cariche di colore, come quella del sogno-incubo con la nonna che si trasforma in un mostro viola enorme e poi in una regina, a sequenze più lugubri dove predominano il grigio, il nero e il rosso scuro della violenza, come quella che descrive i mostri della dittatura di Chiang Ching-kuo come spigolosi muri neri intenti a bruciare i dissidenti con un’immensa teiera bollente. Un’opera sincera, piccola ma dal cuore pieno e dolente di amarezza e appagamento insieme, sospesa fra l’ebbrezza del passato e il cauto resistere del presente.