Non avrei mai creduto che sarebbero stati dei banalissimi, superflui, insignificanti dettagli a fottermi. Se ci penso, mi viene da mordermi le mani. Una carriera da serial-killer da far invidia.   Tutto buttato via per dei particolari da niente.

E pensare che avevo fatto di tutto per sviare le indagini.   Vittime una diversa dall’altra, nessun legame tra loro.   Ammazzavo perfettamente a caso, senza preavviso e senza lasciare alcuna pista.   Ero un vero professionista, attento a non trascurare nessun dettaglio.  

Avevo cominciato con due sorelle affette da nanismo.   Forse mi aveva attirato l’occasione da supermercato:  due delitti che ne valevano uno sì e no.   I cadaveri li avevo bruciati:  chi poteva insospettirsi per due mucchietti di cenere?

Poi, la seconda vittima, un tizio che non so più neanche perché attirò la mia attenzione e che non ricordo neppure più come eliminai.

La mia regola era nessuna regola.   La volta successiva mi accanii su un paio di coppie scelte a caso:  le aggredii e le soffocai.

Poi di seguito sparai a un passante, ne decapitai un altro, investii due riccastri e, perché non sembrasse odio di classe, massacrai a colpi di ascia due immigrati nel mio ufficio.   E mi divertii a squartare un personaggio famoso con una specie di ruota medievale.

Ma lì tutto è finito.   Mi hanno beccato.   Il giudice mi ha snocciolato i reati uno dietro l’altro:  colpevole di aver BRUCIATO LE TAPPE, AMMAZZATO IL TEMPO, SOFFOCATO SBADIGLI E RISATE, SPARATO A CASACCIO, TAGLIATO LA TESTA AL TORO, INVESTITO CAPITALI IN BORSA, ACCETTATO NEL MIO UFFICIO DUE ALBANESI, SPACCATO IL CAPELLO IN QUATTRO.

Ho cercato di difendermi, di far capire che in fondo non mi potevano accusare di niente.   Che avevo fatto in fondo?   Erano solo modi di dire.   Niente da fare.   Quel maledetto dettaglio si è rivoltato contro di me:  le maiuscole.

Il primo delitto era infatti passato inosservato:  le tappe erano minuscole.

Ma poi era toccato al signor Tempo, ai coniugi Sbadigli e Risate, a un certo Casaccio, all’assicuratore Toro, a quei due trafficanti in azioni, Capitali padre e Capitali figlio, a due insopportabili Albanesi,  addirittura all’allenatore della Roma.

Maledette le maiuscole!