Dove sei quando scrivi? Sia fisicamente che mentalmente.

Quando scrivo sono nel mio Lunarium, non potrei essere altrove. E’ il sancta-sanctorum le cui pareti sono i confini della mia mente, un non-luogo che contiene mondi cangianti e universi infiniti, libri e film, fumetti e miniature, poster cinematografici, mappe stellari e pipe sparse. Fisicamente mi trovo lì, mentalmente in ognuno dei mondi in cui vengo assorbito quando compongo. Il vano interdimensionale per l’acrocoro del mondo perduto è in un angolo della stanza, in un altro c’è il salottino di Baker Street 221/B, in un altro ancora la camera di depressurizzazione del Discovery 1 e poi l’accesso sulla Monument Valley e sulle Montagne Rocciose.

Come scegli le tue vittime, e i tuoi assassini?

Come Juan Salvo, l’Eternauta, posso comparire a caso su mondi oltre l’Anello Esterno o in una valle boscosa del Montana, oltre l’Orizzonte degli Eventi di un buco nero supermassiccio al centro di una galassia lontana o su una chiatta diretta a Ovest sul gorgheggiante fiume Yellowstone. Macrocosmo e microcosmo tendono a fondersi assieme, alimentandosi tra loro. Chiudere in un libro questi universi non richiede la necessità di fare vittime, anche se a volte vi sono casualties of war… che so, chi afferma che Guerre stellari NON sia fantascienza, chi fraintende il significato basilare di questo genere… tuttavia, non sono assassinii mirati: semplicemente, c’è chi ci resta.

Qual é il tuo modus operandi?

Una pericolosa discesa negli anfratti più profondi della mente, un solitario procedere tra questi sentieri crepuscolari, il desiderio di portarvi un po’ più di luce e diffonderla ad altri. Notti con sonno ridotto per fare spazio a pensieri che modellino piani, schemi e campi operativi di scrittura. Individuazione di un tema portante centrale che una volta fissato consenta il diramarsi di tutti gli altri, la cura di evidenziare un ulteriore progetto ancor prima che sia concluso quello di cui mi sto occupando. Il tutto in compagnia di una buona pipa, un panino col salame, le caramelline Haribo.

Chi sono i tuoi complici?

I mondi contenuti nel Lunarium, ovviamente, che danno le indicazioni giuste. La silenziosa presenza del cagnolino Obi alle mie spalle. Per natura sono un solitario che tende ad avere il controllo assoluto sull’opera di cui mi sto occupando, a partire dai testi per arrivare, nel caso, anche alle didascalie delle illustrazioni. Ma nella mia carriera ho avuto anche diversi complici, colleghi o amici, con cui ho condiviso l’avventura dello scrivere. Il compianto Stefano di Marino, con cui ho cavalcato sulle praterie del West, ho vissuto nei campi di battaglia degli avvenimenti bellici di questo pianeta, mi sono mosso tra fumose città al neon di sordidi ambienti noir, e attualmente Roberto Azzara, compagno di terrificanti esperienze horror e insondabili viaggi nel tessuto spazio-temporale dell’universo.

Che rapporti hai con i tuoi lettori e le tue lettrici? Avanti, parla!

Sono la biada del mio cavallo, le pallottole della mia sei colpi, il combustibile della mia astronave e il suo piano di volo, il senso ultimo delle mie esplorazioni e ricerche, i depositari di quanto ho scoperto. Io traccio la pista ma poi altri dovranno percorrere il sentiero, e individuarne di ulteriori da soli. Sono i fruitori dei mondi che racconto e il motivo per cui cerco di fabbricare buoni mondi.

Che messaggio vuoi dare con le tue opere?

Nessuno a livello cosciente. Ma vi sono snodi e convergenze in quanto scrivo che dovrebbero permettere ai lettori di individuarli da soli… o crearseli da soli. O di farsi domande le cui risposte non sarò io a fornire. I libri sono monoliti neri che non possono essere spiegati razionalmente… se ne subiscono solo le fascinazioni, le suggestioni, le implicazioni, diverse a seconda di chi legge, così come diverse sono le conseguenze che si traggono dalla lettura. Lo scrittore rende tutti colpevoli di partecipare al processo creativo in corso. Dovrai interrogare tutto il mio pubblico, amico, non ti invidio.